07 Mar, 2025 - 16:34

Cartella esattoriale 2025: come contestare vizi e annullare il debito

Cartella esattoriale 2025: come contestare vizi e annullare il debito

Fisco Oggi ha reso nota una recente pronuncia della Corte di Cassazione. Con la sentenza n. 2743 del 4 febbraio 2025, la Suprema Corte ha chiarito diversi aspetti relativi ai vizi delle cartelle esattoriali. In generale, è possibile contestare una cartella di pagamento in presenza di errori, come quelli relativi all'identità del contribuente, al calcolo degli importi, alla mancanza di motivazione e così via. Inoltre, è importante sottolineare che è possibile impugnare anche eventuali vizi contenuti negli atti precedenti, come un avviso di accertamento errato. Tuttavia, la normativa prevede che una cartella esattoriale possa essere impugnata solo in presenza di errori specifici, ossia vizi propri. Vediamo nel dettaglio quali sono questi vizi propri e come è possibile ottenere l’annullamento della cartella esattoriale attraverso un ricorso fondato su tali irregolarità.

Cartella esattoriale: limiti della contestazione

Come accennato in precedenza, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è possibile sollevare vizi relativi a un avviso di accertamento definitivo, ossia nei casi in cui l'atto non sia stato impugnato nei termini previsti dalla legge.

 I termini di legge sono un elemento cruciale per contestare un avviso di accertamento: una volta scaduti, il contribuente non ha più la possibilità di mettere in discussione la cartella esattoriale, fatta eccezione per gli errori formali o procedurali contenuti nella stessa.

Un caso concreto di contestazione fiscale

Secondo quanto riportato dal quotidiano dell'Agenzia delle Entrate, un caso ha coinvolto una società a responsabilità limitata (Srl) e i suoi soci.

L'Amministrazione finanziaria aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti della società, contestando un reddito dichiarato maggiore rispetto a quello effettivo.

Successivamente, l'Agenzia ha contestato la distribuzione degli utili, emettendo un secondo atto nei confronti dei soci.

Uno dei soci, tuttavia, non ha impugnato l’avviso di accertamento nei termini previsti dalla legge.

Quando ha ricevuto la notifica della cartella esattoriale, ha deciso di presentare ricorso dinanzi al giudice tributario.

La Commissione Tributaria, però, ha rigettato il ricorso, ritenendo che il debito fiscale fosse ormai definitivo.

Secondo la Commissione, la contestazione avrebbe potuto riguardare esclusivamente gli errori presenti nella cartella esattoriale e non quelli contenuti nell'avviso di accertamento, poiché quest'ultimo non era stato impugnato nei termini previsti.

La decisione della Corte di Cassazione

Naturalmente, il contribuente ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.

Tuttavia, anche in questo caso, è stato confermato il principio secondo cui, una volta scaduti i termini di legge previsti per l’impugnazione dell'avviso di accertamento, non è più possibile contestarlo.

 Pertanto, la cartella esattoriale è valida a tutti gli effetti di legge.

A ogni modo, è importante ricordare che la cartella esattoriale può essere impugnata in presenza di errori specifici, come ad esempio:

  • errori di calcolo nelle somme richieste;
  • notifica irregolare;
  • mancata indicazione delle motivazioni del pagamento richiesto.

Quali cartelle esattoriali non sono più esigibili?

Quando interviene la prescrizione delle cartelle esattoriali, queste diventano crediti non più esigibili, ossia non sono più soggette a pagamento. In generale, i principali termini di prescrizione sono i seguenti:

  • imposte erariali (ad esempio IRPEF, IVA, IRAP): la prescrizione scatta dopo 10 anni, salvo che non intervengano atti interruttivi del pagamento;
  • contributi previdenziali INPS: si prescrivono dopo 5 anni, a meno che non vengano effettuati atti di interruzione;
  • tributi locali (come IMU, TARI, TASI, imposte di soggiorno): la prescrizione di questi tributi avviene anch'essa dopo 5 anni dalla data in cui il tributo sarebbe dovuto essere versato, ma il termine può essere sospeso;
  • sanzioni amministrative (ad esempio multe stradali, sanzioni per violazioni amministrative): la prescrizione di queste sanzioni si verifica anch'essa dopo 5 anni, salvo che non vi siano atti che interrompano il termine.

Cosa va in prescrizione dal 1° gennaio 2025?

Alcuni debiti potrebbero cadere in prescrizione nel 2025, salvo che non intervengano atti che interrompano i termini di prescrizione.

Ad esempio, al 1° gennaio 2025, diversi debiti potrebbero essere ormai prescritti, come:

  • bollo auto del 2021: si prescrive dopo 3 anni;
  • bollette di luce, acqua e gas emesse nel 2023: si prescrivono dopo 2 anni;
  • contributi previdenziali del 2019: si prescrivono dopo 5 anni;
  • tributi locali del 2019 (come IMU, TARI, TASI): si prescrivono dopo 5 anni;
  • sanzioni amministrative del 2019: si prescrivono anch'esse dopo 5 anni;
  • debiti contrattuali e fatture del 2015: si prescrivono dopo 10 anni.

Come contestare la cartella esattoriale: errori e prescrizione

  • Contestazione delle cartelle esattoriali: e possibile contestare una cartella esattoriale in caso di vizi propri, come errori nei calcoli, notifica irregolare o mancanza di motivazione, ma solo se sono presenti errori specifici. Non si possono contestare vizi legati a un avviso di accertamento definitivo non impugnato nei termini.
  • Limiti alla contestazione: la Corte di Cassazione ha ribadito che una cartella esattoriale è valida se non vengono impugnati gli atti precedenti, come gli avvisi di accertamento, entro i termini di legge. Solo errori formali o procedurali nella cartella possono essere contestati.
  • Prescrizione delle cartelle esattoriali: alcuni debiti diventano non più esigibili dopo un periodo di prescrizione, che varia da 2 a 10 anni a seconda della tipologia del debito (ad esempio tributi, imposte e sanzioni).

 

 

 

 

 

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Antonella Tortora
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