Una doccia fredda si è abbattuta questo 20 gennaio 2025 sui promotori del referendum contro l'autonomia differenziata, progetto tanto caro alla Lega (e meno a Fratelli d'Italia e a Forza Italia).
La Corte costituzionale, riunitasi nella mattinata di oggi, ha tenuto in apprensione chi, come Riccardo Magi di +Europa, aveva passato gran parte della giornata fuori il palazzo della Consulta per conoscere subito il responso della riunione: bocciato il quesito referendario su questa particolare riforma.
Nonostante l'organico decisamente ridotti, con 11 giudici disponibili su 15, la Corte costituzionale fa contenti a metà i promotori dei referendum che nell'estate 2024 sembravano aver unito le opposizioni contro il governo di centrodestra.
Politicamente parlando, a pesare è il no dei giudici costituzionali al referendum sull'autonomia differenziata: il quesito su questa riforma, che rappresenta uno dei punti più importanti nel programma elettorale della Lega, è stato ritenuto inammissibile. La decisione di non permettere un referendum sull'abrogazione della Legge Calderoli (286/2024) farà probabilmente tirare un sospiro di sollievo nel governo.
L’agenda dei lavori del 20 gennaio.https://t.co/8UzcbdLx84#Cortecostituzionale #Comunicato #Agenda pic.twitter.com/8sY3b3NwvR
— Corte Costituzionale (@CorteCost) January 17, 2025
Le motivazioni che hanno portato a questa decisione, vissuta naturalmente con sentimenti opposti a seconda dello schieramento politico, riguardano un determinato aspetto del quesito referendario: la scarsa chiarezza. Secondo la Consulta:
Se le posizioni dei presidenti delle regioni del Nord erano chiare, da Luca Zaia del Veneto a Attilio Fontana della Lombardia, meno chiaro è adesso il percorso che dovrà affrontare l'esecutivo dopo questa importante decisione.
Il presidente lombardo Fontana, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico dell'Università Statale di Milano, aveva espresso nel primo pomeriggio l'auspicio che la Corte costituzionale decidesse a favore dei cittadini: secondo il leghista, la necessità di distribuire in modo più efficiente le risorse è un qualcosa da non poter essere più differito.
Con ogni probabilità, il non poter organizzare il referendum sulla Legge Calderoli rappresenta un duro colpo per le opposizioni. La raccolta firme celebrata l'anno scorso come un grande momento civico e di entusiasmo popolare ha portato all'ammissione degli altri quesiti referendari, cioè quelli su cittadinanza, Jobs Act, indennità di licenziamento nelle piccole imprese, contratti di lavoro a termine e responsabilità solidale del committente negli appalti.
Anche se considerati nella loro importanza per le ricadute concrete che possono avere nella vita di molti (come nel caso del lavoro legato al Jobs Act), manca l'argomento che avrebbe potuto fare da traino e spingere gli elettori e le elettrici alle urne.
Il segretario di +Europa Riccardo Magi, uscendo da Palazzo della Consulta, si era detto fiducioso che i giudici costituzionali non avessero nulla da ridire sulla forma e sul contenuto delle domande elaborate per i referendum.
Il vicepresidente della Regione Puglia, Raffaele Piemontese, a margine della visita della commissione bicamerale per le questioni regionali tenutasi oggi in Puglia, aveva da par suo posto l'accento sulla non definizione precisa dei Lep, che servirebbero a garantire i servizi minimi che ogni regione offre alla sua cittadinanza.
Nel novembre 2024, infatti, sempre la Corte Costituzionale aveva contestato la costituzionalità di 7 punti della Legge Calderoli, causando uno stop nelle prime trattative che alcune regioni (come Veneto e Piemonte) avevano iniziato per ricevere dallo stato italiano l'autorizzazione per gestire ad esempio la Protezione civile.
Secondo Piemontese
Dal PD si è fatto sentire con una nota Alessandro Alfieri, responsabile Riforme e PNRR dei dem:
Lavoro, autonomia differenziata, diritto alla cittadinanza: sono temi enormi, su cui abbiamo lavorato per mesi perché la parola torni alle cittadine e ai cittadini.
— Possibile (@PossibileIt) January 20, 2025
Oggi siamo a #Roma, con @Fra0283, in attesa del giudizio di ammissibilità sui quesiti referendari. pic.twitter.com/SE4Jyq4skh
La sentenza della Corte Costituzionale verrà depositata nei prossimi giorni e sarà quindi possibile capire più nel dettaglio perché un quesito è stato bocciato e gli altri 5 no. Secondo i giudici, i referendum verranno tenuti fra il 15 aprile e il 15 giugno 2025 (secondo la legge vigente).
???????? Per noi l'#autonomia è la madre di tutte le battaglie, quindi o si farà per scelta o per necessità.
— Luca Zaia (@zaiapresidente) January 7, 2025
Noi in Veneto andremo comunque avanti, sull’autonomia: vederla come il male dei mali significa avere poco rispetto dei cittadini. COSA NE PENSATE? pic.twitter.com/DbypxjA1iq
A festeggiare questo parziale stop sarà sicuramente la Lega, che tramite suoi diversi esponenti aveva espresso - nonostante i rilievi mossi dalla Corte Costituzionale a novembre - la fiducia che si sarebbe potuto continuare con alcuni aggiustamenti al testo di legge.
A tal proposito il presidente della regione veneta Zaia ha commentato:
Viene così a cadere uno dei referendum che potenzialmente preoccupava di più il governo, specie per i rapporti fra i tre partiti di maggioranza: se la riforma sulla giustizia è passata alla Camera, ora tocca a quella sul premierato (che ruota attorno a una nuova legge elettorale), mentre quella sull'autonomia differenziata potrebbe trovare nuovi sbocchi fino ad oggi impensati.
Bocciato il referendum sull'autonomia differenziata: la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sull'autonomia differenziata, una riforma chiave per la Lega, motivando la contestata decisione con la scarsa chiarezza del quesito.
Ripercussioni politiche per le opposizioni: il no della Corte al referendum rappresenta un duro colpo per le opposizioni, che avevano raccolto firme con entusiasmo, sperando di mobilitare l'elettorato su questo tema.
Il centrodestra sollevato: la decisione è stata accolta positivamente dal governo e dalla Lega, che vedono il risultato come una vittoria, mentre l'autonomia differenziata resta una battaglia politica per il futuro.