I nuovi medici di base saranno assunti direttamente dal Servizio Sanitario Nazionale e saranno assegnati prioritariamente alle oltre 1400 Case di Comunità. Entro la metà del prossimo anno, questi istituti apriranno in tutta Italia con i fondi del PNRR.

Che dire? Addio ai vecchi studi. I medici che intraprenderanno la specializzazione in cure primarie per diventare medici di famiglia diventeranno lavoratori dipendenti.

L’esecutivo sta lavorando a una legge per introdurre una novità contrattuale che interesserà tutti gli specializzandi in medicina generale e non solo.

Vediamo come, in base alle ultime novità, il medico di base passerà da libero professionista a lavoratore dipendente.

Quali sono le novità che interesseranno i medici di base

Con l’obiettivo di migliorare l’offerta per i cittadini a livello territoriale, la nuova riforma prevede che i medici di base lavoreranno nelle Case di Comunità e nei Cot (le centrali operative territoriali).

Così, il medico di famiglia diventerà un lavoratore dipendente e dovrà mettere a disposizione almeno 14 o 16 ore settimanali per la Sanità pubblica.

Un addio (o quasi) alla libera professione. Si sta comunque valutando l’ipotesi di concedere un’opzione.
Il PNRR ha investito 7 miliardi di euro per questo progetto. A parte i nuovi medici di famiglia, tutti gli altri potranno comunque decidere se restare convenzionati o, come già detto, rendersi disponibili per un tot di ore settimanali, il cui montante è ancora da definire.

La nuova riforma punta a scrivere un futuro diverso per i medici di famiglia. La soluzione sta proprio nel lavoro di squadra, da sviluppare all’interno delle Case di Comunità. Inoltre, c’è la necessità di rinnovare questa professione affinché possa adattarsi ai tempi moderni e alle continue trasformazioni del contesto sociale e sanitario.

L’impegno è profondo non solo da parte del Ministero della Salute, ma anche le amministrazioni regionali stanno lavorando alla stesura delle nuove regole e in prima fila ci sono il Friuli-Venezia Giulia, il Lazio, l’Emilia Romagna e il Veneto.

Cosa sono le Case di Comunità

Si punta alla valorizzazione del ruolo centrale dei medici di base, offrendo loro un supporto gestionale e organizzativo attraverso la cooperazione medica di servizio.

Questo approccio è cruciale per lo sviluppo della sanità territoriale, una delle priorità del nostro Paese, poiché consente di definire in modo chiaro i servizi e gli operatori necessari per rispondere efficacemente alla domanda di salute e ai bisogni dei cittadini.

È questo l’obiettivo delle stesse case di comunità, ovvero le nuove strutture sociosanitarie che entreranno a far parte del Servizio Sanitario. Sono previsti dalla legge per potenziare la presa in carico di pazienti.

Secondo i piani, tra un anno e mezzo apriranno 1420 Case di Comunità che diventeranno il fulcro della Sanità territoriale. Il progetto, comunque, presenta ancora molti dubbi. Si teme il rischio, che al momento non è troppo concreto, che le nuove strutture diventino molto presto cattedrali nel deserto. Tuttavia, è ancora molto presto per fare pronostici negativi.

Quanti sono i medici di base in Italia

I dati sui medici di base in Italia non sono promettenti. I medici di famiglia stanno diminuendo e il gap è ancora più evidente se confrontato con gli altri Paesi europei.

Secondo gli ultimi dati del CNEL, i medici di famiglia mancanti sono almeno 10.000. Si tratta già di una situazione molto critica, che si teme possa peggiorare ulteriormente a seguito dei pensionamenti previsti per il prossimo biennio. Bisogna considerare, altresì, che si contano medici di base sempre più anziani.

Nell’ultima relazione del CNEL, si evince non solo la mancanza di medici di famiglia, ma anche la presenza di infermieri molto bassa.

Negli ultimi 10 anni, il numero dei medici generici è diminuito di oltre 6000 unità, scendendo al di sotto dei 40.000 del 2022.

Per riassumere

Il governo italiano sta riformando il sistema sanitario, con i medici di base che diventeranno dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, lavorando principalmente nelle Case di Comunità e nelle centrali operative territoriali (Cot). Questa novità riguarda anche gli specializzandi in medicina generale, che si preparano a diventare medici di famiglia.

Il progetto, finanziato dal PNRR, prevede la creazione di oltre 1.400 Case di Comunità in tutta Italia. La riforma mira a migliorare l’assistenza sanitaria territoriale, ma ci sono preoccupazioni sulla sua attuazione. Il numero di medici di famiglia in Italia è in calo, con una carenza che si aggira intorno ai 10.000 medici.