14 Jan, 2025 - 17:40

Omicidio Modena, l’ex pres. Camere Penali: “Sentenze vanno lette. Giudici hanno fatto loro dovere”

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Omicidio Modena, l’ex pres. Camere Penali: “Sentenze vanno lette. Giudici hanno fatto loro dovere”

Prosegue il dibattito sulla sentenza con cui la Corte d’Assise di Modena ha condannato Salvatore Montefusco a trent’anni di carcere per il duplice omicidio di Gabriela e Renata Trandafir. Le due donne, rispettivamente madre e figlia, furono fucilate in casa dall’uomo nel giugno 2022, davanti al figlio minore della coppia.

Le polemiche di queste ore si concentrano sulla mancata condanna all’ergastolo, richiesto dall’accusa, e sulle motivazioni con cui i giudici hanno concesso le attenuanti generiche all'imputato. La Corte ha infatti riconosciuto la “comprensibilità umana” dei motivi che avrebbero spinto Montefusco a commettere il reato.

Omicidio di Modena, scoppia la polemica sulla sentenza

Nel ricostruire il complesso e doloroso contesto in cui è maturato il duplice omicidio, i giudici hanno evidenziato lo stato psicologico di profondo disagio, umiliazione e frustrazione in cui versava Montefusco a causa del clima familiare fortemente conflittuale. Proprio tale condizione, secondo quanto riportato nella sentenza, avrebbe “plausibilmente” determinato un black-out emozionale nell'uomo, poi culminato nel delitto.

Le motivazioni depositate dai giudici di Modena, riportate su tutti i quotidiani, hanno subito acceso il dibattito politico. Numerosi esponenti dell’arco parlamentare, da destra a sinistra, hanno espresso sdegno per una decisione che, secondo la ministra Roccella, rischia di segnare un passo indietro nella lunga battaglia contro i femminicidi e la violenza maschile sulle donne.

L'ex presidente UCPI: “Su sentenze serve cautela”

Se le parole dei giudici di Modena, riportate dai quotidiani, hanno comprensibilmente suscitato un forte impatto emotivo nell’opinione pubblica, è comunque necessario riflettere con cautela sulle motivazioni della sentenza, evitando di basarsi su poche frasi estrapolate dai lanci di agenzia.

Questo, naturalmente, senza sminuire la tragicità dei fatti avvenuti, il dramma della morte di due donne e la piaga sociale rappresentata dai femminicidi e dalla violenza di genere.

A sottolineare proprio la necessità di un’analisi più attenta, a fronte di una vicenda molto complicata, è Gian Domenico Caiazza, avvocato penalista ed ex presidente dell’Unione Camere Penali Italiane. Intervistato da Tag24, Caiazza ha invitato a non giudicare la sentenza senza un adeguato approfondimento, sottolineando la grave pena (30 anni) inflitta all’imputato:

«Quando ieri ho letto i primi lanci di agenzia, anch’io sono rimasto colpito dalle espressioni così dure utilizzate dai giudici. Per questo mi sono incuriosito e ho chiesto ad alcuni colleghi di Modena di poter leggere la sentenza. Ciò che è emerso è che questa tragica storia, come spesso accade nei processi penali, è molto più complessa di quanto si possa intuire».

Omicidio di Modena, nella sentenza il contesto familiare

Sulla base delle motivazioni della sentenza dei giudici di Modena, l’avvocato Caiazza sottolinea come il contesto in cui è maturato l’omicidio fosse caratterizzato da comportamenti abusanti, sia da parte dell’omicida che da parte delle vittime, così come raccontato agli inquirenti dal figlio della coppia:

«Nella famiglia di Cavazzona i comportamenti persecutori e vendicativi erano purtroppo reciprochi, come ha descritto il figlio della coppia, testimone oculare del duplice omicidio. 

Il ragazzo ha raccontato chiaramente agli inquirenti come la mamma e la sorella acquisita esasperassero il padre con continui dispetti. All’uomo veniva impedito di dormire nel proprio letto, di utilizzare i bagni della propria abitazione, di muoversi liberamente nella propria casa le cui camere venivano chiuse a chiave. Gli veniva impedito persino di orinare nel water. Referti medici riferiscono delle lesioni riportate da Montefusco in conseguenza di aggressioni fisiche».

