Debutto cinematografico per la regista Christy Hall che, in “Una Notte a New York”, ha diretto gli attori Dakota Johnson e Sean Penn. Il film si svolge quasi interamente all’interno di un taxi e ruota tutto intorno a un fitto dibattito tra i due protagonisti a proposito delle relazioni umane e sentimentali.
“Una Notte a New York”, recensione
A brillare nella notte come la luce abbagliante d’un faro ci sono due bellissimi occhi turchesi con delle piccole pagliuzze dorate a incorniciargli le pupille. Dalla forma un po’ allungata come quelli di un cerbiatto, non è banalmente il colore chiaro a renderli così unici e affascinanti, quanto un’espressione penetrante e triste. Quegl’occhi sono di Girlie (Dakota Johnson) che appena salita su un taxi fuori dall’aeroporto JFK di New York incontrano immediatamente dallo specchietto retrovisore quelli smaliziati e fintamente distratti, azzurri come il mare, delineati da una manciata di rughe, di Clark (Sean Penn). Girlie ha poco più di trent’anni e sembra non riporre più alcuna speranza nel futuro, come se si fosse smarrita in una quotidianità senza gioia. È appena rientrata da un viaggio in Oklahoma, dove è andata a trovare sua sorella, e ora il suo telefono squilla di continuo. A cercarla con insaziabile insistenza è un uomo che frequenta da qualche tempo ormai: colto da un bruciante appetito sessuale, come un’afflizione che non lo lascia quasi respirare, le chiede disperato di infilare il telefono tra le gambe, spostando gli slip, e di scattare una foto smaliziata da potergli inviare per alleviare le sue insopportabili sofferenze. E dunque, non vi fa pena questo disgraziato uomo affranto da una simile perdizione maledetta? Si dà il caso però che il poveretto sia sposato e abbia pure due figli. Girlie, purtroppo, come tante altre donne sole che non hanno ancora trovato il loro posto nel mondo, della sua fragile vulnerabilità ne ha fatto un’arma con la quale metaforicamente si infligge da sola delle ferite autolesionistiche, finendo sempre per rimanere intrappolata in legami sentimentali inconcludenti facendo ricadere la sua scelta sugli uomini sbagliati.
Ed è proprio per questo che non riesce a dire un no netto a quell’uomo che con delle simili richieste la mette in imbarazzo e in crisi da mesi. Ma pur essendo stanca è come se non fosse in grado di scacciarlo dalla sua vita del tutto, aggrappata a un sottilissimo filo di speranza che la loro relazione possa in qualche modo evolversi, rimanendosene con una matassa aggrovigliata fra le mani tentando testardamente di scioglierne i nodi. Clark, quasi fosse un chiaroveggente, da navigato seduttore capisce immediatamente che cosa sta succedendo. Del resto nella sua esistenza ne ha collezionate di conquiste e proprio su quello stesso taxi ha incontrato una delle sue mogli. Traditore, fedifrago, disonesto, sembra però adesso, in tarda età, aver ritrovato una sorta di redenzione ed è per questo che da subito si comporta con Girlie quasi come se fosse suo padre. In un lungo viaggio per Manhattan, bloccati nel traffico, i due avranno modo di conoscersi e confrontarsi in un intenso, fitto, dibattito sulle relazioni umane.
“Una Notte a New York”, critica
Presentato in anteprima il 1° settembre 2023 alla 50ª edizione del Telluride Film Festival, a Telluride, in Colorado, e distribuito successivamente nelle sale statunitensi il 28 giugno scorso, “Una Notte a New York” è il nuovo film drammatico, uscito il 19 dicembre in Italia, che vede protagonisti gli attori Dakota Jhonson e Sean Penn. Esordio alla regia per l’americana Christy Hall che ha interamente scritto e diretto questo lungometraggio, sceneggiatrice anche del controverso “It Ends With Us” del 2024, tratto dall’omonimo romanzo di Colleen Hoover, del regista Justin Baldoni.
Che dire, ho trovato “Una Notte a New York” piuttosto banale e inutilmente pretenzioso. Quasi del tutto ambientato all’interno di un taxi, la pellicola ruota intorno a un dialogo presuntuosamente cinico che dovrebbe risultare in qualche modo filosofico, ma non è altro che una serie, trita e ritrita, di luoghi comuni sulle logiche maschili in termini di sesso e sentimenti romantici. Un po’ alla maniera del dialogo tra Alex e Gigi in “La Verità è Che Non Gli Piaci Abbastanza”, del 2009, diretto da Ken Kwapis, dove si fa a pezzi, attribuendosi da soli questa autorevolezza da guru delle relazioni, il genere maschile e di conseguenza anche quello femminile, quest’ultimo ritenuto troppo ingenuo per comprendere i “diabolici raggiri dell’uomo cattivo” (…), dimenticandosi dell’individualità di ogni singola persona.
Essendo cresciuta senza la figura paterna, forse è per questo che da tutta la vita cerco negli uomini, pur accostandomi sempre a quelli della peggior specie che finiscono puntualmente per rovinarmi l’esistenza, la conferma che non esistono differenze intellettive tra maschio e femmina, ma solo tra persona intelligente e persona stupida. Per quanto spesso abbia visto palesarmi davanti degli orrendi e immorali comportamenti stereotipati, che dovrebbero presumibilmente appartenere più all’universo maschile che femminile, continuo con caparbietà a rifiutarmi di credere che tutto questo sia insito nella natura di un genere sessuale e non al contesto culturale in cui cresciamo. Sono fermamente convinta che l’intelligenza, più o meno ampia, sia un fattore determinante per allontanarci da quelle che sono le abitudini convenzionali. Ci sono altri fattori, certo, tipo i traumi infantili, o i modelli comportamentali che i nostri genitori ci hanno mostrato durante l’infanzia, ma appunto non credo che la faccenda si riduca a quale sesso apparteniamo. Penso sia troppo comodo e anche troppo facile dare la colpa delle cattive azioni al dosaggio ormonale prodotto dal nostro organismo. Per tanto va da sé che questo tipo di film non mi appartiene affatto, non incontrando il mio gusto. Comunque interpretato molto bene da entrambi gli attori. Mi spiace, ma due virgole otto stelle su cinque.