"Mi avevano minacciato". Queste le parole che Raffaele Mascia, 21 anni, avrebbe usato per spiegare agli inquirenti il motivo per cui, lo scorso 15 febbraio, ha ucciso il 49enne di origini ucraine Ivan Disar e ferito l'amico Pavel, 26 anni, nella panetteria gestita dal padre Matteo a Milano. In pratica, secondo la sua versione, avrebbe reagito a una provocazione. La testimonianza resa da una donna che ha assistito alla sparatoria sembrerebbe tuttavia contraddirlo.
Agli inquirenti che lo avevano bloccato in zona Sant'Agostino, a Milano, dopo averlo cercato per 48 ore, Raffaele Mascia, facendo le prime ammissioni, aveva spiegato di possedere una pistola "per difendersi", come "la legge della strada" impone.
"Non la troverete mai", aveva aggiunto. Il giovane, con precedenti per spaccio di hashish e resistenza, si trova ora nel carcere di San Vittore. Davanti al pm, ha confessato di aver ucciso il 49enne di origini ucraine Ivan Disar e ferito l'amico 26enne Pavel (ora ricoverato), nella panetteria-pasticceria dal padre Matteo.
Sostenendo, però, di aver "reagito" a delle minacce. Questo il motivo per cui, secondo Il Corriere della Sera, i suoi avvocati difensori, Giuseppe Alessandro Pennisi e Valentina Camerino, avrebbero chiesto di riconoscergli l'attenuante della provocazione e di far cadere l'aggravante dei futili motivi.
Ma, c'è un ma: la versione di Mascia non combacerebbe con quella della donna che era in compagnia dei due ucraini e che ha assistito alla sparatoria, già sentita dagli inquirenti.
Stando al suo racconto, il 21enne non sarebbe stato minacciato. Piuttosto, si serebbe infastidito per alcune frasi rivoltegli da Disar, che insieme all'amico già da un'oretta si trovava all'interno del locale del padre.
Sembra che fosse un cliente abituale. Sabato scorso, dopo qualche birra, avrebbe iniziato a parlare con Mascia, invitandolo ad andare a lavorare con lui (Disar era operaio per una ditta che si occupa del montaggio e della manutenzione di tende) e "ad aiutare il padre".
Un tentativo, forse, di spronarlo, essendo a conoscenza della sua vita "disordinata", come l'ha definita qualcuno. Mascia, segnato dal passaggio in varie comunità già da minorenne, dormiva occasionalmente su un soppalco ricavato in una stanza dietro la panetteria, lavorando a tempo determinato come elettricista.
Sembrà, però, che coi familiari si fosse un po' "chiuso". Tant'è vero che, dopo i fatti, non avrebbe mai visualizzato il messaggio inviatogli dal papà, preoccupato per la sua improvvisa sparizione.
Dalle prime ricostruzioni è emerso che, al momento della sparatoria, il titolare del locale si trovava nel retrobottega, impegnato con delle ordinazioni. Proprio in quel frangente, il figlio 21enne, sarebbe momentaneamente uscito dal retro, recuperando la pistola.
A incastrarlo, oltre alla testimonianza dell'unica donna presente, anche un breve filmato di una telecamera di videosorveglianza, diffuso nelle scorse ore dalla polizia di Stato. Nel video, si vede Mascia rientrare nel locale con qualcosa in mano. Poco dopo, si sentono chiaramente gli spari.
Tutto si svolge in pochi attimi: Mascia, uscito di nuovo dal retro della panetteria, attraversa il cortile ed esce dal portone, infilandosi le mani in tasca. Il padre lo chiama: "Raffaele, Raffaele", ma non riceve risposta.
Il servizio di Francesca Sancin mandato in onda dal Tg3 il 20 febbraio 2025.
Per ricostruire l'esatta dinamica dei fatti, e soprattutto fare luce sul movente, gli inquirenti riascolteranno la testimone chiave. Per oggi, 20 febbraio 2025, era intanto previsto anche il nuovo interrogatorio di Mascia, che si sarebbe avvalso, alla fine, della facoltà di non rispondere.
Il gip dovrà ora decidere se convalidarne il fermo, accettando o meno la richiesta di misura cautelare formulata dal pm, secondo cui sussisterebbero i pericolo di reiterazione, fuga e inquinamento delle prove. L'accusa è di omicidio e tentato omicidio aggravati dai futili motivi e di porto abusivo d'arma da fuoco. Si attendono ulteriori sviluppi.