20 Mar, 2025 - 13:20

Adottato come orfano, John Campitelli ritrova la madre a 28 anni: storia dei bambini "venduti"

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Adottato come orfano, John Campitelli ritrova la madre a 28 anni: storia dei bambini "venduti"

"Ho conosciuto la mia mamma biologica a 28 anni. Ho sempre avuto questo desiderio di andare al di là di quel buco nero che c'era nella mia storia". John Pierre Battersby Campitelli, oggi 61enne, è uno degli oltre 3.700 bambini che, tra gli anni Cinquanta e Settanta, sono stati portati negli Stati Uniti per essere adottati. Etichettati come 'orfani', in realtà non lo erano. Bimbi 'venduti' da un'agenzia cattolica a desiderose famiglie statunitensi. 

La sua storia è simile a quella di molti altri bimbi. Sua madre, rimasta incinta nel 1963 di un uomo già sposato, era stata costretta dalla famiglia prima a trasferirsi a casa della sorella a Torino dalla Puglia, per nascondere "il disonore" della gravidanza. Poi a lasciare il neonato in un brefotrofio, lontano da sguardi indiscreti. 

"Quando sono nato all'ospedale Sant'Anna, il personale disse a mia madre che, per facilitare la mia futura adozione, non mi avrebbe dovuto riconoscere. Una volta dimessa mi ha portato all'istituto, con il progetto di trovarsi un lavoro e con la speranza di riprendermi con sé. Nel momento in cui è tornata per avere mie notizie non mi ha più trovato. 'Signora Francesca, si metta l'anima in pace, suo figlio è stato spedito in America', sono state le parole di una suora".

La storia di John Campitelli, 'venduto' per essere adottato negli Stati Uniti

John trascorre la sua infanzia e la sua giovinezza in America con i suoi genitori adottivi, Russell e Barbara, e tre fratelli (Paul, David e Sara), tutti adottati come lui da Torino. Una grande famiglia, come i Campitelli avevano sempre sognato.

"Ad aprile del 1965 (quando aveva meno di due anni, ndr) arrivo negli Stati Uniti. Ovviamente prima ho dovuto superare tutte le visite mediche del consolato americano a Genova, dove analizzavano la cartella clinica di ogni bambino. Passando l'esame medico, mi hanno concesso un visto per entrare" racconta John Campitelli.

"La legge americana permetteva agli orfani della seconda guerra mondiale di entrare negli Stati Uniti. Qui, però, stiamo parlando degli anni Sessanta. Quella legge era stata modificata per permettere a qualsiasi bambino orfano di un genitore di poter ottenere il visto. Io una madre l'avevo, anche se ero figlio di NN, come viene chiamato in Italia (Nomen Nescio, ossia di madre che ha scelto di non essere nominata, ndr). Quindi, in realtà, è stato dichiarato il falso". 

John, infatti, proveniva dal brefotrofio di Torino. Ossia la struttura che accoglieva tutti i bambini abbandonati, illegittimi o non riconosciuti alla nascita. Diverso dall'orfanotrofio, dove invece vivono i bimbi i cui genitori sono deceduti o ai quali è stata revocata la patria potestà. 

John Campitelli da bambino

La ricerca della madre biologica in Italia

In tenera età John inizia a porsi delle domande sulle sue origini italiane, che i suoi genitori adottivi non gli avevano mai nascosto. Mai avrebbe potuto immaginare cosa avrebbe vissuto andando alla ricerca delle sue radici.

Il desiderio di scoprire di più avviene durante gli anni della sua adolescenza e viene assecondato da Russell e Barbara, che gli consigliano quindi di rivolgersi all'istituto in cui aveva vissuto da piccolo, dato che loro non disponevano delle informazioni di cui lui aveva bisogno per raggiungere il suo obiettivo.

"Per l'Italia io ero emigrato come Piero Davi, un nome fittizio che mi avevano assegnato alla nascita" racconta. "Quando mi sono rivolto al brefotrofio di Torino, mi è stato risposto che la legge in vigore non consentiva loro di dare informazioni identificative sulla famiglia biologica. Allora mi sono detto: 'Ok, però nessuno può vietarmi di chiedere la mia cartella clinica in ospedale'".

Nonostante neanche al Sant'Anna di Torino John riesca a ottenere un nome, il direttore dell'ospedale gli dà una 'dritta' che si sarebbe rivelata fondamentale. "Stai sbagliando zona: dovresti cercare in Puglia" gli suggerisce. Tutto da rifare.

John riesce a far pubblicare un appello su un quotidiano locale pugliese, che purtroppo non sortisce alcun effetto. La svolta arriva quando La Repubblica decide di mettere la sua storia in prima pagina: è il 1991. "Ingegnere dagli Stati Uniti cerca la madre".

"Mia zia legge l'articolo e, pur non conoscendo il mio nome attuale, nota che tutti gli altri dettagli combaciano. Chiama la redazione del giornale, che a sua volta mi contatta. Io all'epoca vivevo in California, alle due di notte ricevo questa telefonata: 'Abbiamo trovato tua madre'. Un'emozione indescrivibile".

