Il pomeriggio del 13 febbraio 2007, scese dall'auto sulla quale stava viaggiando con i genitori, lasciando loro le chiavi di casa; poi nessuno lo vide più. Giovanni Ghinelli aveva 33 anni e lavorava come infermiere all'ospedale di Bentivoglio, nel Bolognese. Quasi 18 anni dopo, non si sa ancora cosa gli sia accaduto. Abbiamo ripercorso la sua storia con la madre, Antonia Angeloni.
"Mio figlio stava vivendo un momento difficile. Aveva cambiato ospedale perché, insieme alla compagna, si era trasferito da Crevalcore a Bentivoglio; tra loro, però, le cose si erano fatte difficili e così era tornato a stare da noi a Bologna", racconta la signora Antonia.
"Io e suo padre non lo lasciavamo volentieri da solo, perché vedevamo che stava male e perché ogni tanto beveva. Il pomeriggio in cui scomparve, lo aspettammo per metterci in viaggio e raggiungere la nostra casa in campagna, ma lui arrivò tardi e litigammo", prosegue.
"A un certo punto, sfruttando un semaforo rosso, scese dall'auto e, lasciandoci le chiavi di casa, si allontanò. Mio marito partì, mentre io decisi di restare a Bologna. Insieme alle sue sorelle provai a chiamarlo, ma senza successo. Pensai che avesse il cellulare scarico, che fosse andato a dormire da un amico e che si sarebbe fatto vivo".
Da quel momento, invece, di Giovanni non si sono più avute notizie. Nessuno lo vide a casa, né in ospedale, dove avrebbe dovuto recarsi due giorni dopo. "Quando il suo capo reparto ci telefonò per avvisarci che non si era presentato, ci spaventammo e denunciammo la scomparsa", racconta la madre.
"La Questura di Bologna si mobilitò subito, cercandolo e parlando con tutte le persone che lo conoscevano e gli erano più vicine. Non è servito a niente", prosegue Antonia. "Dopo qualche giorno dalla sua scomparsa, attorno alle 5 del mattino, qualcuno chiamò mio marito e gli disse: 'Avete già acceso i lumi?'".
"Pensammo che sapesse qualcosa su quanto accaduto a nostro figlio. Facendo delle ricerche, però, i carabinieri arrivarono a una persona che definirono 'insospettabile' e che pare non c'entrasse niente". Solo uno dei tanti misteri che negli anni hanno avvolto il caso, come quello dello zaino che Giovanni aveva con sé quando fuggì dall'auto dei genitori.
Un ragazzo sostenne di averlo ritrovato, insieme al telefono del 33enne, sulle rive del fiume Reno, e di averlo consegnato ai carabinieri. Quando i familiari di Giovanni lo seppero, due mesi dopo la scomparsa, scoprirono anche che "era stato perso". "Ad oggi non sappiamo dove sia finito", spiega la madre.
Nonostante i suoi appelli, nel 2009 il caso del figlio è stato archiviato come allontanamento volontario.
"L'altra cosa che mi ha sempre fatto pensare è che, prima di sparire, Giovanni chiese un prestito e spese i soldi prelevati. Il mio sospetto è che fosse finito in qualche giro losco, che dovesse qualcosa a qualcuno. Sa, in quel periodo successero tante cose strane: ci rubarono una macchina e delle bici, ci entrarono addirittura in casa", spiega la signora Antonia.
"Non so se questi eventi siano in qualche modo legati alla sua scomparsa, certo è che poi non si sono più verificati. Non posso neanche escludere che si sia allontanato volontariamente, ma se non avesse più voluto avere a che fare con noi - e non ne aveva il motivo - avrebbe semplicemente potuto spiegarcelo, oppure si sarebbe fatto sentire".
"Quando succedono cose simili, si pensa a tutto, è normale. Sono passati tanti anni e vorremmo solo sapere la verità. Mi rivolgo prima di tutto a Giovanni, perché la mia speranza è che ci sia. Gli chiedo solo di farsi sentire, se è vivo. Se ha bisogno, ci siamo; se non vuole saperne niente, lo accettiamo", conclude la madre."Se invece c'è qualcuno che sa qualcosa, come pensiamo, si faccia avanti e parli. Ci aiuti a capire".
Un appello simile a quello lanciato dalla madre di Gianluca Infortuna, scomparso da 15 anni.