Si appresta a spegnere ben 40 candeline lo Studio Ghibli, fondato dal grande Maestro Hayao Miyazaki e dai produttori cinematografici Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma. “Fondatore” spirituale il leggendario Isao Takahata, che, però, ha sempre rifiutato qualsiasi carica formale, se non quella di autore.

Purtroppo, la Casa specializzata in film d’animazione, in attività sin dal 1985, ha dovuto dire addio a due delle quattro geniali menti che l’hanno vista nascere. Indimenticabili, infatti, Isao Takahata, storico partner lavorativo e grande amico di Miyazaki, scomparso il 5 aprile del 2018, e Yasuyoshi Tokuma, che ha servito fedelmente lo Studio nipponico fino al 20 settembre del 2000.

Dolori, ma anche tante gioie hanno rafforzato lo Studio Ghibli in 40 anni – il prossimo 15 giugno 2025 – di onorata carriera, dando vita a capolavori dell’animazione amatissimi dal pubblico. Dall’ultimo “Il ragazzo e l’airone” al primo “Laputa – Castello nel cielo“, il cammino della casa cinematografica e dei suoi incredibili autori si è costellato di enormi successi.

Ciò che Miyazaki, Takahata, Suzuki e Tokuma sono riusciti a creare va oltre la “semplice” produzione di film d’animazione per i più piccoli: un universo di personaggi, temi, emozioni, in cui chiunque può rispecchiarsi. Dunque, riuscire a condensare così tanti anni di storia in poco spazio è un’impresa pari alle 12 fatiche di Ercole.

Per conoscere davvero lo Studio Ghibli e le leggende che lo hanno reso famoso in tutto il mondo è necessario conoscere i protagonisti che gli hanno dato la vita. Ecco chi sono Hayao Miyazaki, Toshio Suzuki, Yasuyoshi Tokuma e Isao Takahata.

Lo Studio Ghibli compie 40 anni: una storia di capolavori

La fama e il prestigio dello Studio Ghibli ha raggiunto vette sempre più alte nei suoi 40 anni di storia. Un successo meritato, grazie al duro lavoro dei 400 dipendenti della casa cinematografica e al talento strabiliante del quartetto direttivo.

Se non fosse stato per l’intuito di Tokuma o la lungimiranza di Suzuki e la maestria di Miyazaki e Takahata, lo Studio Ghibli non sarebbe potuto esistere. E i capolavori che hanno fatto innamorare generazioni di persone non sarebbero mai stati prodotti.

Foto dal documentario “Never-Ending Man: Hayao Miyazaki” (2013)

Come Miyazaki stesso ha detto, nel documentario “Never-Ending Man: Hayao Miyazaki“:

Hai disegnato personaggi. Devi disegnare persone

Ed è proprio di persone che lo Studio Ghibli è fatto. Persone che lavorano instancabilmente affinché ogni cosa sia al suo posto, prima che la pellicola possa finalmente arrivare in sala. Questo è specialmente vero se il prodotto in questione è un film d’animazione, che non può contare sull’apporto di superstar internazionali. Ecco, che per lo Studio Ghibli avere maestranze d’eccellenza è stato un enorme punto di forza. A partire proprio dalla sua fondazione e dalla direzione del produttore Toshio Suzuki.

“Se non fosse per Suzuki, non ci sarebbe lo Studio Ghibli”

La storia di Suzuki e dello Studio Ghibli comincia ben prima della fondazione della stessa casa cinematografica. Il Signor Suzuki, o Produttore, come lo chiamano i suoi collaboratori, muove i suoi primi passi nel mondo dell’editoria periodica. Giornalista a tempo pieno e “detective” per hobby, dilettandosi a risolvere crimini e casi misteriosi. Un sesto senso alla “Detective Conan” che gli è decisamente molto utile quando Yasuyoshi Tokuma (presidente dell’allora Tokuma Shoten) gli commissiona una rivista dedicata interamente all’animazione.

Foto dal documentario “Il regno dei sogni e della follia” (2015)

Come farlo, quindi? Per Suzuki la risposta è semplice: imparando, osservando, trovando le persone giuste e carpendone l’essenza. Esattamente come un detective che analizza la scena e studia i suoi sospettati. E chi meglio di Isao Takahata e Hayao Miyazaki avrebbe potuto svegliargli i segreti del mondo animato? È questa l’occasione che ha dato vita a una collaborazione (e a un’amicizia) lunga più di 40 anni.

