Era fissata per oggi – martedì 25 febbraio 2025 – la discussione della Corte di Giustizia Europea sul decreto Paesi Sicuri e sui ricorsi presentati dal Tribunale di Roma sulla questione migranti e operazione Albania.
Il parere dei giudici UE è fondamentale per il futuro del Protocollo Albania su cui il Governo Meloni ha puntato una buona fetta della propria credibilità, tanto in patria quanto in Europa.
La decisione, tuttavia, è attesissima anche dai magistrati italiani che si sono rivolti alla Corte per dirimere una questione giuridica dai velenosi risvolti politici. Sulla sentenza, infine, l’opposizione ha risposto tutte le sue speranze per dare il colpo di grazia definitivo ai centri per migranti in Albania.
Bisognerà, però, attendere ancora qualche settimana, poiché la Corte Ue ha rinviato il pronunciamento al prossimo 10 aprile.
La Corte di giustizia europea si è riunita oggi a Strasburgo per discutere dei ricorsi presentati dai giudici italiani sulla definizione dei Paesi sicuri nell’ambito del protocollo Italia-Albania. L’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue, Richard de la Tour, si esprimerà il prossimo 10 aprile.
Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia anche se generalmente la indirizza. Il suo compito consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato.
Un compito non facile dal momento che dovrà chiarire definitivamente quali criteri utilizzare per la definizione di ‘paese sicuro’ nell’ambito delle richieste di asilo da parte dei migranti e, soprattutto quale normativa i giudici devono applicare, se quella nazionale o quella europea.
Il ricorso è stato presentato nel novembre 2024 dai giudici della sezione speciale immigrazione del Tribunale di Roma in occasione della mancata convalida del trasferimento di un gruppo di migranti negli hotspot italiani in Albania.
I giudici di Strasburgo dovranno chiarire, definitivamente, quale norma applicare nei procedimenti di convalida dei trasferimenti, se quella italiana o quella comunitaria.
La questione giuridica, infatti, rappresenta il cuore dello scontro istituzionale tra magistrati e governo e ruota completamente intorno alla definizione dei criteri per l’individuazione dei paesi stranieri considerati sicuri per il rimpatrio dei migranti richiedenti asilo.
Nel frattempo è intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione che ha chiarito che l’individuazione dei Paesi sicuri spetta al governo, ma che i giudici devono valutare i casi singolarmente e se necessario disapplicare le direttive nazionali.
Dopo lo stop dei giudici della Corte d’Appello di Roma al terzo tentativo di trasferimento dei migranti nei centri per il rimpatrio italiani in Albania, lo scontro tra magistrati e governo ha raggiunto livelli altissimi di tensione.
L’esecutivo, in attesa della decisione della Corte UE, starebbe lavorando a un secondo decreto con l’obiettivo di blindare l’operazione Albania e a rendere operativi i due hotspot italiani di Shenjin e Gjader, rimasti praticamente vuoti dall’inaugurazione lo scorso autunno.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha più volte dichiarato che i centri albanesi funzioneranno, ma al momento i tre tentativi del governo di trasferirvi i migranti arrivati in Italia sono tutti falliti suscitando polemiche e accuse di sperpero di risorse pubbliche da parte del centrosinistra.