In un accertamento fiscale, le chat di WhatsApp potrebbero metterti in seria difficoltà. Se i tuoi conti sono in ordine, la tua contabilità è trasparente e i redditi sono correttamente dichiarati, difficilmente attirerai l'attenzione del fisco. Tuttavia, i problemi con l'Amministrazione finanziaria possono manifestarsi inaspettatamente, e le conversazioni su WhatsApp potrebbero diventare un elemento centrale nelle indagini fiscali. In questo contesto, la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 1254 del 18 gennaio 2025 ha gettato luce su come le chat di WhatsApp possano essere considerate prove documentali in procedimenti legali e fiscali. Ma cosa significa tutto ciò per chi utilizza WhatsApp anche per motivi lavorativi o per scambi economici? Cerchiamo di analizzare insieme come le conversazioni quotidiane possano essere utilizzate dal Fisco, influenzando il modo di comunicare e di condurre attività professionali.
A questo proposito, per approfondire ulteriormente come le chat di WhatsApp possano essere utilizzate come prova nel processo tributario, ti invitiamo a guardare il video di Emanuele Mugnaini (Difesa Fiscale) dal titolo "MESSAGGI WHATSAPP VALEVOLI COME PROVA NEL PROCESSO TRIBUTARIO".
La Corte di Cassazione, con la sentenza citata, ha confermato che le chat di WhatsApp possono essere utilizzate come prove durante un accertamento fiscale.
Sebbene l’Amministrazione finanziaria non possa accedere direttamente alle chat private senza un'autorizzazione, queste conversazioni possono essere utilizzate per individuare operazioni non dichiarate, evasioni fiscali o altre irregolarità.
È quindi fondamentale comprendere come il Fisco possa, in determinati casi, esaminare le chat come strumento per raccogliere prove di irregolarità fiscali, ma solo previa richiesta di un'autorizzazione specifica.
Nel corso di un'indagine fiscale, la prova documentale gioca un ruolo decisivo, superiore a quella testimoniale, che ha carattere residuale. A tal proposito, le chat di WhatsApp, insieme ad altri documenti elettronici e fisici, possono essere esaminate per verificare la presenza di una contabilità parallela o di operazioni non dichiarate.
Come riportato da Money.it, nonostante il cellulare sia considerato un bene personale del contribuente, la Corte Costituzionale ha chiarito che l'acquisizione di messaggi da dispositivi sequestrati non rientra nella prassi di intercettazione, come previsto dalla sentenza n. 170 del 2023.
La Corte ha affermato che la procedura di accesso ai dispositivi elettronici, compresi i dispositivi mobili, è legittima, in quanto autorizzata dalla Commissione Tributaria, come stabilito nel 2016 a Trento, e dalla circolare 1 del 2018 della Guardia di Finanza.
Le indagini fiscali si concentrano sulla raccolta di prove per identificare possibili evasioni o frodi. In alcuni casi, le conversazioni su WhatsApp possono costituire elementi chiave. È importante capire in quali situazioni specifiche le chat possono essere utilizzate come prove:
Un aspetto fondamentale delle ispezioni fiscali è la raccolta di prove che possano dimostrare irregolarità o evasione. Le chat di WhatsApp, in questo contesto, sono uno strumento utile, ma non costituiscono intercettazioni illegali.
Infatti, la legge consente di acquisire prove da dispositivi mobili sequestrati, come stabilito nell'articolo 2712 del Codice Civile:
In tal modo, le prove possono essere costituite da:
La Corte di Cassazione ha ribadito che questi elementi possono essere utilizzati, a condizione che venga verificata l’autenticità e l'integrità delle chat.