“Voglio piuttosto essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi.” Con questa frase nella famosa lettera mai spedita a suo padre nel 1819, Giacomo Leopardi, uno dei più importanti poeti esponenti dell’Ottocento, riassumeva i tormenti che lo attraversarono durante tutta la vita.
Nato il 29 giugno 1798 a Recanati, in una famiglia nobile, fredda e conservatrice, il poeta romantico dedicò la sua esistenza allo studio, alla poesia, all’immaginazione e alle emozioni, spesso per sfuggire alla realtà e alle sofferenze di una vita isolata.
Morì a soli 38 anni, il 14 giugno 1837, a Napoli, a causa di idropisia e di un successivo attacco d’asma. Ma cosa sappiamo delle donne che hanno ispirato le sue opere e del rapporto con i genitori, Monaldo e Adelaide?
Leopardi e il rapporto conflittuale con i genitori: le lettere
Grande sofferenza, conflitti continui e freddezza affettiva hanno segnato il rapporto di Giacomo Leopardi con gli austeri genitori: il conte Monaldo e la nobildonna Adelaide Antici. Come capita per tanti letterati, il ruolo della famiglia determina la formazione psicologica e, di conseguenza, quella poetica dello scrittore. I genitori di Leopardi, per come vengono da lui stesso descritti, sembravano incapaci di capire le sue esigenze espressive e affettive. Nella mondo della poesia, questo grande genio della letteratura riusciva a trovare il suo rifugio.
Monaldo era un padre conservatore e autoritario, che pare ostacolasse completamente la libertà del poeta. Nel 1819, Giacomo tentò di fuggire e di avere un passaporto per il Regno Lombardo-Veneto, ma il conte, una volta trovato il suo documento, lo spinse a rinunciare alla partenza. Pronto a dirgli addio, in quell’occasione, Giacomo scrisse diverse Lettere al padre e in una in particolare, famosa, mai inviata e pubblicata postuma. Dietro al tono di dispiacere e riverenza, si nasconde un forte bisogno di evasione:
Mio Signore Padre. Sebbene dopo aver saputo quello ch’io avrò fatto, questo foglio le possa
parere indegno di esser letto, a ogni modo spero nella sua benignità che non vorrà ricusare
di sentire le prime e ultime voci di un figlio che l’ha sempre amata e l’ama, e si duole infinitamente di doverle dispiacere. […]Voglio piuttosto essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi, tanto più che la noia, madre per me di mortifere malinconie, mi nuoce assai più che ogni disagio del corpo.”
E Monaldo non vedeva di buon grado nemmeno le opere di suo figlio. In particolare, le Operette morali (1827), interpretate da Monaldo come una sfida alla moralità, alla tradizione e alla fede.
Il padre di Leopardi suggerì al figlio di modificarne il testo. Giacomo nei suoi confronti nutriva frustrazione, insofferenza, voleva trovare in lui un riconoscimento che non arrivò mai. Il rapporto era dominato da continue tensioni.
Anche la madre Adelaide era una donna difficile da gestire: dall’indole fredda, era spesso descritta come incapace di compassione, molto legata alle convenzioni sociali, all’idea di famiglia rispettabile e alla religione. Nelle prime lettere leggiamo un Leopardi dal tono umile, disperato, che teme le critiche della madre alle sue opere ed è bisognoso non solo di riconoscimento, ma anche di affetto.
Già ben prevedo, che una critica inevitabile mi sia preparata. Questa composizione, mi par di sentire, è troppo breve, ed in qualche luogo lo stile è basso. Io non so che rispondere a questa critica, ma mi contento di pregarla a considerare la scarsezza del mio ingegno e a credermi.
Sappiamo inoltre che Giacomo, già a undici anni, utilizzava un tono molto distante con sua madre. Colpisce il fatto che la chiamasse “Signora” fin da bambino e il linguaggio era formale per ogni occasione.
L’isolamento, la gobba di Leopardi e i problemi di salute
Isolamento, sofferenza fisica, una salute cagionevole e tanto altro ci fanno immaginare una vita senza grandi rapporti sociali per il Giacomo Leopardi.
Lo affliggevano gravi problemi di salute che iniziarono a insorgere tra il 1815 e il 1816. Soffriva in quel periodo di dolori reumatici acuti e di profondi disagi a livello psicologico. Lui stesso, nelle opere e nelle lettere, attribuiva la malattia all’immobilità perpetua data dagli studi nella biblioteca di suo padre Monaldo.
