Lauro Azzolini c'era cinquant'anni fa a Cascina Spiotta, nel Monferrato, tra Alessandria e Asti, dove si consumò un conflitto a fuoco tra le forze dell'ordine e alcuni esponenti delle Brigate Rosse a seguito del rapimento dell'industriale Vittorio Vallarino Gancia. Nella sparatoria, avvenuta il 5 giugno 1975, persero la vita il carabiniere Giovanni D'Alfonso - morto qualche giorno dopo - e la brigatista Margherita Mara Cagol. Rimase ferito il tenente Umberto Rocca, che perse un braccio e un occhio.
La violenta sparatoria che portò alla morte di Cagol accentuò ancora di più il radicalismo nel gruppo terroristico di estrema sinistra, che qualche anno dopo rapì l'esponente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Attorno alla morte della moglie di Renato Curcio e ai fatti di Cascina Spiotta, tuttavia, c'è sempre stata un'ombra di mistero: cosa è successo realmente e quali sono le esatte dinamiche?
Cinquant'anni dopo i fatti avvenuti nell'Alessandrino, l'ex brigatista Azzolini rivela quelle che potrebbero essere state le dinamiche del violento scontro a fuoco. L'ex terrorista italiano è stato ascoltato dalla Corte d'Assise di Alessandria per il processo riguardante i fatti di Cascina Spiotta.
Nel corso del processo riguardante lo scontro a fuoco avvenuto 50 anni fa in provincia di Alessandria, Lauro Azzolini ha spiegato alcune dinamiche che potrebbero aver riaperto il caso intorno alla morte di Mara Cagol e alla sparatoria di Cascina Spiotta. L'ex brigatista ha detto che quanto accaduto lo ha segnato profondamente e che D'Alfonso e Cagol non avrebbero dovuto perdere la vita in quel modo.
Azzolini, assieme alla moglie di Renato Curcio, si accorse durante un turno di guardia della presenza di un carabiniere subito dopo aver udito alcuni spari. I due decisero di lanciare due bombe a mano per aprirsi la strada verso le loro vetture. Da lì, il buio.
Durante la sparatoria, Cagol avrebbe perso la vita in circostanze poco chiare. La donna si sarebbe arresa e avrebbe chiesto alle forze dell'ordine di non sparare, alzando entrambe le braccia.
La magistratura, ancora dopo cinquant'anni, continua a indagare su quanto accaduto quel giorno a Cascina Spiotta. Il pm Emilio Gatti ha detto oggi, 11 marzo 2025, alla Corte d'Assise che permangono coni d'ombra. Il magistrato vuole indagare anche i due capi storici delle Brigate Rosse, Renato Curcio e Mario Moretti - anche loro imputati. Infine, Gatti ha spiegato:
Il pm ha ricordato poi come Azzolini si fosse dissociato dalle BR il 27 marzo del 1987, con una dichiarazione di resa. In quell'occasione, l'ex brigatista fornì importanti dettagli su reati per i quali era stato condannato ed altri dei quali era accusato. Tuttavia, non parlò di Cascina Spiotta:
Le rivelazioni su Cascina Spiotta hanno lasciato sconcertato il figlio di Giovanni D'Alfonso, Bruno, che non ha voluto commentare la vicenda. A dirlo è l'avvocato Sergio Favretto.
L'episodio del 1975 segnò una svolta ancora più violenta per il terrorismo rosso. Le BR si resero protagoniste di azioni molto più cruente. L'anno successivo ai fatti di Cascina Spiotta, il capo Renato Curcio fu arrestato nuovamente e la guida passò a Mario Moretti, che condusse l'organizzazione nei suoi due anni più feroci.
Il declino delle Brigate Rosse iniziò solo dopo il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro - il primo atto avvenuto il 16 marzo e il secondo il 9 maggio 1978. Con l'inizio degli anni '80 e una serie di arresti, le Brigate Rosse terminarono la loro guerra contro lo Stato, anche se nel 1999 nacquero le Nuove BR. L'ultimo attacco risale al 2003, quando ci fu uno scontro a fuoco con la Polizia ferroviaria a Castiglion Fiorentino. Oggi le Brigate Rosse restano una delle pagine più buie della nostra storia.