Gli scontri di piazza che hanno infiammato le città di Roma, Bologna e Milano a seguito delle manifestazioni in ricordo di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano morto a Milano durante un inseguimento con la polizia, hanno oscurato le ragioni originarie della protesta.

La richiesta di verità sulla morte del giovane è stata rapidamente surclassata dagli episodi di guerriglia urbana, con gravi danni e numerosi feriti. Le reazioni politiche a questi eventi sono state forti e contrastanti, portando a un dibattito acceso sul futuro della sicurezza in Italia.

Mentre la condanna per le violenze è stata unanime, la discussione su come affrontare la questione della sicurezza pubblica ha diviso maggioranza e opposizione, con la prospettiva di nuove leggi che preoccupano per un possibile accentramento del potere e una limitazione delle libertà.

Gli scontri a Roma e Bologna: cos’è successo?

Il giorno dopo le manifestazioni per ricordare Ramy Elgaml, nelle città di Roma, Bologna e Milano si fa la conta dei danni e dei feriti.

La cronaca di una giornata di violenza e caos racconta di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, con atti di vandalismo e aggressioni.

Gli episodi più gravi si sono verificati a Roma e Bologna. Nella Capitale, la serata di sabato 10 gennaio, si è conclusa con 8 agenti feriti. Il bilancio avrebbe potuto essere ancor più drammatico, considerando che durante i tafferugli sono state lanciate bombe carta e fumogeni contro i mezzi delle forze dell’ordine.

A Bologna, invece, sono stati vandalizzati edifici storici, tra cui la sinagoga, e diverse zone della città sono state devastate, con dehors distrutti, cassonetti rovesciati e incendiati. Dieci agenti sono rimasti feriti negli scontri e due manifestanti sono stati denunciati.

In risposta agli episodi di violenza, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha dichiarato:

“La legittima richiesta di chiarezza rispetto a una vicenda tragica come quella del giovane ragazzo morto a Milano non ha nulla a che fare con la violenza e con parole come ‘vendetta’”.

Il primo cittadino romano si riferiva agli striscioni apparsi durante la manifestazione nel quartiere San Lorenzo, recanti le scritte: “Vendetta per Ramy. La polizia uccide.”

Ramy, le ragioni della protesta silenziate dalla violenza

Gli scontri di piazza a Roma e Bologna hanno suscitato un’ondata di indignazione, che ha finito per silenziare le ragioni alla base della protesta, ovvero, la richiesta di verità sulla morte di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano che ha perso la vita nel quartiere Corvetto a Milano, dopo essere caduto dallo scooter mentre tentava di sfuggire a un controllo della polizia.

Un inseguimento conclusosi con il più tragico degli epiloghi, e su cui è stata aperta un’inchiesta da parte della Procura di Milano per fare luce sulla dinamica dell’incidente e chiarire le responsabilità delle persone coinvolte.

Tuttavia, la richiesta di verità per la morte del giovane è stata rapidamente messa in secondo piano dagli scontri e dalla violenza andati in scena nelle piazze di Roma e Bologna.

La famiglia di Ramy ha preso ancora una volta le distanze dagli scontri e ha fatto sapere tramite il proprio avvocato di condannare fermamente ogni forma di violenza, chiedendo che la figura del ragazzo non “venga strumentalizzata per fini che non hanno nulla a che fare con la richiesta di verità e giustizia”. La famiglia ha inoltre ribadito di aver “riposto massima fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine”.

Ddl Sicurezza: in arrivo una nuova stretta?

Gli episodi violenti delle ultime ore hanno riaperto il dibattito, mai davvero concluso, sulla possibilità di un’ulteriore stretta sulla sicurezza. La discussione, infatti, ha riacceso il confronto tra le diverse forze politiche sulla necessità di adottare misure più severe.

All’interno del Governo, molti ritengono urgente accelerare l’approvazione del controverso Ddl Sicurezza, atteso al Senato nelle prossime settimane per il via libera definitivo. In questo contesto, si parla anche di interventi legislativi straordinari a tutela degli agenti di polizia.

Striscione al centro delle polemiche

Questo tema alimenta uno scontro acceso tra maggioranza e opposizione. Oggi, infatti, tutte le forze politiche sembrano unite nel condannare fermamente le violenze e le aggressioni ai danni delle forze dell’ordine, ma sono profondamente divise sulle misure da adottare in materia di sicurezza e sul bilanciamento con il diritto di manifestare liberamente.

Il sottosegretario leghista all’Interno, Nicola Molteni, ha sollecitato l’approvazione immediata del Ddl Sicurezza, definendolo essenziale per “garantire maggiori tutele alle donne e agli uomini in divisa”.

