Esattamente una settimana, tanto manca a una data che potrebbe segnare un nuovo capitolo per il Partito Democratico. Sabato prossimo, 18 gennaio, i dem messi in minoranza dalle primarie del 2023, quando il voto aperto a tutti ribaltò il verdetto congressuale degli iscritti facendo eleggere Elly Schlein segretaria, batteranno il loro primo colpo.
Le iniziative di Comunità democratica, la nuova corrente di Graziano Delrio, e di LibertàEguale, l’area di Enrico Morando, la prima organizzata a Milano, la seconda a Orvieto, si fonderanno.
Una mossa importante, che l’attuale numero uno del Nazareno farà bene a non sottovalutare: i riformisti vogliono contare di più nelle scelte strategiche dei dem. E non vogliono apparire spaccati prima ancora di iniziare la battaglia.
Gli anti-Schlein del Pd si organizzano
Curiosamente, dopo quasi due anni di sostanziale silenzio di fronte alle scelte della segretaria Schlein, l’ala riformista del Pd si è data un doppio appuntamento per uscire di nuovo con la testa fuori dal sacco nello stesso giorno.
La data prescelta da Comunità democratica e LibertàEguale è quella del 18 gennaio, evidentemente in omaggio alla ricorrenza dell’appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo. Nel 1919, il sacerdote lo utilizzò per superare il non expedit ordinato dalla Chiesa ai cattolici: come ritorsione contro lo Stato italiano, non dovevano partecipare alla vita pubblica: “Né eletti, né elettori”, aveva ordinato Pio IX nel 1874.
Ma, nel 2025, quando Elly Schlein si appresta a tagliare il traguardo dei due anni di segreteria incontrastata (come non mai nella storia del Pd), evidentemente, i riformisti hanno considerato che conviene darsi da fare per non consegnare definitivamente il partito a un elettorato solo di sinistra.
La fusione delle due iniziative
Così, ieri, è stato il costituzionalista nonché ex parlamentare Stefano Ceccanti a diffondere la notizia che le iniziative di Comunità democratica e LibertàEguale, in qualche modo, si fondevano:
“In un ideale ponte politico, i due convegni del 18 gennaio condivideranno due interventi in simultanea intorno alle 12.15. Da Orvieto in presenza, collegato con Milano, parlerà Giorgio Tonini. Poi sarà la volta di Pierluigi Castagnetti che interverrà da Milano parlando in collegamento ad Orvieto”
Altre due righe firmate da entrambe le associazioni, poi, la dicono lunga:
“La condivisione degli interventi segnala la comune volontà di promuovere un confronto e delle riflessioni per il governo del Paese”
Chi ci sarà
Ma chi ci sarà nei due appuntamenti di Milano e Orvieto? Nel capoluogo lombardo, Comunità democratica vedrà protagonisti Graziano Delrio, Romano Prodi, Pierluigi Castagnetti, ma soprattutto Ernesto Maria Ruffini, il quale si è dimesso dalla guida dell’Agenzia delle Entrate in polemica con Giorgia Meloni e coltiva l’ambizione di sfidarla alle prossime elezioni politiche nelle vesti di federatore di tutto il centrosinistra.
A Orvieto, invece, si sono dati appuntamento, oltre che Enrico Morando, Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini, anche la vicepresidente del parlamento europeo Pina Picierno e l’ex premier Paolo Gentiloni.
Gli ostacoli verso l’unità dei riformisti
I riformisti del Pd, quindi, con questi nomi, potranno trovare un’unità di intenti e, in prospettiva, cercare la rivincita nei confronti della sinistra di Elly Schlein?
Non è affatto detto. Ci sono dei nodi che li allontanano ben più dei 513 chilometri che distanziano Orvieto da Milano.
Il primo è quello geopolitico: i dem di area cattolica (l’europarlamentare Marco Tarquinio, ad esempio) sono pacifisti senza se e senza ma. I liberal, invece, vogliono che l’Italia, ad esempio, continui a sostenere l’Ucraina nella resistenza contro l’invasore russo.
Anche sul fronte mediorientale, poi, non c’è la stessa visione. La critica al governo Netanyahu è unanime, ma senza sconfinare in un sostegno pro-Palestina che ignori un fatto essenziale: i 463 giorni, con oggi, del conflitto sono stati scatenati dal pogrom del 7 ottobre 2023, un raid che ha causato la morte a sangue freddo di 1194 ebrei e il rapimento di altri 250, di cui un centinaio ancora nelle mani di Hamas per il solo fatto di essere ebrei.
Ma non è tutto: non è scontato che i riformisti avanzino le stesse ricette anche in campo economico, ad esempio. Forse l’unanimità la possono trovare sul salario minimo, ma per il ponte di Messina, tanto per mettere il dito in una piaga, la più grande opera pubblica per la quale il governo Meloni si approssima ad aprire il cantiere, come la pensano? Danno tutti torto a Elly Schlein che si è schierata contro?