Dopo “Spencer”, uscito nel 2021, il regista cileno Pablo Larraín è tornato al cinema con un nuovo film biografico per raccontare gli ultimi giorni di vita del soprano Maria Callas. “Maria” è stato presentato in anteprima il 29 agosto 2024 all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Troviamo l’attrice Angelina Jolie nel ruolo della protagonista. Nel cast figurano anche Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Valeria Golino.
“Maria”, recensione
In una malinconica Parigi, a due passi dalla Torre Eiffel, in Avenue Georges Mandel, al civico 36, c’è un prestigioso palazzo che da anni accoglie fra le sue mura una donna tanto straordinaria quanto fragile. In un bellissimo, ampio, appartamento di lusso al terzo piano vive, anzi sopravvive, una diva con gli occhi enormi e l’animo triste: il suo nome è Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulou, ma forse tutti voi la conoscete come Maria Callas (Angelina Jolie). E dunque Maria, dopo essersi esibita sui palchi più famosi al mondo, dopo aver portato la sua splendida voce da soprano nei teatri più importanti, dopo una rapida ma intensa carriera durata appena dieci anni, dopo un matrimonio finito in pezzi e un amore tormentato con l’uomo più ricco del mondo, è rimasta da sola a convivere con gli spettri del suo passato. Quella donna un tempo solenne e divina, acclamata dal pubblico, ora non è altro che una principessa dallo sguardo affranto e il cuore ricolmo di dolore, prigioniera del suo stesso castello.
A tenerle compagnia sono rimasti soltanto i suoi affezionati domestici Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e Bruna (Alba Rohrwacher) e due teneri cani. Ferruccio, in particolare, è premuroso e protettivo con lei come lo sarebbe un padre. Bruna, invece, rammaricata nel vederla spesso infelice, le vuole bene come una sorella. Neanche la famiglia le sta vicino. Maria non canta più, è abbandonata a se stessa e delle strane visioni deliranti la torturano quasi incessantemente. È il 1977 e manca poco all’arrivo di una data fatale: ancora qualche ultimo straziante giorno prima che il cuore di Maria si arresti per sempre, il 16 settembre, alle 13:30 circa, consacrandola come una delle più grandi dive di tutti i tempi.
“Maria”, critica
Ormai si sa, Pablo Larraín ha una passione sfrenata per i film biografici; con “Maria”, uscito lo scorso 1° gennaio nei cinema italiani, siamo alla sua quarta pellicola che racconta la vita di una figura storica. Dopo Neruda (2016), Jackie (2016) e Spencer (2021) potevamo non aspettarci un’altra biografia cinematografica? Ebbene, dopo averci mostrato il rapporto tra il poeta comunista Pablo Neruda e l’investigatore, incaricato del suo arresto, Oscar Peluchonneau, dopo averci raccontato degli anni da first lady della vedova Kennedy, Jacqueline detta Jackie, dopo una ricostruzione ipotetica di ciò che ha portato Lady D a decidere di separarsi dal Principe Carlo, è il turno di Maria Callas e dei suoi ultimi, difficili, giorni prima della morte. “Maria”, presentato in anteprima il 29 agosto 2024 all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e proiettato in concorso il 2 settembre dello stesso anno al Telluride Film Festival, di Telluride, in Colorado, è un triste e malinconico racconto delle desolate e deliranti settimane che hanno preceduto la morte, per cause naturali, della Callas, con dei vari flashback dei momenti più importanti del suo passato. La ricostruzione, grazie alla sceneggiatura di Steven Knight, è piuttosto fedele ai fatti realmente accaduti: dagli spettacoli di maggior successo, alla fine del matrimonio con Meneghini, passando poi alla conoscenza di Onassis e alla nascita della loro tempestosa relazione iconica. Angelina Jolie, nella parte della protagonista, è, come sempre, straordinaria, ma in una scena in particolare ci regala un’interpretazione straziante: Maria Callas che canta, in lacrime, pochi istanti prima di accasciarsi in terra e morire. Pierfrancesco Favino, nel ruolo del domestico Ferruccio, e Alba Rohrwacher, che interpreta la cuoca Bruna, risultano all’altezza del compito, senza sfigurare di fianco a un’attrice di fama mondiale.
Il rischio coi film biografici è sempre quello di scivolare nell’eccesso che diventa grottesco, al pari di un qualunque cinepanettone, ma non è il caso di un regista come Pablo Larraín. E difatti “Maria”, nonostante guardando il trailer ne abbia avuto il timore, non scade affatto nel kitsch come, invece, è accaduto con “House of Gucci” di Ridley Scott. E allora cosa manca a questa pellicola? Il ritmo. L’ho trovato, ahimè, soporifero. Forse è un mio limite, ma non sono mai stata un’amante dei film biografici. Purtroppo non mi appassionano, a meno che non si tratti di opere come “Il Pianista” di Polański che, soprattutto grazie alla magistrale interpretazione di Adrien Brody, ti lacera letteralmente l’anima. Non so perché Larraín si sia fissato così tanto con le biografie, ma è un peccato perché trovo che renda al meglio nei lungometraggi con storie di fantasia. Inoltre dalla narrazione sono stati omessi due punti salienti e molto traumatici dell’esistenza della Callas: il coma, durato 22 giorni, all’età di cinque anni, causato da un incidente stradale, e la nascita del figlio Omero nel 1960, concepito con l’allora compagno Aristotele Onassis, morto subito dopo il parto a causa di un’insufficienza respiratoria. Nel complesso un lavoro di buona esecuzione, ma non ti entra dentro, lasciandoti il segno. Tre stelle su cinque.