Il caso della scarcerazione del capo della polizia giudiziaria libica, il generale Njeem Osama Almasri, si arricchisce di un ulteriore tassello: il presunto ‘avviso di garanzia’ ricevuto nelle scorse ore dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dai Ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, per le ipotesi di reato di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del generale libico.
Un atto dovuto secondo l’Anm, che avrà inevitabili ripercussioni sul piano politico e giudiziario per la premier e per il Governo. Vediamo allora cosa rischia Giorgia Meloni.
La prima notizia da analizzare riguarda la natura dell'atto ricevuto dalla Premier e dai membri del suo Governo che non sarebbe un avviso di garanzia. Questo almeno quanto si evince dal comunicato diffuso nella tarda serata di ieri – martedì 28 gennaio 2025 – dall’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), poche ore dopo la diffusione della notizia e lo scoppio della polemica.
Si legge nella nota dei magistrati in cui si precisa anche che:
Ma se non si tratta di un avviso di garanzia, di cosa si tratta?
Nella sua nota, l’ANM ha precisato che l’atto giuridico emesso dalla Procura di Roma nei confronti della Presidente Giorgia Meloni e di parte del suo Governo è una “comunicazione di iscrizione”, un atto previsto dalla legge quando viene presentata una denuncia contro un membro del Governo. La normativa in questi casi, infatti, obbliga il Procuratore anche a trasmettere eventuali atti al Tribunale dei Ministri
In pratica l’atto ha la funzione di avvertire i soggetti interessati che è stata presentata una denuncia nei loro confronti, così da consentirgli - qualora lo ritenessero necessario - di presentare memorie o chiedere di essere ascoltati dal Tribunale dei Ministri.
La ‘comunicazione di iscrizione’, spiega l’associazione magistrati, è un atto tecnico obbligatorio che non implicherebbe automaticamente l’apertura di un’indagine.
La disposizione impone al procuratore, ricevuta la denuncia, ed omessa ogni indagine, di trasmettere entro 15 giorni gli atti al Tribunale dei ministri dandone comunicazione affinché questi possano presentare memorie o chiedere di essere ascoltati. Si tratta di un atto dovuto. pic.twitter.com/dFu0dUosjC
— ANM Associazione Nazionale Magistrati (@ANMagistrati) January 28, 2025
In conclusione, quindi - sebbene ci sia una procedura in corso - sembrerebbe che Giorgia Meloni e i membri del suo governo non possano tecnicamente definirsi "indagati”, poiché quello ricevuto non è un ‘avviso di garanzia’.
Non è d’accordo l’avvocato ed ex deputato del Popolo delle Libertà Maurizio Paniz che, interpellato da Tag24.it, ha chiarito che la comunicazione fatta pervenire alla premier e ai suoi ministri sarebbe a tutti gli effetti un ‘avviso di garanzia’.
“E’ la stessa identica cosa. L’avviso di garanzia va direttamente all’autorità giudiziaria, qui si passa attraverso il Tribunale dei Ministri. La Presidente, il dottor Mantovano, Piantedosi e Nordio in questo momento sono formalmente indagati. Si tratta dell’iscrizione nel registro degli indagati con la differenza che, essendo ministri, non vanno davanti all’autorità giudiziaria ordinaria ma davanti al Tribunale dei Ministri ove fosse il caso. Quindi si tratta di un provvedimento che è parallelo rispetto all’informazione di garanzia”.
Un provvedimento che secondo l’ex membro della Camera dei Deputati rappresenta una ‘follia dal punto di vista giuridico’ impensabile in qualsiasi altro paese d’Europa.
“Siamo di fronte a un'abnormità dal punto di vista della persecuzione penale. Vorrei vedere se le autorità giudiziarie degli altri paesi dove Almasri è stato, e che pure erano a conoscenza dell’esistenza del provvedimento del tribunale dell’Aja, sono stati in qualche modo oggetto di un’indagine penale. Sicuramente no. Questo evidenzia l’abnormità della situazione italiana."
Giustizia a orologeria? Secondo Paniz no, ma una coincidenza temporale tra lo scontro in atto sulla questione della separazione delle carriere e la vicenda legata al rimpatrio di Almasri.
“Non parlo di giustizia a orologeria, nel senso che non lego questa vicenda al percorso avviato in parlamento sulla separazione delle carriere. È capitato in questo momento e ovviamente c’è una coincidenza temporale, ma io considero proprio abnorme che si metta in moto un meccanismo di questo genere.”
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni rischia il processo?
La denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, in relazione alla scarcerazione e al rimpatrio del generale libico, avrà inevitabilmente delle ripercussioni sulla premier e sul suo governo, sia sul piano giudiziario che su quello politico.
Da un punto di vista giuridico e procedurale adesso la parola passa al Tribunale dei Ministri che dovrà avviare le indagini preliminari. Entro 90 giorni dovrà decidere tra l'archiviazione della vicenda, o, la richiesta di autorizzazione a procedere alle Camere.
In quest’ultimo caso, il tribunale dovrà poi trasmettere una comunicazione al Presidente della Camera competente (nel caso di Giorgia Meloni sarebbe la Camera dei Deputati) dando il via alla fase dell’autorizzazione parlamentare che, a sua volta, si dividerà in due fasi: la valutazione della Giunta Parlamentare per le Autorizzazioni a Procedere che dovrà elaborare e trasmettere una relazione scritta all’Assemblea parlamentare, sulla base della quale ci sarà poi il voto finale.
Toccherà al Parlamento, infatti, decidere se autorizzare o meno l'eventuale via libera all’azione penale. In caso di via libera, infine, il Tribunale dei Ministri dovrà trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica competente e a partire da quel momento la vicenda esce dal circuito 'parlamentare' per seguire l'iter della giustizia ordinaria.
La vicenda oltre ad avere ripercussioni sul piano giudiziario avrà inevitabilmente ripercussioni anche sul piano politico.
Lo scontro tra maggioranza e opposizione sulle presunte responsabilità del Governo in relazione alla liberazione e al rimpatrio del generale libico Almasri è entrato in una nuova fase.
Le opposizioni continuano a chiedere che il governo chiarisca la vicenda in Aula, cosa che i ministri Nordio e Piantedosi avrebbero dovuto fare nel pomeriggio di oggi con un’informativa alla Camera che, però, è stata annullata dopo le recenti novità sul piano giudiziario.
Vale oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile e non mi faccio intimidire. Avanti a testa alta! pic.twitter.com/Urg0QOis9V
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) January 28, 2025
Le veementi le proteste dell’opposizione hanno portato anche alla sospensione della seduta odierna a Montecitorio con la convocazione urgente della conferenza dei capigruppo per chiedere conferma dell’informativa.