Omicidio Modena, fatti non giustificano ma chiariscono

Una descrizione dei fatti e dei contenuti della sentenza che non serve a giustificare l’uomo, unico responsabile del brutale duplice omicidio, ma a chiarire il contesto entro il quale è maturata l’espressione utilizzata dal giudice, oggi al centro della polemica:

«Salvatore Montefusco è un uomo violento che ha ucciso due donne. Per questo, la Corte lo ha condannato a trent’anni di reclusione. Per onestà intellettuale, tuttavia, la stessa Corte ha riconosciuto il contesto in cui è maturata la tragedia e ha concesso le attenuanti generiche perché l’imputato si è costituito. 

I giudici, nel lungo processo celebrato, non hanno pertanto riconosciuto alcuna giustificazione per l’uomo. Ribadiamo: Montefusco è stato giustamente condannato, non assolto. Eppure la stampa e i media stanno raccontando la vicenda come se vi fosse stata assoluzione».

La sentenza di Modena e quella di Torino

Il punto, secondo l’ex Presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, è che l’accanimento mediatico di queste ore sembra ignorare la complessità dei procedimenti penali e del lavoro dei giudici, chiamati a giudicare situazioni umane spesso difficili e incomprensibili. Basti pensare, ad esempio, alla vicenda giudiziaria che ieri a Torino ha portato all’assoluzione di Alex Cotoia:

«Le ragioni per cui si commettono gli atti più gravi e deprecabili – da censurare e condannare – possono essere le più diverse.

C’è una coincidenza che può aiutarci a comprendere meglio questo principio. Ieri a Torino è stata pronunciata la sentenza di appello bis per Alex Cotoia, assolto per l’uccisione del padre violento. La decisione dei giudici è stata, comprensibilmente e giustamente, ben accolta da stampa e media. Questo nonostante il delitto sia stato compiuto con 34 coltellate inflitte con 6 diversi coltelli».

30 anni a Montefusco per il doppio omicidio

In conclusione, secondo l'avvocato Caiazza, la semplificazione della sentenza di Modena e la condanna unanime espressa dal mondo politico rischiano di oscurare il peso di una decisione severa, presa a conclusione di lungo e delicato processo: 

«Dubito che l’Ansa abbia potuto visionare la sentenza per intero, come invece ho potuto fare io. Altrimenti mi chiedo come si sarebbe potuto ignorare il racconto delle tragiche vicende familiari emerse nel processo.

La storia di Cavazzona di Castelfranco Emilia è terribile e forse, per le sue caratteristiche, non rientra neanche nella casistica dei femminicidi, intesi non come omicidi di donne ma come omicidi di donne per ragioni legate al genere. Ma non è questo il punto.

Salvatore Montefusco è stato condannato a trent’anni di reclusione. Ha 70 anni, finirà la sua vita in carcere. I giudici non lo hanno giustificato. Ecco perché i giudizi feroci di queste ore, le richieste di ispezioni e linciaggi basati su una agenzia stampa non solo non servono a nulla, ma sono davvero preoccupanti».

L'articolo in cinque punti

  • Duplice omicidio e sentenza: La Corte d’Assise di Modena ha condannato Salvatore Montefusco a trent’anni di carcere per l’omicidio della moglie e della figlia acquisita, avvenuto nel giugno 2022.
  • Polemiche sulla decisione: Le attenuanti concesse dai giudici e la mancata comminazione dell’ergastolo hanno suscitato un acceso dibattito politico e mediatico.
  • Le parole dell’avv. Caiazza: L’avvocato Caiazza ha invitato a un’analisi prudente della sentenza, sottolineando la complessità della vicenda e la severità della condanna inflitta.
  • Contesto familiare complesso: Il contesto in cui è maturato il delitto, secondo quanto emerso nel processo, era caratterizzato da comportamenti abusanti reciproci tra l’omicida e le vittime.
  • Critica alla semplificazione mediatica: Caiazza ha criticato la semplificazione mediatica del caso, ribadendo che Montefusco è stato condannato, non assolto, e che il giudizio va espresso solo dopo aver letto integralmente la sentenza.

 

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Federica Palladini
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