Ieri, a Napoli, anzi, a Scampia, che è un quartiere di Napoli ma che per molto tempo ha rappresentato un mondo parallelo, si è completato lo sgombero delle ultime undici famiglie che vivevano nelle Vele. Ora, l’amministrazione di centrosinistra guidata dal neo presidente dell’Anci Gaetano Manfredi, potrà procedere all’abbattimento di altre due delle tre rimaste.

In piedi ne rimarrà solo una, la più piccola, che sarà riqualificata e destinata a sede di uffici pubblici. In un primo momento si è pensato di trasferirci la sede della Città Metropolitana, ma chissà.

Fatto sta che, nel nome della progettualità e della collaborazione istituzionale, in quest’inizio 2025, le ruspe hanno fatto di nuovo ingresso sullo scenario della politica italiana. Centrodestra e centrosinistra hanno brindato assieme alla missione compiuta a Napoli. Ma se oggi tutti salgono sul carro/ruspa dei vincitori, in passato, le pale meccaniche sono state oggetto di grandi discordie.

A prendere l’abitudine – se non il gusto – di azionarle è stato per primo, giusto dieci anni fa, Matteo Salvini: a un certo punto della sua carriera, si era messo in testa, ben prima di diventare ministro dell’Interno, quando faceva opposizione al Governo Renzi, di spalare, radere al suolo tutto ciò che gli sembrava storto. In primis, i campi rom. Ma non tutti gradivano. E, quando si spegnevano le telecamere, si arrestavano anche le ruspe: con lui alla guida, anche del Viminale, hanno raso al suolo poco o nulla.

Manfredi dopo Salvini: ma a Scampia le ruspe si azionano davvero

Insomma: le ruspe Salvini le ha annunciate ma Manfredi sarà il prossimo destinato ad azionarle.

Non è il primo, per carità: l’operazione abbattimento delle Vele a Scampia è iniziata la bellezza di 28 anni fa. All’inizio, infatti, i palazzoni che sono diventati il simbolo di Gomorra erano sette e si estendevano su un’area di 115 ettari. La prima demolizione avvenne nel dicembre 1997, sindaco Antonio Bassolino. E per dire della difficoltà dell’operazione, il primo tentativo di buttare giù il primo degli enormi palazzoni fallì: le cronache dell’11 dicembre 1997 raccontarono che la Vela F, la prima che doveva scomparire, resistette a ben 160 cariche di esplosivo. L’operazione fu portata a termine solo il giorno dopo. Con gran sollievo da parte di tutti.

Ma, per la successiva demolizione, passarano tre anni: si era già nel 2000. Altri tre per la terza, e siamo nel 2003 (sindaco di Napoli Rosetta Iervolino). Addirittura diciassette per la quarta, e siamo balzati nel 2020 (sindaco De Magistris). Per la quinta e per la sesta si deve aspettare gennaio e marzo 2025.

“Finalmente avremo la nuova Scampia”

ha dichiarato l’attuale sindaco di Napoli annunciando l’avvio del piano di riqualificazione battezzato ReStart Scampia: con le demolizioni già programmate, l’obiettivo è di consegnare il nuovo quartiere, con 433 nuovi alloggi, entro la fine del 2027.

L’operazione-Scampia

E insomma: l’operazione-Scampia non è affatto facile. Governare significa programmare. E avere anche pazienza. Con le demolizioni, deve andare di pari passo la costruzione di nuovi alloggi popolari con criteri opposti a quelli che hanno segnato l’infelice esperienza delle Vele: all’insegna del verde, dell’ecosostenibilità e delle assegnazioni trasparenti dei nuovi appartamenti.

Il Comune di Napoli, dopo una sede dell’università Federico II, inaugurata a ottobre del 2022, vuole fare di Scampia un modello di riqualificazione urbana, un pò come il Governo Meloni vuole fare in un altro luogo tristemente conosciuto alle cronache: il Parco Verde di Caivano. Ma per queste cose non basta svegliarsi una mattina e saltare a bordo di una ruspa. C’è bisogno di tempo.

E pensare che le Vele di Scampia, realizzate negli anni Settanta con i finanziamenti della Cassa del Mezzogiorno su disegno dell’architetto Francesco D Salvo ispirato, a sua volta, dallo svizzero Le Corburier e dal francese Andrè Minangoy (che, in effetti, fece quelle di lusso sul porto di Villeneuve-Loubet, in Costa Azzurra, come da foto sotto)

dovevano essere un modello di nuova urbanizzazione. Invece, ben presto, divennero il simbolo della piazza di spaccio più grande d’Europa e della camorra più efferata. Nel 2004, quei palazzoni fecero da scenario a una delle guerre di camorra più lunghe e violente che abbia mai vissuto Napoli, la faida di Scampia, appunto: oltre cento vittime. “Gomorra – la serie” ci ha campato per anni. Tanto che a un certo punto non si sapeva più cosa era fiction e cosa realtà

Sta di fatto che le Vele hanno rappresentato un tormento per la politica (non solo napoletana) fino a luglio scorso quando, nell’unica che dovrà rimanere in piedi, il cedimento di un ballatoio provocò la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici, di cui sette bambini.

L’operazione di ieri, invece, il Comune l’ha condotta d’intesa anche con il Comitato Vele e ha avuto l’applauso del ministro Piantedosi e della premier Meloni sui social:

“Lo Stato c’è”

Salvini senza parole

Ma, paradossalmente, ora che le ruspe possono ripartire alla grande, chi è rimasto in silenzio è colui il quale le ha evocate per prima: l’attuale vicepremier Matteo Salvini. Fa un po’ sorridere che ieri sera abbia avuto modo di postare sui social la storia di una gattina salvata da un carabiniere

ma nulla su Scampia. Eppure, sono indimenticabili le scene quando era lui a voler azionare le ruspe: nel 2014, quando era all’opposizione del governo Renzi, le considerava addirittura “uno strumento di equità sociale” contro i campi rom, come testimonia il video dell’agenzia Vista

Ma fu il 2015 l’anno-boom delle ruspe targate Salvini. Per fare opposizione al Governo Renzi. A novembre, in occasione di una puntata di “Porta a Porta”, da Vespa, il leader della Lega si sistemò una ruspa addirittura come spilla sulla cravatta.

A giugno di quell’anno, si fece fotografare in un campo, in Emilia, davanti a un altro esemplare al grido “Cacciamo Renzi con la ruspa!”

E, a Pontida, poteva mai mancare la maglietta “Ruspa in azione”?

La ruspa divenne finanche un gadget per i militanti del Carroccio

E la brandiva continuamente soprattutto contro i campi rom: “Con noi al governo li eliminiamo in tre mesi”, giurò una volta. Ma nel 2018, quando effettivamente andò al Governo con il Movimento Cinque Stelle e divenne ministro dell’Interno, fece appena in tempo a farsi una foto opportunity con sullo sfondo quella che stava demolendo la villa dei Casamonica a Roma

Ora, invece, quando le ruspe si mettono in moto a valle di un processo lungo e laborioso, non sono cosa per lui: rischiano di diventare per Salvini solo un’occasione per litigare con Giorgia Meloni. Dipende da quanto si dimostrerà geloso (del lavoro altrui).