Sono trascorsi due mesi dalla scomparsa di Alberto Trentini, avvenuta il 15 novembre 2024, in Venezuela. Da quel giorno, nessuno dei suoi familiari ha avuto più notizie.
Cooperante italiano e da sempre impegnato nel sociale, quel giorno era stato fermato dalle autorità venezuelane mentre si trovava in missione con l'ONG Humanity e Inclusion, con l'obiettivo di fornire aiuti umanitari a persone affette da disabilità.
L'uomo era in viaggio per conto dell'ente non governativo da Caracas a Guasdalito, quando era stato fermato a un posto di blocco, insieme all'autista con cui condivideva il tragitto.
Secondo quanto riferito dall'avvocato dei parenti, Alessandra Ballerini, sui social network, a seguito del fermo Alberto sarebbe stato trasferito presumibilmente a Caracas e, ad oggi, detenuto all'interno di una struttura circondariale, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione.
Come sottolineato dal legale della famiglia Trentini, Alessandra Ballarini, nessuna comunicazione è pervenuta da parte delle autorità venezuelane e italiane a più di 60 giorni dall'accaduto.
Il 45enne deve seguire una specifica terapia farmacologica, ma non ha con sé le medicine necessarie né beni di prima necessità.
Dal giorno del suo arresto nessuno è riuscito a vederlo o parlargli, nonostante la mediazione di un ambasciatore e i numerosi tentativi compiuti.
I familiari di Alberto sono estremamente preoccupati per le sue sorti e, sin dal primo giorno di arresto, chiedono invano di poter comunicare con lui.
I parenti chiedono pubblicamente di essere rasserenati sullo stato di salute di Trentini e reclamano il rispetto dei suoi diritti fondamentali, auspicando un rapido rientro in Italia.
Le loro parole, fino ad ora, sono rimaste totalmente inascoltate, e la sorte dell'uomo resta ignota.
I genitori dell'attivista sollecitano l'impegno del Governo per intraprendere tutti gli sforzi diplomatici necessari, avviando un dialogo costruttivo con le istituzioni venezuelane, al fine di garantire l'incolumità di Alberto e favorirne il ritorno in patria.
I coniugi ritengono inaccettabile la privazione della libertà dei diritti fondamentali del proprio figlio, così come di altri italiani presenti all'estero per motivi di lavoro o turismo, senza poter contare su una tutela effettiva da parte dello Stato.
È indispensabile un intervento tempestivo da parte del Presidente del Consiglio e dei Ministri competenti, affinché si adoperino con lo stesso impegno e dedizione già dimostrati nel caso della reporter Cecilia Sala.
La 29 enne, recatasi in Iran a dicembre, era stata arrestata con l'accusa di violazione della legge islamica ed è recentemente rientrata in Italia.
La detenzione della giornalista è durata quasi 20 giorni all'interno del carcere di Evin, a Teheran, noto ai più per aver ospitato numerosi oppositori del regime iraniano.
Online è disponibile il documento della CIDH (Commissione Interamericana dei Diritti Umani) riguardante Alberto Trentini.
La risoluzione è stata emessa il 12 gennaio 2025 in seguito a una richiesta di misure cautelari da parte di rappresentanti legali e familiari, che denunciano gravi violazioni dei suoi diritti fondamentali.
Il CIDH ha sottolineato che la decisione si basa sul principio d'urgenza, gravità e rischio di danno irreparabile, stabilito dall'articolo 25 della sua regolamentazione.
Nell'atto vengono evidenziate le condizioni di detenzione precarie, che includono mancanza di accesso all'acqua potabile, di cibo adeguato e delle cure mediche necessarie per chi soffre problemi di salute pregressi.
Inoltre, viene specificato in breve il contesto politico del Venezuale, caratterizzato da tensioni interne e accuse di violazioni sistematiche dei diritti umani.
La commissione ha agito vista l'urgenza e la gravità della situazione, ma il Venezuela non ha fornito risposte alla richiesta.