Se non fosse per il Signor Suzuki, non ci sarebbe stato lo Studio Ghibli

Queste le parole dello stesso Hayao Miyazaki, parlando del suo collega. Toshio Suzuki, infatti, è colui che per primo ha suggerito l’idea di fondare lo Studio Ghibli. Non solo, è la sua pratica visione editoriale che, ancora adesso, permette all’azienda di prosperare. Suzuki vede il talento, sa dove collocarlo e come sfruttarlo al meglio.

Foto dal documentario “Never-Ending Man: Hayao Miyazaki” (2013)

È quasi sempre l’uomo nascosto nell’ombra. Calma gli animi quando è necessario, risolve i problemi e sprona a fare sempre meglio, analizzando con cura tutti gli elementi a sua disposizione. Eppure, non è stato nemmeno lui esente da fallimenti e difficoltà da superare. Come dimenticare la lunga e complessa produzione de “Una tomba per le lucciole” rimasta senza finale o il recente “Il ragazzo e l’airone“, che ha richiesto quasi 10 anni di lavoro?

Illuminante, in questo senso, il libro scritto proprio da Suzuki “I geni dello Studio Ghibli“. Una narrazione della lunga storia della casa cinematografica e delle eccentriche personalità che l’hanno abitata e che continuano a viverla ancora oggi. Qui, il Produttore non si risparmia e fa uscire allo scoperto ogni più piccolo particolare del grande studio d’animazione nipponico.

“Tokuma era molto bravo a chiedere prestiti in banca”

Nonostante si sia goduto il successo dello Studio Ghibli solamente per poco meno di 20 anni, Yasuyoshi Tokuma ha lasciato un segno indelebile nell’azienda. Tokuma è spesso descritto come un tipetto piuttosto particolare, quasi da showman. Il tutto, malgrado la serietà derivante dai suoi alti incarichi come presidente della Tokuma Shoten e della Daiei e come membro delle All Nippon Producers Association e Japan Magazine Publishers Association.

Ai suoi collaboratori, infatti, piaceva chiamarlo “Tokuma Trumpet” ed è grazie a lui che il “nostro” Hayao Miyazaki è diventato “il Maestro” che oggi conosciamo. È stato Tokuma a vedere per la prima volta il talento dell’autore all’epoca ancora sconosciuto e dargli l’occasione di produrre il manga “Nausicaä della valle del vento“. Così, dopo lo scioglimento della TopCraft ha deciso di investire tutto nel neonato Studio Ghibli.

Foto dal sito Ghibli Wiki | Fandom

Come Suzuki ha rivelato: “Era molto bravo a chiedere prestiti in banca” e la sua abilità si è rivelata azzeccata soprattutto per la produzione de “Laputa – Il Castello nel cielo“, costato circa 500 milioni di yen. Una cifra davvero considerevole al tempo. Di quell’episodio, Miyazaki ricorda che fu proprio Tokuma a dirgli “Ci sono un sacco di soldi in banca!“.

Dunque, è grazie alla dinamica personalità del Presidente Tokuma se possiamo ammirare capolavori come “Nausicaä della valle del vento“, “Laputa“, “Il mio vicino Totoro“, “Kiki consegne a domicilio“, “Porco Rosso“. Fino al 20 settembre del 2000 – data della sua scomparsa – e anche dopo, Tokuma ha finanziato le pellicole di “Principessa Mononoke“, “Il Castello Errante di Howl” e “La Città Incantata“. Per non parlare di “Pom Poko“, “Ghost in the Shell 2: Innocence“, “Pioggia di ricordi“, “I sospiri del mio cuore” e “La ricompensa del gatto” e moltissimi altri.

Foto dal sito Ghibli Wiki | Fandom

“Takahata non è delicato. Traumatizza”

Miya-san e Paku-san si avvicinavano e respingevano come due calamite. Molto simili per certi versi e completamente agli antipodi per altri, Miyazaki e Isao sono stati la coppia invincibile dell’animazione giapponese dello Studio Ghibli per quasi 40 anni.

Anzi, la conoscenza e la collaborazione fra i due inizia addirittura prima, con “Anna dai capelli rossi” e “Heidi“. Il successivo sodalizio all’interno della grande Casa d’animazione sarà, poi, il trampolino di lancio per la fama mondiale.

Foto dal sito ufficiale dello Studio Ghibli

Rispetto al suo amico-rivale, Isao Takahata è sempre stato l’elemento più folle della coppia, amante delle sfide e delle “strade in salita“. D’altronde, al grande Maestro sono sempre piaciute le storie particolari e complesse, come può esserlo “Una tomba per le lucciole“.

