Continua lo scontro nel centrodestra di governo sulla gestione della Riforma dell’Autonomia Differenziata, divenuta un caso negli ultimi mesi dopo la ‘bocciatura’ della Consulta.
L’esecutivo ha deciso di non opporsi al Referendum sull’Autonomia Differenziata dinanzi alla Corte Costituzionale, che tra una settimana dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità dei sei quesiti referendari, tra cui quello relativo all’abrogazione della tanto discussa Legge Calderoli (Legge 86/2024).
Una decisione che non è piaciuta alla Lega e che inevitabilmente acuirà le tensioni nel centrodestra. Si tratta del secondo boccone amaro per il partito del vicepremier Matteo Salvini in poche ore, dopo la decisione del Consiglio dei Ministri di opporsi alla legge della Regione Campania che permetterebbe un terzo mandato al governatore Vincenzo De Luca. Un provvedimento che, di fatto, ha bloccato le speranze della Lega di vedere una ricandidatura di Luca Zaia in Veneto.
Per mesi, Giorgia Meloni aveva cercato di trovare un equilibrio che consentisse di mantenere buoni rapporti con l’alleato Salvini, ma alla fine ha deciso di rompere gli indugi e imporre la sua linea, condivisa anche da Forza Italia, su autonomia e vincolo di mandato per i presidenti di regione.
Ma perché, dopo aver approvato la legge, il Governo ha lasciato la Lega da sola nella battaglia per l’Autonomia Differenziata? E soprattutto, quale sarà la reazione del partito di Salvini?
Referendum Autonomia, cosa ha deciso il Governo?
Il 20 gennaio prossimo, la Corte Costituzionale si riunirà per esaminare l’ammissibilità del referendum sull’abrogazione della Legge 86/2024, che introduce l’Autonomia Differenziata per le regioni a statuto ordinario nell’ordinamento italiano.
Fonti di Palazzo Chigi confermano che il Governo non presenterà alcuna memoria a sostegno dell’incostituzionalità del quesito referendario, nonostante il parere contrario espresso dal Ministro Roberto Calderoli, principale promotore della riforma. L’esecutivo ha scelto di adottare una posizione neutrale sulla questione, lasciando alla Corte Costituzionale la decisione finale riguardo a questo e agli altri quesiti referendari, tra cui quelli sulla cittadinanza e sul Jobs Act.
La posizione del Governo riguardo alla riforma, simbolo della Lega, non sorprende più di tanto. Nei mesi scorsi, Giorgia Meloni e Antonio Tajani avevano già inviato messaggi chiari al loro alleato Matteo Salvini: dopo la sentenza della Corte del 14 novembre, che aveva bocciato gran parte della riforma, era emersa la necessità di rallentare il processo e riflettere su eventuali miglioramenti legislativi.
La riforma dell’Autonomia Differenziata, insieme alla separazione delle carriere e al Premierato, fa parte del Patto di Governo. Tuttavia, è stata approvata con qualche riserva da Forza Italia e Fratelli d’Italia, che sono consapevoli delle possibili ripercussioni sugli elettori delle regioni meridionali
La Lega difende la riforma e avverte il Governo
Cresce il malumore in casa Lega che ribadisce l’intenzione di difendere fino alla fine l’Autonomia Differenziata anche a costo di compromettere la stabilità dell’esecutivo. Al momento non ci sono stati veri e propri strappi, ma dai territori i presidenti del Veneto e della Lombardia, Luca Zaia e Attilio Fontana hanno confermato di partecipare all’udienza del 20 gennaio in Corte Costituzionale per difendere la riforma ‘sconfessata’ dagli alleati.
Il governatore del Veneto qualche giorno fa scriveva sui social:
“Per noi l’autonomia è la madre di tutte le battaglie, quindi o si farà per scelta o per necessità. Noi in Veneto andremo comunque avanti, sull’autonomia”.
📰🦁 Per noi l'#autonomia è la madre di tutte le battaglie, quindi o si farà per scelta o per necessità.
— Luca Zaia (@zaiapresidente) January 7, 2025
Noi in Veneto andremo comunque avanti, sull’autonomia: vederla come il male dei mali significa avere poco rispetto dei cittadini. COSA NE PENSATE? pic.twitter.com/DbypxjA1iq
Il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, ribadisce l’intenzione della Lega di andare avanti con la riforma.
“Aspettiamo l’autonomia da oltre 20 anni. La legge ora c’è. Facciamo le correzioni che servono e andiamo avanti. Se ci sarà il referendum, vedremo come si comporteranno i partiti che hanno votato per l’autonomia nel 2001, ai referendum di Lombardia e Veneto e alla legge Calderoli.”
Aspettiamo l’autonomia da oltre 20 anni. La legge ora c’è. Facciamo le correzioni che servono e andiamo avanti. Se ci sarà il referendum, vedremo come si comporteranno i partiti che hanno votato per l’autonomia nel 2001, ai referendum di Lombardia e Veneto e alla legge Calderoli. pic.twitter.com/7O9PT58tVl
— Gian Marco Centinaio (@giamma71) January 10, 2025
Nei giorni scorsi, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, aveva dichiarato:
“Alla maggioranza, inoltre, chiediamo di chiudere sull’Autonomia: un argomento che va rimesso all’ordine del giorno dell’agenda del governo e del Parlamento. Su questo non accetteremo cambi di rotta e di passo.”
