È stato apprezzato dal centrodestra e dal centrosinistra, dalla maggioranza e dall’opposizione. Ma Sergio Mattarella, nel discorso di Capodanno, non ha fatto alcun cenno all’unica riforma costituzionale che nel 2025 potrebbe diventare realtà: quella della Giustizia. Per dimenticanza o per calcolo? Quel che è certo è che se la riforma Nordio andasse in porto, potrebbe intaccare anche il ruolo del Presidente della Repubblica in quanto la Costituzione lo mette a capo del Csm, il Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di amministrazione della giurisdizione e di garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati ordinari.
Mattarella non ha parlato della Giustizia. Perché?
Nei sedici minuti di discorso di fine anno, Mattarella ha toccato magistralmente tutti i temi di attualità. Ha citato il caso di Cecilia Sala, le storie emblematiche di Sammy Basso e Giulia Cecchettin. Ha fatto riferimento alla necessità di una pace giusta in Ucraina e all’opportunità di evitare una resa incondizionata al regime di Putin (“perché è giusto e perchè è l’unica garanzia di una vera pace, evitando che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa”). Il Presidente ha parlato addirittura di “patriottismo”, facendo felice Giorgia Meloni. Ma forse il suo messaggio più forte è stato quando ha detto:
“Tocca a noi trasformare la speranza in realtà”
Ora, tra le tante speranze degli italiani, c’è anche quella di avere una giustizia più giusta ed efficiente. Da anni si avverte la necessità di riformare quel mondo che, ad oggi, produce processi troppo lunghi, inchieste troppo spesso sballate, molti magistrati che si muovono per simpatie politiche, troppi innocenti in carcere.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, per mettere mano a questi problemi, sta mettendo in campo la sua riforma. Che ha un caposaldo: la separazione delle carriere dei magistrati inquirenti e dei magistrati giudicanti.
Mattarella e i magistrati
Fatto sta che Mattarella, nel suo discorso di Capodanno, non ne ha fatto alcun cenno. Per questo, sono nate due fazioni. La prima crede che il silenzio del Capo dello Stato sia stato per preservare il cammino della riforma. La seconda, invece, che il silenzio non faccia altro che svelare la sua ostilità. Tanto che, nel suo discorso, Mattarella comunque ha richiamato alla responsabilità e al rispetto.
Ma tant’è: questi ultimi due concetti non necessariamente devono essere letti a vantaggio dell’intoccabilità delle toghe. Dovrebbero essere propri, ad esempio, anche del mondo dell’informazione che, invece, tende a dare un valore eccessivo a ogni iniziativa giudiziaria, alle accuse che di volta in volta si muovono soprattutto contro i politici, salvo poi, spesso, dimenticarsi delle sentenze: se quelle accuse hanno retto alla prova processuale.
I tentativi di riforma
Ora: dal 1989, dall’anno dell’entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale, si contano decine di interventi normativi sul comparto giustizia. Ma sempre e solo a livello superficiale, a livello organizzativo. La riforma del processo penale, il giusto processo, la riforma dei giudizi di pace, la riorganizzazione degli uffici, la scuola superiore della magistratura, la riforma fallimentare, le riforme Castelli, Mastella e quelle già avviate da Nordio. Ma il nocciolo della questione è da affrontare mettendo mano alle norme costituzionali. Da una parte, bisogna tutelare l’indipendenza dei magistrati; dall’altra bisogna evitare che continuino a essere una casta di intoccabili, anche quando hanno a che fare con la vita delle persone.
Mattarella, Musk e bacchettate
Certo è difficile capire cosa ne pensa Mattarella della riforma Nordio. A novembre scorso, fu pronto a sguainare la spada a favore della magistratura quando quest’ultima fu accusata da Elon Musk per il caso-Salvini. Tuttavia, non sono state sempre rose e fiori tra il Quirinale e le toghe. Esattamente un mese fa, tanto per fare un esempio, il 2 dicembre scorso, ricevendo al Quirinale i referendari di nuova nomina della Corte dei Conti, il Capo dello Stato ebbe a dire:
“Come sovente mi appare opportuno sottolineare e ricordare, il rispetto dei limiti delle proprie attribuzioni è garanzia, allo stesso tempo, della tutela dei magistrati rispetto ad altri poteri. Queste attitudini non sono volte ad affievolire, ma, all’opposto, a rafforzare l’indipendenza che contraddistingue la magistratura, soggetta soltanto alla legge”
Insomma: per Mattarella non è un sacrilegio riformare la giustizia. Ma sul come, si tiene lontano da ogni tipo di contesa: appare ed è imparziale, come gli detta la Costituzione, anche per rispetto dei membri di uno degli organi che presiede, il Csm.
Il riferimento alla situazione delle carceri
In ogni caso, martedì sera, in occasione del suo decimo discorso di fine anno da Presidente della Repubblica, Mattarella, mentre si toccava continuamente la fede (la moglie, Marisa Chiazzese, è morta nel 2012), con sullo sfondo la Madonna della seggiola di Raffaello e l’albero di Natale con i fiocchi e le palline gialle con sopra il richiamo degli articoli della Costituzione, l’ha fatto un cenno al mondo della giustizia italiano: quando ha parlato delle condizioni delle carceri italiane:
“Rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti. Anche per chi si trova in carcere. L’alto numero di suicidi è indice di condizioni inammissibili. Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere. Il sovraffollamento vi contrasta e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario. I detenuti devono potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine. Su questo sono impegnati generosi operatori, che meritano di essere sostenuti”
Il passaggio è al decimo minuto del discorso messo online dall’agenzia Vista
E magari il Presidente l’ha utilizzato come auspicio per un 2025 capace di portare novità significative.