Nonostante il fatto che già nel 2010 l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’abbia fortemente raccomandato, l’Italia è uno dei pochi Paesi dell’Unione europea che continua a non prevedere nei suoi programmi scolastici l’obbligatorietà dell’educazione sessuale e affettiva.

Nel 2018, è stata l’Unesco a sottolinearne l’importanza: può guidare bambini e ragazzi nello sviluppo di conoscenze, competenze, atteggiamenti e valori fondamentali per la loro salute e la loro realizzazione.

Ma tant’è: in Italia, la politica fa sostanzialmente orecchie da mercante fin dal 1902, quando per la prima volta il ministero si interrogò se fosse il caso di introdurre l’educazione sessuale a scuola per prevenire le malattie veneree.

Il 1975 fu l’anno della prima proposta di legge che fallì miseramente.

Nel 2023, a seguito del femminicidio di Giulia Cecchettin, il ministro Giuseppe Valditara ha presentato un progetto per introdurre l’educazione alle relazioni nelle scuole superiori, ma solo in forma facoltativa e confinata al doposcuola.

Risultato: facciamo ancora i conti con le conseguenze nefaste di una mancata cultura. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, anche in occasione del suo discorso di fine anno, ha ricordato, ad esempio, il problema della violenza di genere e dei femminicidi.

Paradossalmente, in quell’occasione, tutte le forze politiche hanno applaudito il monito del Capo dello Stato. Ma quando si è trattato di passare dalle parole ai fatti, anche a dicembre scorso, la politica ha preferito deviare. Letteralmente. Come l’ha raccontato il capogruppo di Più Europa Riccardo Magi, spiegando che, in occasione dell’ultima legge di Bilancio, un emendamento che impegnava il Governo a stanziare mezzo milione di euro per cominciare a introdurre l’educazione sessuale e affettiva obbligatoria a scuola è stato, in ultima analisi, deviato per combattere l’infertilità.

Educazione sessuale a scuola, perché i fondi sono stati cancellati

Ai microfoni di Michele Lilla di Tag24.it, Riccardo Magi ha spiegato che l’emendamento che impegnava l’esecutivo Meloni a stanziare una prima somma di circa 500 mila euro per l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva a scuola in un primo momento è passata alla Camera. Poi, però, all’ultimo minuto, è scomparsa.

“Si trattava di un primo passo per allineare il nostro Paese agli altri europei che già da tempo prevedono l’educazione sessuale a scuola. Ma alla fine quei soldi sono stati impegnati per prevenire l’infertilità. Perché? Beh, di sicuro, negli ultimi dieci giorni c’è stata una campagna martellante affinché quell’emendamento venisse cancellato”

La battaglia di Save the Children

Se è vero che ci sono associazioni come ProVita e Family Day che da sempre si battono contro l’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva a scuola, ce ne sono altre, come Save the Children, di parere completamente opposto:

“Educare alla sessualità e all’affettività significa promuovere la conoscenza e la consapevolezza delle proprie emozioni per riconoscerle e imparare a gestirle. Attraverso lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, si imparano a riconoscere le proprie sensazioni e i propri sentimenti, aumentando le capacità affettive con l’obiettivo di favorire una buona relazione interpersonale”

si legge, ad esempio, sul suo sito.

Il rapporto “Le ragazze stanno bene?”

A febbraio 2024, la stessa associazione Save the Children commissionò a Ipsos un’indagine sugli stereotipi e la violenza di genere interpellando direttamente gli adolescenti. Ebbene, dal rapporto che ne derivò, denominato “Le ragazze stanno bene?”, si evinse che il 58% degli adolescenti era diventato più sensibile ai temi di genere e il 43% riteneva che sarebbe utile uno sportello psicologico a scuola per sensibilizzare sul tema della violenza. 

Gli obiettivi dell’educazione sessuale a scuola

Sono quattro, in ogni caso, gli obiettivi che si pone chi vuole introdurre l’educazione sessuale e affettiva tra le materie obbligatorie a scuola. Il primo è aumentare le capacità personali, relazionali, comunicative e affettive.

Il secondo, favorire le capacità riflessive sui propri stati affettivi e sui modelli di relazione tra compagni e con gli adulti.

Il terzo, aumentare la consapevolezza della sessualità come dimensione globale della persona, nei vari aspetti: biologico-riproduttivo, psico-affettivo e socio-relazionale.

Il quarto, incrementare le informazioni corrette su temi legati al periodo di crescita degli studenti.

Tuttavia, il Governo di centrodestra ha altri orientamenti: anche sull’aborto, ad esempio, è molto più vicino ad altre posizioni.

Il confronto con gli altri Paesi

Eppure, il confronto con gli altri Paesi è davvero impietoso: l’educazione sessuale in Italia risulta disomogenea e limitata, spesso affidata alla buona volontà di singoli presidi e Regioni. Ma in ben 20 stati Ue è obbligatoria, sebbene con programmi e approcci variabili. La Svezia ha introdotto l’educazione sessuale addirittura nel 1955. L’Austria nel 1970. La Germania ha programmi obbligatori da dopo la riunificazione. Peggio di noi fanno solo Ungheria e Polonia, dove è espressamente vietato anche solo parlare di omosessualità, ad esempio.