Una semplice fotografia può interagire con la storia. È il caso di Egea Haffner, la bambina con la valigia, icona dell'esodo giuliano-dalmata. La sua immagine è diventata simbolo del Giorno del Ricordo. Il film in onda su Rai 1 la sera del 10 febbraio 2025 sviluppa il tema a partire dalla sua vita, attraverso occhi innocenti.
Sono semplici, quelli di una bambina, di una rifugiata, di una donna che ci chiede ancora di ricordare.
E non può questa storia toccante non passare per il racconto della perdita del padre scomparso, una delle migliaia di vittime delle foibe.
Inverno del 1944, la guerra è in corso. La piccola Egea, nata a Pola il 3 ottobre 1941, vive nella villa dei nonni paterni. In centro, c’è la gioielleria dove lavora suo padre, Kurt.
Finisce la guerra nel 1945, nell’Istria prevalgono i Titini, esercito del maresciallo Josip Broz Tito, occupante tutta la regione Giuliana, fino a questo momento parte dell’Italia fascista.
Nella notte tra il 4 e il 5 maggio 1945, gli agenti OZNA (Dipartimento sulla Sicurezza del Popolo) suonano alla porta di Via Epulo 21, dove ci sono i genitori di Egea. Lei non è presente.
Quando la signora Haffner apre la porta, la polizia slava chiede di suo padre, Kurt Haffner, che, preoccupato, arriva.
Parlano di un’inchiesta, di seguirli al comando per una pura formalità: non è necessario che porti con sé niente, soltanto una sciarpa di seta blu per il clima rigido della notte. Ce lo ricorda la stessa Egea nei suoi racconti e nel docufilm di Mauro Vittorio Quattrina Egea. la bambina con la valigia dal cuore esule. Da quella notte, nessuno ha più visto suo padre Kurt.
Ecco la clip in cui ne parla nella promo del documentario:
Da lì, la ricerca disperata e le voci che diventano realtà. Hanno gettato Kurt in una di quelle fosse carsiche in cui gli jugoslavi gettano i corpi dei presunti nemici del popolo, gli oppositori: una foiba.
Egea cerca di comprendere cosa sia successo, ma ha solo quattro anni. Da qui, un’esplosione di violenze contro gli italiani considerati fascisti, mentre Ersilia, madre di Egea, decide di fare un passo drastico, quello di lasciare tutto: le amicizie, la casa, il lavoro, qualsiasi cosa.
Si parte per Bolzano e, ad aspettare Egea, ci sono sua zia e sua nonna. C’è però un altro brutto trauma che la piccola deve affrontare: la separazione dalla madre.
Ersilia, infatti, decide di rifarsi una vita in Sardegna, di andare via, di lasciare alle spalle questo passato così cupo, aprendo un negozio come parrucchiera e staccandosi per sempre dall'immagine del marito: figlia compresa.
E cosa resta? Una bambina che deve ritrovare una sua strada senza più punti di riferimento, senza padre, senza madre. Esule eterna, profuga eterna di una vita lontana dalla sua patria. Una situazione, la sua, vissuta da tantissimi italiani costretti a scappare dall’Istria, Fiume e Dalmazia, con pochissimi e vividi ricordi di tragedia, in una terra dominata dagli jugoslavi, dove sono visti come stranieri e nemici.
Appare nella foto una bambina con i capelli ricci, lo sguardo lontano dall'obiettivo, le sopracciglia aggrottate e le dita serrate per lo sforzo, mentre stringe una valigia e un ombrello. Sul cartello si legge "Esule Giuliana".
L'idea è di suo zio Alfonso che il 6 luglio 1946 le fa scattare una fotografia da Giacomo Szentivànyi con l'idea di lasciare un messaggio e narrare la storia di tutti quegli esuli che devono trasferirsi in altri luoghi per salvare la propria vita e sperare di ricominciare da capo.
Il numero che si legge sul cartello, 30.001, è stato scelto perché richiama i 30.000 italiani di Pola costretti a partire.
L'immagine, ritrovata per caso, diventerà il simbolo dell'esodo degli istriani.
“LA BAMBINA CON LA VALIGIA”
— Michele Eto (@ETOMichele) March 3, 2023
È il 6 luglio 1946: quella foto scattata a Pola ritrae una bambina, Egea Haffner, con il vestito delle feste e una valigia con la scritta ‘Esule giuliana n. 30001’. ???? pic.twitter.com/LOEtv7khx7
Oggi Egea ha 83 anni e vive a Rovereto. Con gli anni, ha preso consapevolezza della sua storia, ha iniziato a raccontarla, a diffonderla attraverso la sua testimonianza, nelle manifestazioni pubbliche, nelle scuole e mettendosi a disposizione per registi come Mauro Vittorio Quattrina, che nel 2020 ha diretto il già citato documentario su di lei e Gianluca Mazzella, che per il film Rai ha preso diretto spunto dal libro scritto dalla stessa Egea e Gigliola Alvisi La bambina con la valigia.
A guardare il film, la signora Haffner piange, si commuove, resta toccata soprattutto dalle scene in cui compare suo padre: le manca terribilmente e, anche dopo tanti anni, riesce a ricordare dettagli particolari come la stretta amorevole delle sue braccia e l'odore piacevole della sua colonia.
Ancora oggi, a Egea non è chiaro il motivo per il quale lo hanno catturato.
Nel 2020, in un'intervista all'Agi dichiara:
Da lì, è come se il viaggio non fosse mai veramente finito.