Ma perché i migranti che il Governo Meloni trasferisce nel centro che ha fatto costruire in Albania, dopo qualche giorno, tornano in Italia? Oggi sarà la volta dei 43 che hanno toccato il suolo albanese appena martedì. All'origine di tutto c'è la direttiva Paesi sicuri che Palazzo Chigi, evidentemente, fatica ad allineare con il diritto dell'Unione europea.
Al governo non è servito nemmeno trasferire alla Corte d'Appello la competenza di decidere sulla convalida dei trasferimenti. Anche perché, paradossalmente, quattro dei cinque giudici che hanno esaminato ieri il caso dei 43 migranti sono gli stessi che avevano già deciso nel merito in occasione di altri fascicoli analoghi, sospendendo i trasferimenti in Albania in ottobre e novembre.
Perché, stando alle leggi di Bruxelles, e nonostante gli sforzi del governo (che non è il solo ad avere grane su questo fronte), i migranti devono essere riportati indietro dall'Albania? La Corte d'Appello, chiamata ieri a convalidare gli ultimi trasferimenti, ha spiegato che allo stato non ci si può pronunciare:
La Corte d'Appello, a tal proposito, ha citato anche la Consulta che si è espressa in casi analoghi con la stessa logica.
Ma il punto della questione, dal punto di vista giuridico, è questo: che cosa deve chiarire la Corte Ue? Il nocciolo della questione ruota attorno alla definizione di "Paese sicuro": per rimpatriare un migrante, è necessario che per lui non ci siano rischi di persecuzioni, maltrattamenti o, peggio, di morte nel Paese di provenienza. Ed è una direttiva Ue a stabilire i criteri che gli Stati europei devono seguire per definire un Paese sicuro.
La Corte d'Appello si è soffermata proprio su questo punto. Nella sentenza di ieri, ha spiegato che deve essere la Corte a stabilire se il diritto unitario consenta o meno di designare un Paese sicuro quando le condizioni sostanziali per la sua designazione non siano soddisfatte per alcune categorie di persone.
Ora, nel caso specifico, i migranti trasferiti in Albania provengono dall'Egitto e dal Bangladesh, Paesi dove, a detta dello stesso ministro degli Esteri, "non sono rispettate per tutti le condizioni di sicurezza".
Ma chi sono i giudici della Corte d'Appello che ieri hanno esaminato il caso dei 43 migranti trasferiti martedì in Albania? Quattro su cinque avevano già deciso nel merito su altri casi analoghi.
Come mai? Il presidente della Corte d'Appello di Roma Giuseppe Meliadò ha dovuto fronteggiare una carenza di organico e ha applicato alla neonata sezione immigrazione gli stessi magistrati che si erano già occupati di questo tema. Nello specifico, nella "sezione protezione internazionale" del Tribunale.
Per questo, Antonella Marrone, Maria Rosaria Ciuffi, Cecilia Cavaceppi e Giuseppe Molfese hanno preso di nuovo il fascicolo dei migranti in mano, in quanto avevano "una specifica competenza".
Fatto sta che la decisione di affidare a loro il caso dei migranti trasferiti in Albania ha reso del tutto vana la decisione del Governo di trasferire alla Corte d'Appello la competenza a decidere se convalidare o meno i trasferimenti in Albania: si è cambiata la sede della decisione, ma non gli uomini e le donne che l'hanno partorita.
Bisognerà attendere la primavera affinché il nodo venga sciolto una volta per tutte dalla Corte Ue.