Ora, giustamente, tutti scandalizzati dallo spettacolo di Trump e Vance contro Zelensky nello Studio Ovale. Ma quando l'imboscata a favore di telecamere la organizzarono qui da noi i Cinque Stelle, ve lo ricordate?
Per certi versi, fu ancora più cattiva di quella andata in scena l'altro giorno alla Casa Bianca. E già: perché se a Washington la situazione è precipitata dopo 40 minuti, a Roma subito fu evidente che il malcapitato presidente del Consiglio incaricato Pierluigi Bersani non era altro che un "Gargamella" (così lo chiamava Beppe Grillo) da spennare sotto gli occhi di migliaia di telespettatori. Per pura "vendetta" contro la "casta". Sic et simpliciter.
Era il 27 marzo 2013, dodici anni fa. E buona parte dell'opinione pubblica si abbandonò ai risolini o addirittura si fregava le mani e applaudiva nel vedere l'allora segretario del Partito Democratico appena uscito non vincitore dalle elezioni essere umiliato da Vito Crimi e Roberta Lombardi, capigruppo al Senato e alla Camera dei Cinque Stelle.
Per dire: la violenza del linguaggio, la sciatteria, l'approssimazione, la supponenza, la demagogia, il populismo, il cinismo. In ultima analisi, la cattiva politica non è stata mica scovata dal cilindro venerdì 28 febbraio 2025 da The Donald e dal suo vice, che ora chiamano "Hillbilly, il buzzurro degli Appalachi" e descrivono, come ha fatto Monica Maggioni su La Stampa, come "cresciuto tra le colline più povere degli States, dove i bianchi vivono in spaventose stamberghe tra gli alberi, si ingozzano di cibo tossico e ipercalorico e campano di qualche magrissimo sussidio statale dopo la chiusura delle miniere mentre i ragazzi fanno a botte nei boschi"?
Ecco: i carneadi Crimi e Lombardi, da dove venivano fuori nel 2013? Il palermitano assistente giudiziario a Brescia e l'interior design di Orbetello, da quale profonda Italia avevano mosso i primi passi?
Vabbè che si dimentica tutto. Ma dodici anni fa, anche noi abbiamo avuto i nostri Trump & Vance. E, forse più modestamente, si chiamavano Vito Crimi e Roberta Lombardi. Il primo, qualche tempo dopo, tra una sigaretta e un colpo di tosse a Radio Radicale, fu etichettato significativamente da Massimo Bordin come "il gerarca minore" del grillismo. La seconda che una volta, in un'intervista a Repubblica, confidò che la chiamavano "La faraona", a settembre 2024, quando iniziavano le comiche finali tra Grillo e Conte, con un sospiro, ebbe ad ammettere:
Eh già: dirlo dopo, undici anni dopo, quello streaming, è stato facile. Ma all'epoca: quanta arroganza? Quanta supponenza?
E poi: quanti errori? Quanta inutile e dannosa antipolitica nel cuore istituzionale della nostra politica? Quanti danni? Quanti anni e quante occasioni perse? E, last but not least, quanti soldi pubblici gettati dalla finestra, dal Reddito di Cittadinanza indiscriminato al Superbonus 110% senza controlli che, come disse con una formidabile battuta Paolo Cirino Pomicino, "dovrebbe essere vietato per legge: oltre al 41 bis dovrebbero istituire il 110 bis"?
E insomma: carte cantano. Tra l'altro, dopodomani, presso la Galleria Alberto Sordi, a Roma, Luciano Capone e Carlo Stagnaro presentano con il ministro Giancarlo Giorgetti e l'ex commissario italiano a Bruxelles Paolo Gentiloni il loro fortunato libro "Superbonus, come fallisce una nazione".
Scripta manent, verba volant. Tuttavia, YouTube fa miracoli
E insomma: ci sarebbe anche da dire che da quello streaming sconvolgente per i protocolli della comunicazione politica Pierluigi Bersani rimase, pur da vittima, talmente affascinato, quasi come una vittima della sindrome di Stoccolma, al punto tale che in tutti questi anni è stato a capo di quella sinistra che non è stata capace di dire mezza parola contro il Movimento Cinque Stelle arrivando ad innalzare addirittura Giuseppe Conte a "fortissimo punto di riferimento delle forze progressiste" (dicembre 2019, Nicola Zingaretti all'epoca segretario del Pd).
Forse questa è un'altra storia. Una storia che comunque ora interessa ancora chi ha preso il posto di Bersani alla guida del Pd, Elly Schlein, visto che ancora coltiva sogni di campi larghi.
Ma per dire il male, spesso inutile come tutti i mali, che fa la mala-politica. O il cattivismo, che spesso è solo un modo di coprire il fatto di non avere nulla di vero, di sensato da dire.
E comunque, oggi che ci ritroviamo davanti a un'altra diretta, che lezione potremmo dare noi italiani alla politica dell'Occidente, delle democrazie liberali?
Beh, una è proprio a portata di mano: che le telecamere non devono entrare nelle stanze dei bottoni. Non perché bisogna sacrificare la trasparenza, che si può e si deve garantire in altro modo. Ma perché davanti alle telecamere quel po' di politica che ci resta lascia il campo allo show. Che è il suo contrario. Sperando di non verificarlo tra altri dodici anni.