La Procura di Bari ha avviato un’inchiesta per abbandono di minore contro ignoti in seguito al tragico ritrovamento di un neonato senza vita all’interno della culla termica della chiesa di San Giovanni Battista, nel quartiere di Poggiofranco.

Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti, quella che il bimbo possa essere morto per il freddo, a causa di un difetto nel sistema dei sensori o di una porta rimasta aperta, che non avrebbero permesso l’attivazione del riscaldamento del lettino. L’altra è che sia stato lasciato lì già morto.

Una cosa è certa: l’allarme collegato al cellulare del parroco, don Antonio Ruccia, che ha già salvato due bambini nel 2020 e nel 2023, non è scattato. Tanto che alla fine, a scoprire il corpicino, è stato il titolare di un’agenzia funebre che si era recato in chiesa per un funerale, entrando nell’apposita stanza, inaugurata nel 2014, per mostrarla ai colleghi.

“Era immobile, la carnagione chiara e nulla era accanto a lui”, ha dichiarato Roberto Savarese all’Ansa, spiegando che, a suo avviso, il bambino aveva trascorso lì “le ultime 24-48 ore”. Una cosa inaccettabile, secondo Teresa Ceni Longoni del Centro di aiuto alla vita (Cav) di Abbiategrasso-Magenta, fondatrice del sito Culleperlavita.it.

Il tragico caso del neonato trovato morto a Bari

Gli accertamenti degli agenti della squadra mobile della questura di Bari si avvalgono, tra le altre cose, dei filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona. Ma sarà necessaria anche un’autopsia sul corpicino del neonato.

“Per me è un infanticidio”, ha detto all’Agi don Antonio, spiegando che “se fosse stato vivo, la porta non sarebbe stata lasciata aperta, sarebbe stata richiusa e sarebbe scattata subito la notifica”. Poi ha aggiunto: “Probabilmente la mamma del piccolo avrà voluto garantire il funerale del bambino”.

La necessità di una legge che regoli le culle per la vita

A chiarire come siano andate davvero le cose saranno le autorità competenti. Intanto, però, c’è chi riflette sul tema delle culle per la vita in modo più ampio, auspicando cambiamenti. “Le culle sono un presidio socio-sanitario fondamentale, ma non sono normate”, ha spiegato a Tag24 Teresa Ceni Longoni, che dal lontano 2008 se ne occupa.

“Questo rappresenta un problema sia per le madri che decidono di lasciare il proprio bambino, perché sono passibili di denuncia per abbandono di minore, sia per i bambini stessi, poiché ad oggi chiunque può decidere di aprirle in qualsiasi luogo, senza alcuna garanzia di sicurezza”, ha proseguito. “Serve una legge“, ha aggiunto. “In Parlamento sono state depositate ben cinque proposte, ma nessuno si è mosso”.

“Ora che un bimbo è morto, ci sarà finalmente una svolta positiva? O ci faranno semplicemente chiudere le culle, così i bambini finiranno nei cassonetti?”, si chiede. “Basterebbe davvero poco: che il Parlamento cambiasse la legge che equipara il lasciare un bambino nella culla all’abbandono di minore. Poi toccherebbe alle Regioni (che da sole non possono fare nulla) recepirla e normare la questione”.

Di pari passo, bisognerebbe promuovere il parto anonimo, garantito in Italia da una legge del 2000, e fare in modo che, se una donna arriva in ospedale dichiarando di non voler riconoscere il bambino alla nascita, venga aiutata da personale qualificato. In molti casi, invece, le vengono fatte pressioni, con tutti i danni che ne derivano”.

Il parere di Teresa Ceni Longoni (Cav)

“In una culla che funziona come dovrebbe, come quella di Abbiategrasso”, spiega ancora la presidente del Cav, “basta schiacciare un pulsante per far aprire una botola in cui poggiare il bambino. Dopodiché la botola si richiude e non può essere più aperta, se non dall’interno. In contemporanea, oltre al riscaldamento, vengono inviati un segnale luminoso e sonoro nella sede del centralino del 118, presidiato h24”.

“Una telecamera consente agli operatori di guardare il video e rendersi conto dell’eventuale presenza di un bambino, per prenderlo in carico e portarlo in ospedale, affidandolo ai sanitari. Come secondo passaggio di sicurezza, ci sono dei numeri di cellulare collegati. Nel caso di Bari, il contatto del parroco è il primo passaggio. Secondo me è inammissibile”, ha aggiunto Ceni Longoni.

“Così come il fatto che la porta fosse aperta: è un grosso problema. Saranno le indagini a fare chiarezza, certo, ma non è possibile che il bambino sia stato ritrovato per caso dopo tanto tempo. Le culle sono necessarie, soprattutto dove ci sono sacche di povertà materna, al Sud, dove ci sono donne sfruttate nascoste, ma dovrebbero essere sicure. Se si maneggiano vite umane, non sono permessi errori“, ha concluso.

In molti ricorderanno la storia a lieto fine di Enea, lasciato nella culla della Mangiagalli di Milano e poi adottato.