Gli occhi del mondo oggi sono tutti puntati su Washington per il Trump Day. Oggi, 20 gennaio 2025, Donald Trump si insedia per la seconda volta alla Casa Bianca per il suo secondo mandato da Presidente degli Stati Uniti.
Parte una nuova Era Trump e lo fa all’insegna del ‘divide et impera’: portare scompiglio in casa degli avversari (leggi Unione Europea) per dettare le regole.
Il ristrettissimo parterre di invitati d’onore alla cerimonia di insediamento è la prova plastica della politica muscolare inaugurata dal tycoon americano nei rapporti con il ‘vecchio Continente’ Tra gli assenti illustri ci sono, infatti, i leader di governo Ue, a cominciare dalla presidente Ursula von der Leyen, che non è stata invitata, mentre lo staff del Capitol Hill ha riservato un posto per la Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, unico capo di governo europeo.
Tra i leader europei figurano, però, anche Santiago Abascal, leader spagnolo di Vox e Beatrix von Storch, vicepresidente del gruppo di estrema destra tedesco Afd, due partiti non propriamente europeisti, oltre al britannico Nigel Farage, noto come il padre della Brexit.
Da questo punto di vista, la presenza di Giorgia Meloni al giuramento di Trump come 47esimo presidente Usa è stata aspramente criticata dal centrosinistra e dai partiti europeisti che accusano la premier italiana di aver voltato le spalle all’Europa.
Il messaggio di Trump, in effetti, è chiarissimo: utilizzare i conservatori e l’estrema destra europea come testa d’ariete per creare divisioni all’interno dell’Unione e imporre le proprie regole su difesa, politica estera e dazi commerciali.
Dazi commerciali che avranno conseguenze negative sull’export europeo e in particolare su quello italiano, come evidenziato dalla ricerca di Unimprese. I tentativi di Meloni di instaurare un rapporto privilegiato con l’amministrazione Trump mirano proprio a tutelare i rapporti commerciali con gli Usa.
Il punto è: contrastare i dazi con una politica UE unitaria o andare ogni Stato in ordine sparso? La presenza di Meloni a Capitol Hill potrebbe essere la prova che il governo italiano ha già deciso la sua linea.
L’introduzione di dazi commerciali sui prodotti di importazione europea per tutelare l’industria e l’economia statunitense è un tema che desta grande preoccupazione a Bruxelles. Gli Usa rappresentano il principale mercato per l’export europeo e l’imposizione di dazi (si parla di una sovrattassa del 20%) determinerebbe un crollo verticale delle esportazioni.
L’Europa sta cercando di correre ai ripari adottando una strategia unitaria. Il Presidente del Ppe Manfred Weber nei giorni scorsi aveva dichiarato che in caso di ‘guerra dei dazi’ l’Europa si farà trovare pronta. Una strategia che Trump sta cercando di boicottare in partenza puntando soprattutto sulla paura dei leader per dividere il fronte unitario. Se Trump dovesse dar seguito alle minacce, l’economia italiana sarebbe tra le più penalizzate in Europa.
Da una recente indagine del Centro Studi di Unimpresa, infatti, emerge che nel 2024 il valore dell’esportazioni italiane negli Stati Uniti è stimata intorno ai 60 miliardi di euro. L’agroalimentare negli ultimi dodici mesi ha esportato negli Usa prodotti per circa 6 milioni di euro. Dal 2000 al 2024 la curva dell’export a stelle e strisce ha avuto una crescita costante che i dazi promessi da Trump potrebbero arrestare.
???????????????????? Export italiano sotto attacco?
— Unimpresa (@unimpresa) January 19, 2025
Le esportazioni verso gli USA hanno toccato i 60 miliardi di euro, ma i dazi proposti da Trump minacciano i rapporti commerciali.
???? leggi qui ????https://t.co/gsT74F6Oji #MadeInItaly #Export #Dazi #Unimpresa #Economia #PMI #Innovazione #USA
Ragione per cui il lavoro della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per costruire un rapporto privilegiato con il nuovo presidente degli Stati Uniti è visto con favore dal presidente di Unimpresa, Giovanni Ferrara che ha dichiarato:
Il presidente Ferrara, lancia l’allarme sulle gravi ripercussioni sulle piccole e medie imprese italiane che più di tutti risentirebbero delle restrizioni imposte dalla politica protezionistica del nuovo presidente americano.
Il tema è quindi che ruolo avrà l’Italia in una eventuale – e probabilmente inevitabile – guerra dei dazi tra Europa e Usa? Giorgia Meloni con un importante lavoro diplomatico è riuscita ad accreditarsi presso l’amministrazione americana come interlocutrice privilegiata per l’Europa mantenendo comunque aperti i canali per eventuali trattative bilaterali volte a tutelare gli affari italiani.
L’Europa intende rispondere alla minaccia commerciale di Trump con una strategia unitaria da contrapporre alla politica protezionistica del nuovo governo americano. L’obiettivo è contrattare con gli Usa con un’unica voce così da avere maggiore peso nelle trattative.
Strategia che il tycoon americano, da esperto imprenditore, punta a scardinare premendo per accordi bilaterali con i singoli stati. Al momento tiene il coltello dalla parte del manico poiché sa di poter fare pressione sul timore dei singoli Stati preoccupati per le ricadute economiche di un’eventuale chiusura dei mercati statunitensi.
È il divide et impera, utilizzato dagli antichi romani per governare un impero vasto e disomogeneo. Uno schema in cui la divisione fa emergere le debolezze e dà a chi è più forte la possibilità di dettare le regole.
L’Italia e Giorgia Meloni da questo punto di vista si trovano davanti a un bivio: tutelare gli interessi nazionali con un accordo bilaterale vantaggioso per il nostro paese o fare fronte comune con l’Ue e andare con molta probabilità allo scontro?
Mentre si attende di conoscere le reali intenzioni di Trump la Presidente del Consiglio con un grande sforzo diplomatico prova a tenere aperte tutte le porte per poi decidere un eventuale cambio di strategia. Nel frattempo oggi dovrebbe avere un breve colloquio con il tycoon proprio sui dazi e da indiscrezioni sembrerebbe che nelle scorse ore la premier abbia sentito Ursula von der Leyen.
La presenza di Giorgia Meloni al giuramento di Donald Trump a Washington sta sollevando molte polemiche. Giorgia Meloni è l’unico Capo di Stato Europeo a essere stato invitato e la sua presenza striderebbe – secondo i più critici – con l’assenza dei leader Ue.
L’accusa è principalmente di opportunità politica: è giusto che il leader di uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea partecipi a un evento da cui l’Europa è stata esclusa? Per molti la Presidente del Consiglio avrebbe dovuto declinare l’invito per manifestare la propria lealtà al progetto Ue e contro i tentativi di Trump di isolare l’Europa.
Critiche che naturalmente non hanno trovato sponda nel centrodestra che, invece, sottolinea l’importanza del ruolo di cerniera di Giorgia Meloni, tra Usa e UE.
Il Presidente #Meloni sarà l’unico capo di governo d’Europa presente alla cerimonia di insediamento del Presidente #Trump, a conferma del ruolo di ponte tra Stati Uniti ed Ue che rivestirà l’Italia.
— Fratelli d'Italia ???????? (@FratellidItalia) January 20, 2025
Un rapporto privilegiato che restituisce centralità alla nostra Nazione. pic.twitter.com/jhunSCxbQr
Il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi interviene proprio su questo punto evidenziando come la rete ‘tessuta con sapienza’ da Giorgia Meloni:
Ecco una sintesi del testo in cinque punti principali: