Il 20 settembre 2009, il quarantanovenne Giuseppe Di Fenzo scomparve in circostanze misteriose da Bagnoli Irpino, in provincia di Avellino.

Artigiano di professione, originario del comune partenopeo di Melito, aveva lavorato per anni presso una ditta che installava tende da sole e veneziane. Successivamente aveva scelto di mettersi in proprio e iniziare un nuovo capitolo della sua vita.

Un periodo positivo e ricco di cambiamenti. Tra questi, il desiderio di fittare una casa in campagna, immersa nel verde, dove trascorrere in tranquillità i fine settimana insieme alla famiglia.

Una serenità stroncata sul nascere. In una fredda domenica d’autunno, prima del pranzo domenicale e dopo essere uscito insieme alla moglie, le figlie e il cognato per raccogliere legna in un bosco vicino, sparirì per sempre, senza lasciare tracce.

Da quel momento in poi, nessuno ha avuto più sue notizie.

Le ipotesi dietro la scomparsa

“Dov’è andato Giuseppe? È stato forse stato vittima di un incidente, di un malore tra le campagne?”. È quello che si chiedono i suoi parenti, gli amici e le persone a lui affezionate, tormentate ormai da sedici lunghi anni.

Quel giorno, Giuseppe si sarebbe allontanato dalla famiglia intorno alle 11:30, forse alla ricerca di funghi, una sua grande passione, nei boschi circostanti a Bagnoli.

La vasta area circostante, caratterizzata dal Monte Cervialto e altre vette imponenti, potrebbe averlo disorientato, rendendo impossibile il ritorno.

Non si esclude che possa essere stato vittima di un attacco da parte di animali selvatici, come il lupo appenninico o i cinghiali, sebbene entrambi siano generalmente schivi e poco inclini al confronto con l’uomo.

Esito negativo delle ricerche

Le ricerche dell’allora quarantanovenne si sono protratte per oltre due settimane, coordinate dai carabinieri del comando locale insieme all’ausilio di unità cinofile e volontari esperti.

In quei drammatici momenti, sono intervenuti anche speleologi. Il loro contributo è stato fondamentale per escludere la presenza di un cadavere, grazie alla loro approfondita conoscenza di grotte e cavità naturali e all’utilizzo di strumenti specializzati, come corde e imbracature, per raggiungere luoghi difficilmente accessibili.

Nonostante il lungo lavoro d’indagine e il grande lavoro di squadra dei vari enti coinvolti, le investigazioni si sono concluse con esito negativo, gettando il nucleo familiare nello sconforto più totale.

La richiesta di morte presunta

Nel 2020, il Tribunale di Napoli con decreto n. 6777/2019, ha ordinato la pubblicazione della richiesta di morte presunta di Giuseppe Di Fenzo.

L’atto presente sul sito della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, ha invitato chiunque avesse informazioni relative alla sparizione dell’uomo o potenziali avvistamenti, entro sei mesi dalla pubblicazione dell’atto.

Autonomamente, le figlie continuano a cercarlo, nella speranza che l’oggi sessantacinquenne possa finalmente tornare dalle persone amate e dai suoi sei nipoti, nati negli anni successivi alla tragedia.

“Sono la figlia di Giuseppe, condividete in tanti magari realizzate il nostro sogno più grande quello di trovarlo e che soprattutto stia bene. Oltre a noi lo aspettano 6 dolci nipotini tra l’altro maschi! Grazie a tutti per la disponibilità e complicità e scusate X il post troppo lungo”.

Il caso analogo di Luigi Belvedere

Un caso ricco di similitudini con questa vicenda è quello di Luigi Belvedere, sessantottenne scomparso da Frigento, sempre in Alta Irpinia, nel 2019.

L’anziano, affetto da problemi di salute pregressi, uscì per una passeggiate nelle vicinanze della propria abitazione e non fece più ritorno a casa.

Non portò con sé il cellulare, che avrebbe potuto essere utile per una potenziale richiesta di soccorso, né i suoi documenti d’identità.

In un momento di confusione, come presumibilmente accaduto a Di Fenzo, potrebbe aver chiesto a potenziali turisti o residenti un passaggio in auto fino a raggiungere i paesi limitrofi o la “Porta dell’Inferno”, situata nella vicina “Valle D’Ansanto”, fenomeno naturale di origine sulfurea.

Negli anni, quest’area è stata teatro di incidenti, come l’esalazione da gas tossici di animali quali cani e gatti ed episodi legati alle sabbie mobili, nelle quali l’uomo potrebbe essere caduto, senza più possibilità di riemergere.

La speranza è che entrambi, qualora fossero ancora vivi, possano prima o poi tornare dai propri familiari, ponendo fine a questo lungo e doloroso silenzio assordante che, per entrambe i cari coinvolti, è durato fin troppo.