26 Feb, 2025 - 16:05

Fisco, si possono sequestrare i Bitcoin in caso di imposte evase? Ecco cosa dice la Cassazione

Fisco, si possono sequestrare i Bitcoin in caso di imposte evase? Ecco cosa dice la Cassazione

I Bitcoin e le criptovalute sono parte intergrante della finanza globale ormai da diversi anni, ma quando si tratta di fisco e normative, molte volte si brancola nell'incertezza. In Italia, il dibattito si è acceso attorno alla possibilità di sequestrare Bitcoin nell’ambito di indagini fiscali. 

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha messo nero su bianco una questione di estrema rilevanza: il Fisco può appropriarsi delle criptovalute per compensare le imposte evase? La decisione ha scatenato un’ondata di riflessioni sul rapporto tra Bitcoin, giustizia e regolamentazione fiscale. 

Prima di approfondire la questione, e dare una risposta quanto più esauriente possibile al quesito, vi consigliamo il video YouTube di Francesco Carrino sui rischi fiscali, molto spesso taciuti dai commercialisti, a cui sono esposti i titolari di criptovalute.

ll contenzioso sul sequestro Bitcoin

La terza sezione penale della Corte di Cassazione ha scritto un capitolo fondamentale nel diritto tributario legato alle criptovalute con la sentenza numero 1760 del 15 gennaio scorso. La questione centrale? La possibilità di sequestrare Bitcoin per un valore equivalente all’ammontare di imposte non versate derivanti dal trading su valute digitali.

I giudici hanno stabilito un criterio base: il sequestro probatorio, nel contesto tributario, deve riguardare l’ammontare effettivo dell’imposta evasa, intesa come profitto del reato fiscale, e non un valore equivalente in Bitcoin. Diversamente, si tratterebbe di un sequestro per equivalente, misura che in questo caso non è ammessa dalla legge.

Il caso: un sequestro da 1,88 Bitcoin

Andiamo ad analizzare in caso in questione. Tutto è iniziato con un’indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze che ha emesso un decreto di sequestro nei confronti di un contribuente accusato di dichiarazione fiscale infedele per oltre 120.000 euro. La soluzione? Congelare 1,88 Bitcoin, considerati il corrispettivo della somma evasa.

Il contribuente, però, non ci sta e così presenta ricorso al Tribunale di Firenze, sostenendo che il sequestro della criptovaluta sia ingiustificato. Il tribunale, tuttavia, respinge il ricorso, confermando la validità del provvedimento della procura.

La Cassazione ribalta tutto

Non disposto ad arrendersi, il contribuente porta il caso davanti alla Corte di Cassazione, contestando la decisione sulla base di una precisa argomentazione giuridica.

Secondo i suoi legali, il profitto del reato – come definito dall’articolo 4 del D.Lgs. 74/2000 – deve coincidere esclusivamente con l’ammontare dell’imposta evasa, ossia 120.638,20 euro.

Il sequestro del Fisco è legittimo? Solo se riguarda questa somma e non una quantità arbitraria di Bitcoin.

Il Fisco può sequestrare i Bitcoin? La decisione della Cassazione i due punti

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del cliente, mettendo in luce due fattori importantissimi che chiariscono la decisione presa:

  • Bitcoin e moneta legale: le criptovalute non hanno corso legale in Italia e non possono essere equiparate alla moneta ufficiale dello Stato. Motivo per cui, il loro valore non può essere automaticamente considerato come profitto di un reato tributario;
  • Fluttuazioni imprevedibili: il prezzo del Bitcoin è soggetto a variazioni costanti e imprevedibili. Sequestrare una quantità fissa di criptovaluta per coprire un debito fiscale in euro può portare a distorsioni e ingiustizie.

A questo punto, siamo in grado di darvi la risposta al quesito posto in apertura di articolo. La conclusione è chiara: il sequestro di Bitcoin, invece della somma equivalente in euro, non è giuridicamente corretto.

Un'operzione di questo genere si configurerebbe come un sequestro per equivalente, applicabile solo in specifici casi previsti dalla legge, ma non per dichiarazione infedele. 

 

 

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Achiropita Cicala
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