Forse, uno dei film d’animazione più duri e sconvolgenti usciti dallo Studio Ghibli. Un “trauma perpetuo” per chiunque lo abbia visto, ma, in fondo, Takahata ha ben poco di delicato rispetto alla sua controparte. Se, infatti, Miya-san è un lavoratore al limite dello stacanovismo, Paku-san è un perfezionista senza tempo.

Anzi, la sua smania di perfezione in ogni minimo dettaglio è ciò che ha reso inconfondibile la sua cifra stilistica, facendo emergere, in tutti i suoi film, un’eleganza immersa in una crudezza di avvenimenti scioccante per il pubblico. È sempre grazie a lui che lo Studio ha potuto avvantaggiarsi con tecniche di disegno sempre più all’avanguardia.

Con il suo approccio e la sua ferrea volontà, Isao Takahata ha rivoluzionato l’industria dell’animazione non solo giapponese, ma di tutto il mondo, portando sul grande e piccolo schermo lungometraggi intensi emotivamente e visivamente. Di lui, scomparso nel 2018, rimangono i suoi capolavori: “I miei vicini Yamada“, “La storia della principessa splendente“, “Pom Poko“, “Pioggia di Ricordi”.

Per l’artista a essere centrale doveva essere la persona. A lui interessava eviscerare in ogni modo possibile l’animo umano, le sue paure, insicurezze, e le sue gioie. Così, nelle sue opere la trama e l’ambientazione sembrano quasi relegati sullo sfondo, per lasciare ai personaggi tutto lo spazio necessario per “vivere”, evolversi e agire.

Foto dal sito ufficiale dello Studio Ghibli

“Fino a che punto si sanno i fatti del mondo?”

I documentari sul volto, anima e padre dello Studio Ghibli, Hayao Miyazaki, sono numerosi e ognuno aggiunge un piccolo pezzo nel grande puzzle della sua personalità. Severo, se non addirittura spaventoso sul lavoro (come lui stesso afferma ne “Il regno dei sogni e della follia“), buffo e incredibilmente autoironico nel quotidiano.

Per il Maestro dell’animazione giapponese il lavoro è tutto: comincia alle 11 la mattina e posa la matita solamente alle 21 la sera. In tutto questo tempo disegna senza sosta, con l’eccezione della pausa “ginnastica” e di qualche riunione con i suoi collaboratori.

Anzi, non riesce proprio a stare fermo e, oltre allo Studio, continua a lavorare anche a casa di sabato. Poi, ripulisce il fiume, ingurgita tazzone di the, fa fotografie e riflette sul mondo che lo circonda. È proprio in questo che risiede una delle differenze con Isao Takahata: i film di Miyazaki, infatti, ruotano attorno a temi ben precisi. Ambiente, crisi climatica, guerra, povertà sono solo alcune delle tematiche maggiormente affrontate da Miya-san. Basti pensare a “Principessa Mononoke” o anche a “Il Castello Errante di Howl“.

Foto dal documentario “Never-Ending Man: Hayao Miyazaki”

Del Maestro, però, si sono dette tante, troppe cose sul suo stile artistico, sul suo talento e la sua visione. In fondo, abbiamo avuto 40 anni di Studio Ghibli per conoscere e apprezzare appieno il talento artistico di Hayao Miyazaki.

Di lui come uomo, tuttavia, il documentario “Never-Ending Man: Hayao Miyazaki” fornisce uno spaccato impossibile da perdere per i fan. Sagace, a tratti tagliente nell’esternare i suoi pensieri, Miyazaki, 84 anni, ha ancora tanto da in mente.

Nonostante gli annunci del suo “imminente” – e mai realizzato – ritiro definitivo (eccetto una breve parentesi), infatti, il genio ha sbalordito tutti portando sul grande schermo “Il ragazzo e l’airone“, ultimo capolavoro arrivato nelle sale italiane il 1 gennaio del 2024. Questo a dimostrazione del fatto che, sebbene si consideri nella “fase finale della (sua) vita“, Miyazaki non è un uomo che si arrende facilmente.

Da molti considerato il “testamento” di Miyazaki, Il ragazzo e l’airone è la summa dell’essenza stessa del Maestro e al contempo una sintesi del suo modo di fare e vedere le cose. Per tutto il lungometraggio, infatti, risuonano alcune delle domande che lo stesso Miya-san si è posto per tutta la sua vita: “Come vivi?” e “Fino a che punto si conoscono i fatti del mondo?“.

Non a caso, il titolo originale del film era proprio “How do you live?“. È su questa domanda che il regista ha riflettuto per ben 10 anni, prima di riuscire a trovare la sua risposta e a condensarla nelle due ore della pellicola.