Pino Daniele, di cui oggi ricorre il decennale della morte, non aveva un carattere facile. Chi l’ha conosciuto racconta che era il contrario del napoletano che il folklore vuole socievole, espansivo, sempre allegro, con la battuta pronta, sveglio fino a travalicare il confine della furbizia e talvolta a sconfinare nell’opportunismo.
Daniele Giuseppe, come si presentava agli amici prima che il successo lo rendesse un mito vivente, era molto schivo. Di quelli con un carattere difficile. Come, del resto, era un altro grande napoletano del Novecento: Eduardo De Filippo.
Anche per questo, quindi, Pino Daniele non ha mai avuto un rapporto facile con la politica. La vedeva a modo suo. Si considerava, ed era, di sinistra: le prime apparizioni davanti a un vero pubblico le fece alle Feste dell’Unità organizzate dal Partito Comunista, negli anni Settanta, a Napoli soprattutto, dove il Pci riuscì ad esprimere anche un sindaco altrettanto mitico, Maurizio Valenzi. Detto questo, però, Pino Daniele, come tanti altri artisti, non è mai stato etichettabile.
Era un artista, non un politico. Ed era un napoletano che non le mandava a dire, quando parlava. Così gli capitò di essere querelato da Umberto Bossi, e non per la famosa strofa de “‘O scarrafone” “questa Lega è una vergogna”, no. E gli capitò, a un certo punto, anche di mandare a quel paese il politico con il quale più legò: un altro sindaco di Napoli di sinistra, Antonio Bassolino.
In ogni caso: a volte, era così sincero da sfiorare l’autolesionismo.
Pino Daniele, il mascalzone politico tra Bassolino e Bossi
E comunque: Pino Daniele iniziò la sua carriera artistica anche grazie alla politica. Lo ammise lui stesso in una intervista che concesse nell’aprile del 2012 al settimanale Oggi:
“Quando combattevamo contro la Dc di Andreotti, la sinistra aiutava la cultura. Io sono nato artisticamente e mi sono pagato l’affitto con le Feste dell’Unità”
A chi gli chiedeva se poi, in cambio, la politica non pretendesse il tornaconto, lui rispose così:
“Certo, ma la politica – sinistra, destra, centro – da sempre succhia tutto, quando serve. Allora come fai ad avere fiducia nelle istituzioni? Adesso, per esempio, abbiamo un governo tecnico: io aspetto quello eletto dal popolo. Quel che è successo negli ultimi anni mi ha deluso. Non capisco come un popolo possa permettersi un presidente del Consiglio così, certi parlamentari, gente che ruba… Forse ce lo meritiamo”
Quando il Mascalzone spese queste parole era in carica il Governo Monti che stava salvando l’Italia dal capitombolo finanziario, per intenderci (e dare a Cesare quel che è di Cesare).
La battaglia contro la Lega di Bossi
E comunque: non si può parlare dei rapporti tra Pino Daniele e la politica senza citare uno dei suoi brani più famosi: ‘O scarrafone. Uscì nel 1991: la Lega di Bossi faceva capolino sullo scenario nazionale promettendo ai suoi la secessione e il verso “questa Lega è una vergogna” fece scalpore.
Certo: Bossi faceva davvero poco per apparire simpatico a chi abitava a sud della pianura padana. Ma i guai veri con lui arrivarono solo una decina d’anni più tardi, quando ci fu il primo tentativo della Lega di diventare un partito nazionale.
Nel 2001, capitò che Alleanza Nazionale organizzasse a Napoli un importante summit con tutti gli allora alleati di governo. Dovette mettere piede in città anche Bossi, quindi. Il quale, però, dovette essere scortato da Alessandra Mussolini, una a cui il coraggio non è mai mancato, tra due ali di folla che lo insultavano, quando decisero di fare passerella lungo via Chiaia. Nella foto Ansa, la faccia del Senatur dice tutto
Ma, in quell’occasione, andò a finire a tarallucci e vino, come si dice – per l’appunto – a Napoli. Bossi si mangiò una bella pizza e si mise a cantare “Maruzzella”, un classico del repertorio partenopeo. Ma quando fu chiesto a Pino Daniele che ne pensava, gli scappò detto che Bossi era “un uomo di m…”. Al che il Senatur non gliela fece passare liscia: lo querelò chiedendo 40 mila euro di risarcimento. La cosa andò avanti: nell’ottobre del 2007, Daniele Giuseppe fu rinviato a giudizio. Poi, in realtà, la cosa non si sa con precisione come andò a finire. È certo, comunque, che il destino volle che, in occasione dell’ultima apparizione di Pino Daniele in tv, il 31 dicembre 2014, in diretta da Courmayeur, quella strofa non la cantò.
