Elisabetta Belloni ha annunciato le sue dimissioni dalla direzione del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, con effetto dal 15 gennaio 2025, anticipando di quattro mesi la scadenza naturale del suo mandato prevista per maggio. Le motivazioni ufficiali non sono state rese note, ma fonti giornalistiche suggeriscono che possano essere legate a rapporti tesi con esponenti del governo, tra cui il Ministro degli Esteri Antonio Tajani e il Sottosegretario Alfredo Mantovano.

Valerio Nicolosi, è un giornalista, regista e fotografo italiano specializzato in tematiche sociali, rotte migratorie e Medio Oriente. E’ intervenuto su Radio Cusano Campus durante la trasmissione “Greenwich” per spiegare il collegamento che secondo lui esiste tra le dimissioni di Belloni e l’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, in carcere a Evin, a Teheran, dal 19 dicembre scorso.

Un’operazione mal gestita

“Due giorni prima dell’arresto di Sala, il Viminale aveva autorizzato l’arresto in Italia di un ingegnere svizzero-iraniano legato ai pasdaran. Tuttavia, i servizi segreti italiani non sono stati informati di questa operazione, e l’ambasciata italiana a Teheran è rimasta all’oscuro della situazione. Questo grave errore di coordinamento ha lasciato Sala, presente in Iran per motivi giornalistici, completamente esposta ai rischi di rappresaglie diplomatiche. È chiaro che l’Italia ha gestito male tutta la vicenda legata a Cecilia Sala,” afferma Valerio Nicolosi. “La giornalista è stata messa in pericolo in un momento estremamente delicato, e la sua liberazione deve ora diventare la priorità assoluta.”

Tensioni interne e mancanza di sinergia

La crisi legata a Sala si inserisce in un quadro di difficoltà interne al governo e al DIS. Belloni, negli ultimi mesi, ha affrontato crescenti frizioni con esponenti chiave del governo, in particolare con il sottosegretario Alfredo Mantovano, vicino alla premier Giorgia Meloni, e con il ministro degli Esteri Antonio Tajani”. La mancanza di un rapporto collaborativo tra la Farnesina e i servizi segreti, necessario per affrontare le questioni internazionali, ha ulteriormente complicato la situazione. E infatti Nicolosi sottolinea: “La Farnesina e i servizi segreti devono poter lavorare in sinergia, ma questo non è accaduto. La gestione di questa vicenda ha solo aggravato dissapori già esistenti.”

Valerio Nicolosi, ha commentato con toni critici la situazione legata alla detenzione della giornalista Cecilia Sala in Iran, mettendo in luce soprattutto il ruolo di Washington e le implicazioni politiche e diplomatiche che hanno reso il caso estremamente complesso.

L’intreccio tra il caso Abedini e l’arresto di Sala

Secondo Nicolosi, l’ingerenza statunitense sul caso dell’ingegnere svizzero-iraniano Mohammad Abedini è evidente. Nonostante Teheran continui a negare un collegamento diretto con l’arresto di Cecilia Sala, Nicolosi sottolinea che la trattativa tra i due paesi è in corso.

“Le accuse generiche mosse contro Sala lasciano volutamente un margine di trattativa. All’inizio la paura era che venisse accusata di spionaggio, lo scenario peggiore: essere considerata una spia cambia nettamente il trattamento rispetto a un ostaggio,” spiega Nicolosi. “Adesso l’Iran ha comunicato che c’è un’inchiesta in corso. Bisogna capire se emergeranno accuse più specifiche, ma è evidente che sia una strategia per fare pressione sull’Italia.

Il ruolo degli Stati Uniti e la visita di Meloni a Trump

Nicolosi riflette sulla gestione italiana, evidenziando una sudditanza nei confronti degli Stati Uniti. Secondo il giornalista, la recente visita della premier Giorgia Meloni a Donald Trump rientra in questo quadro.

Meloni è andata da Trump per chiedere un permesso, ma lui ha preferito lavarsene le mani: non vuole trattare con l’Iran. La strategia sarebbe lasciare che la questione ricada sull’amministrazione Biden, ormai uscente, dato che Trump non vuole assumersi responsabilità dirette. La decisione sulla mancata estradizione di Abedini potrebbe essere delegata a Biden, creando un margine politico utile per Trump.

Nicolosi suggerisce che la visita di Biden a Roma la prossima settimana, insieme alla decisione della corte d’appello di Milano sugli arresti domiciliari di Abedini, sarà cruciale. “Se Nordio decidesse di non autorizzare l’estradizione, lo smacco politico verrebbe attribuito all’amministrazione Biden, ormai al termine del mandato.

Critiche alla politica estera italiana

Il giornalista non risparmia critiche alla politica estera italiana, descrivendola come eccessivamente allineata a Washington. “L’Italia non esprime una politica estera propria da anni. Un tempo il nostro paese era capace di muoversi autonomamente in Medio Oriente, come dimostrano le iniziative passate sul fronte palestinese. Ora invece siamo completamente appiattiti sulle posizioni statunitensi.”

Nicolosi conclude sottolineando la necessità di una priorità chiara: “La cosa più importante ora è riportare una connazionale a casa. Invece, sembriamo più preoccupati delle reazioni degli Stati Uniti. La gestione di questo caso dimostra quanto l’Italia abbia perso la capacità di difendere i propri interessi in modo indipendente.”

Le priorità: la liberazione di Sala e il ripristino della fiducia

Con Belloni dimissionaria e un sistema diplomatico-securitario visibilmente in crisi, il rilascio di Cecilia Sala diventa un banco di prova cruciale per l’Italia. Al contempo, sarà necessario affrontare le profonde divisioni istituzionali che questa vicenda ha reso evidenti.

“La priorità rimane ora la salvaguardia della vita e della libertà della giornalista detenuta, mentre si attendono risposte politiche e diplomatiche per evitare che episodi simili si ripetano in futuro.” conclude il giornalista.