La Procura di Monza ha chiesto il carcere per Stella Boggio, la 33enne accusata dell'omicidio del compagno Marco Magagna, avvenuto tra il 6 e il 7 gennaio scorso a Bovisio Masciago, dove i due convivevano. La donna, attualmente agli arresti domiciliari a casa dei genitori a Limbiate, potrebbe quindi ritrovarsi presto in cella.
A decidere che Stella Boggio meritasse i domiciliari era stato il gip del tribunale di Monza, Marco Formentin, che aveva avallato la tesi secondo cui la sua fosse stata un'azione difensiva, disponendone la scarcerazione da San Vittore, dove era stata portata dopo il fermo. La Procura, diretta da Claudio Gittardi, però, la pensa diversamente.
Secondo la sua ricostruzione, la 33enne, madre di un figlio avuto da una precedente relazione, si sarebbe macchiata di omicidio volontario con dolo eventuale, reato che si configura qualora l'autore metta in conto, nel momento dell'azione, l'evento criminoso, in questo caso l'omicidio.
In altre parole, secondo l'accusa, quando colpì il compagno con un coltello nella loro casa di Bovisio Masciago, tra il 6 e il 7 gennaio scorso, Boggio era consapevole che l'uomo, 38 anni, potesse morire, anche per le modalità con cui sferrò il colpo. Da qui la richiesta che torni carcere. A riportarlo è Il Corriere della Sera.
Quella sera Boggio era appena rincasata dopo aver riaccompagnato un'amica che avevano ospitato per cena. Magagna, durante la sua assenza, le avrebbe inviato dei messaggi vocali aggressivi, in cui la insultava, senza però accennare a minacce.
Sembra che l'uomo volesse porre fine alla loro relazione, che negli ultimi tempi era tutt'altro che serena (i vicini hanno parlato di continui litigi). Al suo rientro, Boggio avrebbe quindi cercato un confronto. Durante la lite, secondo la sua versione, Magagna l'avrebbe spinta, facendola cadere a terra.
A quel punto, si sarebbe munita di un coltello, afferrandolo "come un pugnale" e colpendo il compagno al cuore. Agli inquirenti ha raccontato di essere stata vittima di maltrattamenti e che, quando agì, voleva solo difendersi.
Avrebbe però anche ammesso - come avevano raccontato ai giornalisti gli amici del 38enne, accusandola di essere una "bugiarda" e una "gelosa" patologica - che "aveva già ferito Marco a una mano con un coltello". Circostanza che, insieme alla dinamica dei fatti, secondo la Procura andrebbe presa in considerazione.
A confermare o smentire quanto dichiarato dalla 33enne e dagli altri testimoni, facendo luce sulla verità, saranno gli esiti dell'autopsia eseguita sul corpo di Magagna. Ieri, 17 gennaio 2025, centinaia di persone, intanto, hanno salutato per l'ultima volta la vittima nella chiesa parrocchiale di Maria Aiuto dei Cristiani di Arese, in occasione dei funerali.
"Abbiamo tante domande nel nostro cuore a cui solo il tempo darà una risposta", ha detto il parroco, don Davide Perego, durante l'omelia, ricordando il 38enne come "una persona solare e buona". "Nessuno muore, finché vive nel cuore di chi resta", recitava uno striscione affisso all'ingresso, accompagnato da una foto della vittima.
Oltre ai familiari, ai genitori e al fratello, c'erano anche tanti suoi colleghi di lavoro, conoscenti e amici. "Eri sempre brillante, affabile e buono", ha detto uno di loro al termine delle celebrazioni, prima che il feretro fosse portato fuori, accolto da un lungo e commosso applauso della folla. Nessuno, tra i membri della comunità locale, riesce a capacitarsi dell'accaduto.