Odi et amo con Bassolino
Pino Daniele ha avuto un rapporto conflittuale anche con la sinistra. Nato artisticamente all’epoca della grande ambizione del Pci di Berlinguer, per parafrasare il film di Andrea Segre, con lui il “Neapolitan power” raggiunse la vetta del successo anche in contrapposizione agli schemi rigidi del partito che, non a caso, già aveva visto con sospetto il Sessantotto.
E comunque: Antonio Bassolino fu il suo sindaco. Tanto da inserirlo in una canzone “Canto ‘do mar” che faceva: “Faciteme passà, aggià parla cu Bassolino”.
In effetti, quest’ultimo aveva un rapporto speciale con il Mascalzone. Tanto che spesso e volentieri ricorda quando gli chiese di esibirsi per i detenuti di Poggioreale, a Napoli. E lui, era il settembre del 1995, Napoli in pieno Rinascimento bassoliniano, non si fece pregare. L’associazione Sudd, che fa capo all’ex sindaco, lo ha ricordato con un lungo filmato su YouTube
Come dire: questa era la politica che piaceva a Pino Daniele. Quella in cui si sentiva a suo agio e che sentiva sua. Quando, infatti, seppe che lo stesso Bassolino, qualche anno più tardi, da Governatore della Campania, aveva osato incoronare Gigi D’Alessio “erede della scuola di Mario Merola”, si sentì subito tradito tanto da dichiarare:
“Ora che Bassolino ha abbracciato Gigi D’Alessio, io posso abbracciare Fini o Alemanno. Non ci sono più confini tra idee diverse, nè limiti al buongusto”
In effetti, D’Alessio da sempre è legato al centrodestra. E, soprattutto, musicalmente, nulla ha a che vedere con Pino Daniele.
Gli ultimi anni
In ogni caso: con l’andare degli anni, anche Pino Daniele imparò ad essere un po’ più diplomatico con la politica. Certo, per il concerto che ne celebrava i trent’anni di carriera, nel 2008, dopo averla sostenuta in campagna elettorale, ebbe modo di litigare anche con l’allora sindaca di Napoli Rosa Russo Iervolino sebbene quest’ultima dovette sudare sette camicie per dargli di nuovo piazza Plebiscito, come fu per una mitica notte di San Gennaro, nel 1981. Una notte con un concerto nella piazza più iconica di Napoli con Pino Daniele e la sua band (e che band! Da Tullio De Piscopo a Joe Amoroso, da Tony Esposito a James Senese e Rino Zurzolo) che qualcosa di più politico non potevano immaginare di fare: Napoli che si apriva al mondo, come ricordò, in occasione del quarantennale, anche il Tg3
E comunque: dicevamo che, con gli anni, divenne più morbido. Testi come quello di “Musica musica” “E adesso vuoi una sedia / Ma una sedia elettorale / E con i piedi gonfi come hai voglia di votare” erano irripetibili, di un’altra stagione in cui giustamente Pino Daniele decise di non rimanere prigioniero. Così, una volta, addirittura ringraziò pubblicamente l’allora ministro di un governo Berlusconi, Stefania Prestigiacomo, per essersi data da fare per liberare Napoli dall’emergenza rifiuti.
Certo: se gli si chiedeva di Apicella e Berlusconi, rispondeva lapidario:
“Non so nemmeno chi è, non mi interessa”
Ma Pino Daniele era così. E forse la cosa più politica di lui in occasione del decennale della morte, l’ha detta un suo grande compagno di viaggio: un altro napoletano con un carattere difficile, James Senese, intervistato da Gennaro Marco Duello di Fanpage
“‘O sistema fa in modo che tutto cambia e anche l’artista in qualche modo cambia per adeguarsi. Ci vuole una forza maggiore per essere se stessi fino all’ultimo”
Sta di fatto che ci si può almeno illudere quanto basta pensando che con Pino Daniele il sistema sia cambiato almeno un po’ in meglio.
Oggi Napoli lo celebra per l’ennesima volta come uno dei suoi figli migliori: il sindaco Gaetano Manfredi ha dichiarato che la sua canzone preferita è “Anna verrà”, ma soprattutto che la città continua a rilanciarsi anche grazie alla sua arte. Del resto, qualcuno ha detto che gli ultimi dieci anni, Pino Daniele non li ha vissuti. Ma li ha raccontati lo stesso.