L'incontro dopo 28 anni

"Dopo 28 anni ho avuto finalmente la prova che qualcuno conosceva la mia storia, anche se ovviamente era una questione piuttosto delicata. Mia zia si era presa del tempo per raccontare a mia madre, in vita, che la stavo cercando. Ma lei, che nel frattempo si era sposata e aveva avuto altri cinque figli, aveva già raccontato tutto al marito prima del matrimonio. Quando sono arrivato in aeroporto in Italia e ho trovato una folla agli arrivi, non ho neanche dovuto chiedere chi fosse mia madre: è identica a me!" racconta John sorridendo.

"Tra noi c'è stato un abbraccio fortissimo. Mi ha portato a casa sua nel Tarantino e mi ha fatto trovare una torta per il mio ventottesimo compleanno. La prima foto che ho con lei è stata scattata in questa occasione. Quando mi ha visto mi ha detto: 'Ho sempre sognato che un giorno mi avresti cercato e il mio sogno si è avverato".

John con la madre Francesca

Le adozioni tra l'Italia e gli Stati Uniti

Dopo l'incontro con la sua mamma biologica, John decide di scoprire chi, oltre a lui e ai suoi fratelli adottivi, aveva vissuto lo stesso dramma di essere 'venduti' a famiglie oltreoceano. Contatta l’organizzazione umanitaria International Soundex Reunion Registry, un registro di persone fondato nel 1975 da Emma Villardi, e fa inviare da loro un annuncio a tutti coloro che avevano indicato di essere nati in Italia e adottati negli Stati Uniti. Con sua enorme sorpresa, viene contattato da centinaia di persone.

"A questo punto inizio a indagare e scopro che al Center for Migration Studies di New York c'è un archivio che conserva la documentazione dell'agenzia cattolica delle adozioni, a cui poi ho avuto accesso. C'erano i nominativi di tutti i bambini portati negli Stati Uniti dalla Catholic Relief Services" spiega.

"Oltre a questo elenco, trovo anche tutta la corrispondenza tra il Monsignore, che era all'epoca il direttore dell'agenzia, con la Chiesa Cattolica. Il loro obiettivo era proprio quello di far entrare questi bambini negli Stati Uniti come orfani, assegnarli a enti locali e poi farli adottare da famiglie cattoliche. E tutto questo all'insaputa dei genitori adottivi".

C'era ovviamente una motivazione economica dietro queste adozioni. "Solo per inoltrare la richiesta era necessario pagare 475 dollari di allora. Andavano poi sostenute tutte le altre spese: per il viaggio, per i documenti, per gli avvocati... I miei genitori documentavano ogni spesa con un assegno, quindi ho evidenza delle spese sostenute negli anni. Quando questo Monsignore è stato intervistato per un documentario, prima che morisse, ha detto: 'Lo abbiamo fatto per il bene dei bambini'. Era convinto che, se fossimo rimasti in Italia, non saremmo mai stati adottati e a 18 anni, una volta lasciato l'istituto, avremmo condotto una vita di stenti" racconta ancora John.

"Ha spiegato che l'organizzazione ci aveva dato 'l'occasione della vita', affidandoci a buone famiglie cattoliche. Da una parte era vero, però a quale prezzo? Non avevano tenuto conto della storia di ogni bambino, dell'enorme sofferenza che potevano causare ai genitori biologici". 

Oggi, sottolinea ancora John, l'Italia adotta bambini da Paesi in via di sviluppo: "Siamo la terza nazione al mondo per adozioni internazionali. Molti, però, non sanno o non ricordano che, in quegli anni, erano i bimbi italiani a essere mandati all'estero". 

La sua storia, come quella di tanti altri, è raccontata nel libro di Maria Laurino Il prezzo degli innocenti (Longanesi 2023).

La battaglia per il diritto alle origini

Nel 1999, John Campitelli si è trasferito nuovamente in Italia, a Milano, anche se torna spesso negli Stati Uniti. Laureato in ingegneria, ha lavorato per oltre trent’anni in una multinazionale americana, è sposato ed è padre di due figlie. Da decenni si batte per il diritto alle origini. 

È fondatore e presidente di Italiadoption, che ha come obiettivo riunire i bambini italiani portati Oltreoceano con i loro familiari italiani. Ma anche gestore dell'associazione FAEGN- Figli Adottivi e Genitori Naturali, che può vantare un gruppo Facebook di oltre 7mila membri e collabora con il Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini biologiche.

Il percorso per poter scoprire l'identità della madre naturale che ha scelto di partorire in anonimo, nonostante sia meno tortuoso rispetto a qualche anno fa, presenta ancora molte difficoltà.

Dal 2022 la proposta di legge N. 562 che dovrebbe normare l’accesso alle origini biologiche è ferma in Commissione Giustizia alla Camera. "Chi è in cerca delle proprie origini deve però sapere che ha oggi una possibilità di fare istanza al tribunale tramite l'articolo 28" spiega.

Poi ci sono i social, le trasmissioni televisive, la stampa a cui molti si rivolgono per scrivere quella pagina mancante della loro vita. Un'altra opportunità è fare il test del DNA, "che non mente" sottolinea ancora John. 

La sua è una storia dal finale felice. Molti altri figli adottivi, quel lieto fine, lo stanno ancora aspettando con trepidazione e speranza.

John con i suoi genitori adottivi

 

 

 

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Mariangela Celiberti
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