L’era del gas russo nell’Unione Europea è ufficialmente terminata con l’1 gennaio 2025. Le forniture di gas russo verso il blocco si sono interrotte con la scadenza di un accordo quinquennale stipulato tra l’operatore di transito ucraino, Naftogaz, e la compagnia statale della Russia, Gazprom.

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, i paesi dell’Ue hanno ridotto significativamente la dipendenza dal gas russo. Alcuni stati dell’Europa orientale, però, per rispondere al proprio fabbisogno energetico, hanno continuato ad importare gas principalmente da Mosca.

La Commissione europea rassicura che l’impatto dell’interruzione sarà limitato. Tuttavia, il primo giorno del 2025 segna la fine del gas russo a basso costo in Europa. Gli stati che restano ancora dipendenti dalle forniture di Mosca saranno costretti a rifornirsi per mezzo di rotte alternative anche se questo significherà un costo più alto rispetto allo scenario precedente.

Russia, la fine del transito del gas russo attraverso l’Ucraina

L’accordo sulle forniture di gas tra Naftogaz e Gazprom è giunto al termine. Firmato nel 2019, il patto tra gli operatori di gas russo e ucraino è rimasto in vigore nonostante lo scoppio della guerra nel 2022. Per oltre 30 anni, la Russia ha fornito gas all’Europa attraverso il territorio ucraino. Le esportazioni di gas russo sono state sospese dopo che Kiev ha deciso di non rinnovare l’accordo, scaduto negli ultimi giorni del 2024.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha dichiarato che il suo paese non avrebbe permesso alla Russia di “guadagnare altri miliardi sul nostro sangue”. Mentre la guerra si avvicina al terzo anno, Kiev ha intensificato gli sforzi per colpire l’economia russa, mirando a ridurre le sue fonti di reddito e a indebolirne le capacità finanziarie.

L’antica rotta del gas russo, che collegava Mosca all’Europa attraverso l’Ucraina, rappresentava una fonte significativa di entrate per la Russia e di tasse di transito per Kiev. L’Ucraina si troverà a fronteggiare una perdita annuale di circa 800 milioni di dollari derivanti dalle tasse di transito, mentre Gazprom subirà un calo di circa 5 miliardi di dollari nelle vendite di gas.

L’impatto sull’economia russa ed europea: vie alternative

L’Europa ha già iniziato a diversificare i fornitori di gas naturale in risposta all’invasione russa del territorio ucraino. Durante questo periodo, l’Ue ha incrementato le importazioni di gas naturale liquefatto proveniente dal Qatar e dagli Stati Uniti, riuscendo così a garantire forniture alternative. La Norvegia ha fornito gas attraverso le sue condutture, contribuendo a ridurre la dipendenza dal gas russo. I fornitori minori includono i paesi nordafricani e il Regno Unito.

La Commissione europea ha rassicurato che la quota della Russia può essere completamente sostituita dal gas naturale liquefatto e dalle importazioni tramite gasdotti non russi. Mosca, quindi, avrebbe perso il proprio volume di vendita principalmente in favore di questi paesi.

Secondo i dati forniti dal Consiglio europeo, la quota di gas russo importato nell’Unione Europea è diminuita drasticamente, passando dal 40 per cento nel 2021 all’8 per cento nel 2023. Prima della ricerca di alternative, la Russia forniva gas naturale attraverso gasdotti tra cui quelli che attraversano Bielorussia e Polonia, Ucraina, Nord Stream sotto il Mar Baltico e il Turk Stream sotto il Mar Nero, passando per la Turchia.

Divisioni tra i paesi europei sullo stop del gas russo

Diversi stati membri, tra cui Austria e Slovacchia, hanno continuato ad importare notevoli quantità di gas russo. Le autorità austriache, però, non prevedono interruzioni grazie alle riserve e a fonti diversificate. La decisione dell’Ucraina di non rinnovare l’accordo ha già causato gravi tensioni con la Slovacchia. Il premier slovacco, Robert Fico, ha minacciato di interrompere la fornitura di elettricità all’Ucraina. Bratislava si prepara ad affrontare un aumento dei costi per il transito del gas attraverso rotte alternative.

Anche la Moldavia, che aspira a far parte del blocco europeo, sarà colpita dalla fine dell’accordo, poiché il paese genera gran parte della sua elettricità tramite una centrale alimentata a gas russo.

L’Ungheria, invece, riceve la maggior parte delle sue importazioni di gas russo tramite il gasdotto TurkStream e quindi non subirà grandi disagi.

Secondo gli analisti, la maggior parte dei paesi europei, inclusa l’Italia, dovrebbe avere stoccaggi necessari in quantità sufficienti a non provocare allarmi per la notizia della chiusura della tratta ucraina. Tuttavia, la diversificazione delle forniture ha comportato una riduzione dei contratti a lungo termine, il che potrebbe tradursi in un aumento dei costi per i cittadini dei singoli paesi europei.