Tutto iniziò con un’affezione polmonare, poi la febbre e, infine, la famosa deviazione della spina dorsale, la sua “doppia gobba” di cui tanto si parla ancora oggi. Aumentarono con il tempo i suoi problemi, che divennero cronici, accompagnati da altre disfunzioni corporee: cardiache, circolatorie e perfino gastrointestinali. Non mancavano problemi respiratori gravi, come l’asma e la tosse persistente, insieme a forti difficoltà alla vista, tanto che nel 1819, come raccontato nel suo Zibaldone, arrivò addirittura a perderla.
“[…] Nel 1819 dove privato dell’uso della vista, e della continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia infelicità in un modo assai più tenebroso.”
La vita privata di Leopardi: gli amori nelle opere del poeta
Non si può dire, tuttavia, che il suo privato non fosse segnato da sentimento e passione: il poeta molto spesso era trafitto dalle frecce di Cupido, ma i suoi amori sono ricordati sempre come infelici o non ricambiati.
Il primo amore ricordato da Leopardi è quello del 1817, provato per una sua cugina conosciuta a Recanati: Gertrude Cassi Lazzari. Il poeta ne parla in Diario del primo amore e nell’elegia Il primo amore, che poi confluirà nei Canti, in cui il sentimento è descritto come ingenuo, ma molto intenso. Una fiamma accesa e poi spenta rapidamente per un’emozione che però non ha avuto fortuna per il giovane Leopardi.
Tra le figure più famose della vita di Leopardi c’è la nobildonna fiorentina Fanny Targioni Tozzetti, animatrice di un salotto letterario. L’amore provato da lei per il poeta è descritto come travolgente, bruciante, mai ricambiato. Dalla delusione profonda per questo amore mai andato a buon fine, è nato il Ciclo di Aspasia: un insieme di poesie dedicate all’amarezza riguardo l’amore mai corrisposto.
Altra donna che segna la vita di Leopardi è stata Maria Belardelli, una tessitrice di Recanati. Gli studiosi la accostano alla Nerina nominata ne Le ricordanze, dove simboleggia il risultato negativo delle illusioni giovanili. Anche lei è presente nella poetica Leopardiana legata al mondo delle illusioni, per simboleggiare la fugacità della felicità, dell’entusiasmo e del tempo dal momento che morirà giovane, lasciando un profondo vuoto nel petto del sensibile poeta.
Chi era Silvia di Leopardi? La donna della famosa poesia
Ma chi era Silvia? La protagonista di A Silvia, una delle liriche più famose del poeta, è stata identificata con il vero nome di Teresa Fattorini, la giovane figlia del cocchiere di casa Leopardi. Nata e cresciuta proprio a Recanati, fu strappata alla vita dalla tubercolosi nel settembre 1818 a soli ventun anni. Il nome poetico scelto dall’autore si ispira alla ninfa descritta da Torquato Tasso nell’Aminta.
Giacomo la guardava spesso attraverso la finestra, dalla biblioteca di suo padre. Era rimasto colpito dalla sua fiamma giovanile, dalla speranza che incarnava, l’illusione di una vita da vivere, radiosa davanti a lei, sfumata d’un tratto a causa delle sfortunate incombenze dell’esistenza.
Nessuna relazione amorosa sbocciò tra Leopardi e Teresa. La sua è stata più una riflessione universale e intima sulla fugacità della vita e l’imprevidibilità della Natura indifferente e crudele, nucleo fondante della sua poetica.
Stasera, 7 gennaio 2025, su Rai1 verrà trasmessa in prima visione la Fiction dedicata alla vita del poeta.
In sintesi
- Rapporto conflittuale con i genitori: Il poeta ebbe un rapporto difficile con i genitori, Monaldo e Adelaide. Il padre, autoritario e conservatore, ostacolava la sua libertà, mentre la madre, distante e fredda, non offriva il supporto affettivo che Leopardi cercava.
- Problemi di salute e isolamento: A partire dal 1815-1816, Leopardi soffrì di gravi problemi fisici (dolori reumatici, malattie respiratorie e la “doppia gobba”), che peggiorarono a causa dell’isolamento e dell’eccessivo studio, alimentando la sua infelicità e isolamento sociale.
- Amori infelici e ispirazione poetica: Sebbene la sua vita amorosa fosse segnata da amori non corrisposti (come con Gertrude Cassi Lazzari, Fanny Targioni Tozzetti e Maria Belardelli), questi sentimenti infelici sono diventati una fonte di ispirazione poetica, come nel Ciclo di Aspasia e nelle sue elegie.
- Silvia e la sua morte prematura: Silvia, protagonista della famosa lirica A Silvia, è identificata con Teresa Fattorini, la giovane figlia del cocchiere di casa Leopardi. Morta di tubercolosi nel 1818, la sua figura rappresenta l’illusione di una vita radiosa che svanisce tragicamente, riflettendo il tema leopardiano della fugacità della vita e della natura indifferente.