A rischio la stabilità del Governo?
La posizione di Forza Italia e Fratelli d’Italia sulla questione dell’Autonomia Differenziata continua a generare frizioni all’interno della maggioranza, con ripercussioni sugli equilibri delicati del Governo.
La Lega non ha nascosto di considerare la propria riforma come un elemento fondamentale per la tenuta dell’esecutivo, che si basa principalmente sul rispetto del patto di governo, e si aspetta dagli alleati lo stesso supporto che richiedono per le altre due riforme in discussione in Parlamento: la riforma della giustizia e il premierato.
La battaglia della Lega per ottenere il via libera definitivo alla Riforma Calderoli si giocherà su due fronti, uno interno e l’altro esterno.
Il fronte interno riguarda la coalizione di maggioranza, dove Matteo Salvini cercherà di far pesare il voto del suo partito in Parlamento. Il primo banco di prova sarà la prossima settimana alla Camera dei Deputati con la riforma della separazione delle carriere dei giudici, simbolo di Forza Italia.
Nelle settimane successive, dovrebbe iniziare anche l’iter della Riforma del Premierato, la “madre di tutte le riforme” di Fratelli d’Italia. Tuttavia, queste riforme rappresentano solo la punta dell’iceberg, poiché se la Lega decidesse di adottare una strategia di disturbo in Parlamento e nelle stanze del Governo, potrebbero essere messi a rischio provvedimenti fondamentali per l’esecutivo.
Una tattica che la premier Giorgia Meloni difficilmente accetterebbe, poiché ha più volte fatto capire che, in caso di guerriglia sotterranea, non esiterebbe a dimettersi e a restituire la parola ai cittadini.
Il fronte esterno, invece, riguarda l’eventuale referendum abrogativo. I dirigenti della Lega hanno già dichiarato che, qualora la Corte Costituzionale dovesse dare il via libera alla consultazione, inviteranno gli elettori a non partecipare al voto, con l’obiettivo di non far raggiungere il quorum necessario per la validità della consultazione.
Anche su questo fronte, la Lega dovrà affrontare la situazione in solitaria, alla luce della decisione del Governo di non partecipare all’udienza del 20 gennaio della Corte Costituzionale.
Cosa succede adesso? La decisione della Consulta
Spetterà quindi alla Corte Costituzionale l’ultima parola sul referendum abrogativo sull’Autonomia Differenziata. La decisione, inizialmente attesa per lunedì 13 gennaio, è stata rinviata al 20 gennaio per permettere al Parlamento di eleggere i quattro giudici mancanti. La votazione è prevista per il 14 gennaio alla Camera.
L’auspicio è che maggioranza e opposizione riescano a trovare un accordo sui nomi dei nuovi giudici, così da permettere alla Corte di deliberare su un tema tanto delicato con la squadra al completo.
La Consulta dovrà stabilire l’ammissibilità del quesito referendario, che mira ad abrogare la Legge 86/2024, valutando se sia conforme alla Costituzione o se violi i suoi principi. In caso di verdetto positivo, la consultazione popolare potrebbe svolgersi nella primavera del 2025. La Lega e la maggioranza di Governo confidano in una bocciatura del referendum.
Lo scontro sull’Autonomia Differenziata in sintesi:
I cinque punti principali dello scontro in atto nella maggioranza sulla gestione del caso Autonomia Differenziata.
- Neutralità del Governo sul referendum: Il Governo ha deciso di non opporsi al referendum sull’Autonomia Differenziata, lasciando alla Corte Costituzionale la decisione finale. Questa posizione neutrale ha deluso la Lega, che invece si aspettava un supporto più attivo nella battaglia per la riforma.
- Rottura con la Lega: La decisione di non intervenire contro il referendum ha acuito le tensioni tra il Governo e la Lega, che considera l’Autonomia Differenziata una questione centrale per la sua agenda. La Lega si sente lasciata sola, aggravando il già fragile rapporto con gli alleati.
- La decisione della Consulta: La Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità del referendum, con la Lega che spera in una bocciatura della consultazione. La decisione della Consulta avrà un impatto diretto sui rapporti all’interno del Governo e sulla strategia della Lega.
- Conflitto interno ed esterno per la Lega: La Lega sta affrontando una battaglia su due fronti: all’interno della coalizione, cercando di far valere il suo peso parlamentare, e all’esterno, con l’eventuale referendum abrogativo. La Lega intende difendere l’autonomia a tutti i costi, anche a rischio di minare la stabilità del Governo.
- Implicazioni per la stabilità del Governo: La posizione della Lega sul referendum potrebbe minare la coesione all’interno della maggioranza. In caso di divergenze più gravi, Salvini potrebbe utilizzare il suo peso parlamentare per bloccare le altre riforme in discussione, rischiando di creare frizioni con Giorgia Meloni e gli altri alleati.