Il Ddl Sicurezza (Ddl 1660) è stato già approvato in prima lettura alla Camera a settembre 2024, ma continua a sollevare polemiche in vista dell’approvazione al Senato, in particolare dal centrosinistra, che lo considera liberticida e repressivo. Negli ultimi mesi, il disegno di legge è stato al centro di numerose manifestazioni di protesta.

Anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha sottolineato l’urgenza di nuove misure legislative a protezione degli agenti.

“Dobbiamo immaginare interventi legislativi che tutelino ancor di più le nostre forze dell’ordine nello svolgimento del loro lavoro. Così come è in tutte le nazioni democratiche”.

Ha scritto in un post su X.

Tuttavia, c’è un timore crescente che le violenze di piazza possano essere utilizzate dal Governo come pretesto per introdurre “leggi repressive”. A esprimere questa preoccupazione è stato Angelo Bonelli, leader di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), che ha dichiarato:

“Condanniamo con fermezza gli episodi di violenza avvenuti ieri sera a Roma contro le forze dell’ordine. Il governo non approvi nuove leggi repressive che trasformerebbero il nostro Paese in uno stato di polizia”.

La questione della sicurezza si intreccia, dunque, con il delicato equilibrio tra protezione dell’ordine pubblico e salvaguardia delle libertà individuali, mettendo a nudo le divisioni politiche e le preoccupazioni di chi teme un inasprimento delle misure.

La condanna bipartisan della politica

Il giorno dopo gli scontri l’indignazione è bipartisan, così come la solidarietà alle forze dell’ordine, che sorprendentemente riesce a unire centrodestra e centrosinistra, dopo mesi di disaccordi su quasi ogni tema.

A dare il via al flusso di interventi è stata la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che, riprendendo le parole di condanna espresse il giorno prima dal Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, ha scritto sul suo profilo X (ex Twitter):

“Non si può utilizzare una tragedia per legittimare la violenza. Alle Forze dell’Ordine va la nostra solidarietà”.

Parole di condanna sono arrivate anche dal Presidente del Senato, Ignazio La Russa. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha auspicato la chiusura dei centri sociali.

Dura condanna è arrivata anche dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè di Forza Italia. Il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, ha denunciato i rischi di alimentare un clima di odio e ha auspicato una condanna unanime.

In mattinata è arrivato anche il commento del vicepremier Matteo Salvini, che non ha rinunciato a polemizzare con la sinistra. Su social ha attaccato i “criminali rossi”:

“Criminali rossi assaltano le Forze dell’Ordine a Roma e vandalizzano la sinagoga di Bologna. Scene indegne e vergognose. Sempre dalla parte di donne e uomini in divisa!”

Il centrosinistra si è unito nella condanna degli scontri e delle violenze, manifestando solidarietà alle forze dell’ordine. La senatrice di Avs, Ilaria Cucchi, ha scritto:

“Ritengo sciacalli e criminali coloro che usano la violenza, di qualsiasi tipo sia, approfittando della immane tragedia che ha distrutto quella famiglia. Tutta la mia solidarietà agli agenti feriti”.

La coordinatrice nazionale di Italia Viva, Raffaella Paita, ha espresso il messaggio di condanna delle violenze e della solidarietà alle forze dell’ordine del suo partito.

“La violenza va respinta, noi siamo con le forze dell’ordine senza se e senza ma”, è stato il commento del leader di Azione, Carlo Calenda.

Parole di condanna sono state espresse anche da diversi esponenti del Partito Democratico.

Gli scontri in piazza per Ramy e il dibattito politico in sintesi

I cinque punti salienti del dibattito politico sugli scontri a Roma e Bologna durante le manifestazioni in ricordo di Ramy ElgamI:

  1. Gli scontri e la protesta: Le manifestazioni in ricordo di Ramy Elgaml, il giovane egiziano morto durante un inseguimento con la polizia a Milano, hanno portato a violenti scontri nelle piazze di Roma, Bologna e Milano, con gravi danni e feriti.
  2. La violenza che sovrasta la richiesta di verità: Le violenze commesse da alcuni manifestanti hanno distolto l’attenzione dalla legittima richiesta di verità per la morte di Ramy, suscitando l’indignazione e la condanna della politica.
  3. Le reazioni politiche: Le reazioni politiche agli scontri sono state forti e contrastanti. Se da una parte c’è stata una condanna unanime della violenza, dall’altra si è aperto un dibattito sul rafforzamento della sicurezza pubblica, con divisioni tra maggioranza e opposizione.
  4. La posizione della famiglia di Ramy: La famiglia di Ramy ha preso le distanze dagli scontri, condannando fermamente ogni forma di violenza e ribadendo la fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine.
  5. Il dibattito sulla sicurezza: Gli scontri hanno riaperto il dibattito sul Ddl Sicurezza, con il Governo che spinge per misure più severe per proteggere le forze dell’ordine, mentre l’opposizione teme che tali leggi possano limitare le libertà individuali e trasformare l’Italia in uno “stato di polizia”.