Una delle ipotesi che, nei momenti immediatamente successivi alla liberazione di Cecilia Sala, circolava con più insistenza riguardava la possibile pedina di scambio che l’Italia avrebbe offerto all’Iran. Fatta tornare su territorio italiano la giornalista de Il Foglio, restava da decidere in che modo trattare la questione Abedini Najafabadi Mohammad.
L’ingegnere iraniano, detenuto nel carcere di Opera (a Milano), aveva chiesto tramite il suo avvocato gli arresti domiciliari, rifiutati dalla giudice che segue il suo caso per un possibile pericolo di fuga. La questione era poi diventata anche politica, ovviamente, considerato il terzo attore in gioco: gli Stati Uniti, che ne avevano chiesto l’estradizione perché un’azienda legata ad Abedini avrebbe venduto ai Pasdaran componenti utili alla costruzione di droni militari impiegati contro soldati statunitensi.
Oggi 12 gennaio 2025 il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto alla Corte di Appello di Milano la revoca degli arresti per Abedini, la cui estradizione verso gli USA ha quindi subito un brusco stop.
Perché Abedini è stato rilasciato?
Chiedersi perché nella giornata odierna il Ministero della Giustizia abbia chiesto che l’ingegnere iraniano Abedini Najafabadi Mohammad non sia più estradato negli Stati Uniti è una domanda certamente interessante, ma la cui risposta non è possibile stabilire con certezza.
Una prima ipotesi è che il regime iraniano, che non ha mai dettagliato le accuse delle quali si sarebbe macchiata Cecilia Sala durante la sua permanenza in Iran prima dell’arresto, abbia visto soddisfatte alcune richieste che i rispettivi apparati diplomatici avevano messo sul tavolo in quei giorni concitati.
La più importante potrebbe esser stata il non vedere Abedini estradato negli USA, facendo leva anche sui buon uffici che l’Italia si è costruita nel tempo come mediatrice nella regione.
Era altresì chiaro a tutti che la detenzione nel carcere di Opera di Abedini non fosse ormai più soltanto una questione giuridica, ma soprattutto politica. Del resto, proprio la premier Giorgia Meloni si era sentita in dovere di incontrare personalmente Donald Trump, che il 20 gennaio ritornerà alla Casa Bianca come presidente in carica.
Sia il ministro degli Esteri Antonio Tajani che quello della Giustizia Carlo Nordio si sono trovati così scavalcati e hanno dovuto in un certo senso rincorrere gli eventi. Se il primo non è uscito bene dal caso Sala (anche perché aveva assicurato sulle condizioni di detenzione della giornalista, cosa poi smentita poco dopo), Nordio aveva la possibilità di ricorrere all’articolo 718 del Codice di procedura penale.
Ed è probabile quindi che sia accaduto proprio questo: Nordio ha chiesto la revoca dell’arresto di Abedini, impedendo quindi la sua estradizione. A darne notizia una nota diffusa dal Ministero della Giustizia:
Il ministro Nordio ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedininajafabadi Mohammad. In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo della Repubblica italiana possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente.
Una parte decisamente interessante della nota riguarda non soltanto il fatto che i reati contestati ad Abedini avrebbero dovuto trovare un corrispettivo nel codice penale italiano, ma anche che nelle mani del ministro della Giustizia non sarebbero arrivati elementi che suffragassero le accuse mosse dagli Stati Uniti:
Quanto alla seconda e terza condotta, rispettivamente di “associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte” e di “fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte”, nessun elemento risulta ad oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari.
Tajani: “Sala e Abedini non sono casi connessi”
Viene così a cadere un refrain che molti esponenti di governo avevano ripetuto nei giorni scorsi, prima della liberazione di Sala: che il suo caso non fosse legato in alcun modo a quello di Abedini, fermato il 16 dicembre all’aeroporto Malpensa di Milano. Ne era convinto Tajani, che da ministro degli Esteri ha seguito inizialmente la vicenda per poi essere “scavalcato” – come accennato – da Meloni e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.
Il ritorno in Italia di Sala, applaudito da tutte le forze politiche e accolto naturalmente con forte sollievo dalla famiglia della giornalista, è un successo diplomatico del quale il governo può fregiarsi. Probabilmente tutti i dettagli della vicenda non verranno resi pubblici se non dopo molto tempo, ma è innegabile che la decisione di Meloni di prendere in mano il dossier abbia impresso una svolta decisiva.
Forse ha giocato anche un ruolo importante l’interesse che a Washington è nato intorno al contenuto della valigia sequestrata ad Abedini, contenente elementi di potenziale interesse per gli apparati di sicurezza statunitense.
Cosa succederà ora?
Nordio ha applicato, oggi, una delle prerogative del codice di procedura penale, quella di applicare o la revoca di una misura cautelare. Questa decisione ha superato quello che era il precedente calendario stabilito dalla Corte d’Appello di Milano.
Il 15 gennaio Abedini avrebbe dovuto rilasciare una dichiarazione in aula a Milano per chiedere ancora una volta i domiciliari in Italia e la possibilità di poter avere vicino la sua famiglia. Il futuro dell’ingegnere è quindi ancora tutto da stabilire, anche se la paura di arrivare negli USA in arresto è venuta me.no
I tre punti salienti dell’articolo
- Rilascio di Abedini e decisione politica: l’Italia ha deciso di non estradare l’ingegnere iraniano Abedini negli Stati Uniti, nonostante le accuse di supporto a organizzazioni terroristiche. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto la revoca degli arresti, motivando la decisione con la mancanza di elementi sufficienti per giustificare l’estradizione.
- Il caso Sala e le trattative diplomatiche: la liberazione della giornalista Cecilia Sala, dopo il suo arresto in Iran, ha probabilmente influito sulla decisione di non procedere con l’estradizione di Abedini. Il governo italiano, in particolare la premier Meloni, ha preso in mano la situazione diplomatica, trovando un accordo che potrebbe aver coinvolto anche il regime iraniano.
- La reazione del governo italiano: il ministro degli Esteri Antonio Tajani e altri esponenti del governo avevano inizialmente minimizzato i legami tra i casi di Sala e Abedini, ma la situazione ha evoluto rapidamente con la richiesta di Nordio, che ha agito secondo il codice di procedura penale italiano per evitare l’estradizione.