Mentre proseguono i negoziati per un cessate il fuoco tra Israele e Hamas, cresce un cauto ottimismo sulla possibilità di una tregua a Gaza. La nuova serie di colloqui è iniziata all’inizio di gennaio, in Qatar, e coinvolge rappresentanti delle parti in conflitto e mediatori. Le discussioni si concentrano su un possibile accordo che includa il rilascio di ostaggi e un cessate il fuoco graduale.
Dopo numerosi tentativi fatti per raggiungere un accordo, le ultime trattative sembrano indicare un andamento positivo. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha inviato alti funzionari per partecipare ai negoziati in Qatar, tra cui il capo del Mossad e quello dello Shin Bet. Questa mossa è stata interpretata diffusamente come il desiderio di esplorare una soluzione che possa garantire un accordo.
Cessate il fuoco a Gaza: le dinamiche dei negoziati in corso
La guerra nella Striscia di Gaza si protrae da oltre 15 mesi. In questo lungo periodo, solo nelle prime settimane di combattimento è stato dichiarato un breve cessate il fuoco. Nel 2024, nonostante i ripetuti tentativi di mediazione da parte di Stati Uniti, Egitto e Qatar, gli sforzi diplomatici non sono riusciti a portare ad una tregua duratura, lasciando la regione in uno stato di continua instabilità e sofferenza umanitaria.
Gli Stati Uniti continuano a esercitare pressioni su entrambe le parti per raggiungere rapidamente un accordo. Il 20 gennaio, Joe Biden lascerà la Casa Bianca per far posto all’insediamento di Donald Trump, e un accordo di tregua a Gaza rappresenta uno degli ultimi obiettivi di politica estera dell’amministrazione Biden.
L’ultima serie di negoziati ha scatenato ottimismo tra i mediatori. Anche se Washington aveva espresso ottimismo anche nel mese di agosto, l’ultima mossa di Tel Aviv è stata interpretata come un passo avanti per un accordo. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato la partecipazione del capo del Mossad, il capo dello Shin Bet e altri consiglieri militari e politici ai negoziati in Qatar. Questo annuncio ha alimentato le speranze di un possibile raggiungimento di un accordo, dando nuova linfa agli sforzi diplomatici per porre fine alle ostilità nella regione.
La fase finale dei colloqui
I media arabi, citando fonti di Hamas, riportano che “il 90 per cento dei dettagli” dell’accordo è stato concordato, ma restano punti critici da risolvere. L’intesa prevedrebbe un cessate il fuoco graduale e il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi da parte di Israele.
Le divergenze principali riguardano il completo ritiro delle truppe israeliane dalla maggior parte della Striscia di Gaza, come richiesto da Hamas. La presenza israeliana lungo il corridoio di Filadelfia, al confine tra Gaza ed Egitto, e il valico di Rafah rappresentano altri punti chiave. Già nell’agosto 2024, il futuro del corridoio di Filadelfia aveva creato divisioni significative.
Tra le promesse considerate nei negoziati figura anche il ritorno degli sfollati di Gaza. Il cauto ottimismo è alimentato da segnali chiari di progressi, ma la data di attuazione e i dettagli finali saranno comunicati in una conferenza stampa attesa nei prossimi giorni.
Le pressioni politiche su Netanyahu
Nonostante Benjamin Netanyahu abbia precedentemente dichiarato che avrebbe continuato l’offensiva fino alla distruzione completa di Hamas, il ritorno a casa degli ostaggi ha assunto una forte connotazione politica. Da mesi, proseguono le manifestazioni settimanali dei familiari degli ostaggi e dei loro sostenitori. Molti manifestanti chiedono al governo di raggiungere un accordo per il rilascio. Accusano inoltre, il premier di anteporre il proprio interesse e la sua sopravvivenza politica e chiedono le sue dimissioni per andare a nuove elezioni.
L’11 gennaio Netanyahu ha incontrato Steve Witkoff, inviato per il Medio Oriente del presidente eletto Donald Trump. Il premier è messo sotto pressione sia dall’amministrazione Biden, prossima alla conclusione, sia da quella entrante, affinché si raggiunga un accordo prima del 20 gennaio. Trump ha già avvertito che “si scatenerà l’inferno” se gli ostaggi non saranno liberati prima della sua cerimonia di insediamento.