Nel dibattito internazionale sulle relazioni tra Iran e Occidente, emerge con forza la voce di Hana Namdari, attivista iraniana, intervenuta a Greenwich su Radio Cusano Campus, che denuncia con fermezza le strategie del regime iraniano e l’atteggiamento passivo della comunità internazionale. La questione del rilascio di Cecilia Sala e la sorte di Mohammed Abedini hanno riacceso il dibattito sul ruolo dell’Iran nelle dinamiche politiche globali e sulle trattative che avvengono nell’ombra.
Secondo Namdari, il modus operandi del regime iraniano non è una novità. “Dal giorno dopo la rivoluzione del 1979, il regime iraniano ha usato l’arresto di funzionari e cittadini stranieri come pedine di scambio. È un gioco sporco che continua tutt’ora,” afferma l’attivista. Nonostante la gioia per il rilascio di Cecilia Sala, Namdari sottolinea l’importanza di un approccio più deciso da parte della comunità internazionale. “Il mondo deve adottare un atteggiamento più duro nei confronti dell’Iran. Questi episodi sono una grande delusione per i cittadini iraniani, che da decenni cercano di far sentire la loro voce.”
La liberazione della giornalista Cecilia Sala e il destino dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini sollevano interrogativi sul ruolo delle trattative internazionali. “È innegabile che ci sia stata una trattativa. Non è stato dato agli Stati Uniti il tempo necessario per fornire prove sull’arresto di Abedini. Perché?” si chiede Namdari. “Questo è un messaggio di minaccia da parte dell’Iran, ed è rivolto a noi attivisti che denunciamo la loro volontà di sopprimere il dissenso.”
Secondo l’attivista, la repubblica islamica esercita una pressione capillare anche all’estero. Il silenzio stampa richiesto dai genitori di Cecilia Sala per timore di ritorsioni è, secondo Namdari, un chiaro esempio del controllo che il regime esercita oltre i propri confini. “L’Iran riesce a violare la libertà di altri cittadini anche fuori dai propri confini. È un fatto che riguarda tutto il mondo e non possiamo permetterlo.”
Namdari invoca una risposta compatta dall’Occidente, paragonando la situazione iraniana alla reazione del blocco occidentale di fronte all’invasione russa in Ucraina. “È necessaria un’azione univoca. L’Iran ha già mostrato la sua natura nelle dinamiche mediorientali: è una minaccia che deve essere eliminata.”
L’attivista denuncia inoltre il prezzo personale pagato per la sua libertà. “Sono una giornalista, ma non posso tornare in Iran. Ho rinunciato alla mia casa, alla mia terra, e persino a stare accanto a mia madre dopo un’operazione al cuore. Tutto questo per avere libertà.”
Namdari si interroga anche sul visto concesso a Cecilia Sala e sul coraggio dimostrato dalla giornalista nel parlare contro il regime. Tuttavia, critica l’idea di un riformismo possibile all’interno della Repubblica islamica. “Non c’è riformismo. La rivoluzione in Iran ci sarà, ma sarà totale e radicale.”
La speranza di Hana Namdari è che il mondo possa finalmente vedere l’Iran sotto una nuova luce. “L’Italia non può affrontare tutto da sola. Serve un’alleanza tra i paesi occidentali per combattere la minaccia iraniana. Spero che un giorno il mondo possa conoscere la bellezza del mio paese, l’Iran che amo.”
Le parole di Namdari sono un monito per la comunità internazionale a non ignorare le minacce del regime iraniano e a sostenere con forza le aspirazioni di libertà e giustizia del popolo iraniano.