Schlein avvisata, mezza salvata: anche nel 2025 il Partito Democratico dovrà continuare a votare per sostenere militarmente la resistenza ucraina contro l’invasore russo. Certo: la speranza è quella di un cessate il fuoco e di una pace giusta. C’è poi da considerare che l’anno nuovo porterà con sè la nuova amministrazione Trump, il cui atteggiamento sarà decisivo per le sorti della guerra scatenata dalla Russia di Putin. Sta di fatto che i dem continueranno a sostenere il governo Meloni sul fronte ucraino.

Oggi, l’ha ribadito l’ex ministro della Difesa e attuale presidente del Copasir Lorenzo Guerini. Il quale è anche uno dei leader dell’ala riformista del Partito Democratico, quella parte del partito di cui la segretaria non può fare a meno se vuole coltivare il sogno di essere candidata premier del centrosinistra alle elezioni politiche del 2027.

Il 2025 del Pd ancora al fianco di Kyev

Secondo Guerini, continuare a sostenere l’Ucraina è “giusto e necessario”

“Giusto perché si tratta del sostegno alla resistenza di un popolo contro chi ne vuole limitare la libertà con la forza e contro chi vuole imporre il ritorno al proprio passato imperialista travolgendo i principi e i valori che sono alla base della nostra convivenza. Necessario per consentire all’Ucraina, quando arriverà, spero presto, il negoziato, di giungerci in una posizione che le consenta di aspirare a una pace giusta e vera”

ha dichiarato al Foglio l’esponente dem. Soprattutto per chi ha orecchie per intendere: vale a dire proprio Elly Schlein che, sul fronte della collocazione internazionale, non può certo schiacciare il Pd sulle posizioni, ad esempio, dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, da lei fatto eleggere eurodeputato in quota Pd. E pacifista senza se e senza ma

Guerini e l’ala rifomista

Guerini, sottolineando che il Pd non potrà far mancare il suo sostegno all’Ucraina, ha anche evidenziato che il fronte riformista interno al partito non è scomparso. Non è diviso. E nemmeno alla ricerca di un papa straniero come Ernesto Ruffini.

“Non mi unisco al totonomi. Tutti coloro i quali intendono contribuire alla costruzione di un nuovo centrosinistra che sia una forte e credibile alternativa alla destra è benvenuto. Guai se il Pd rinunciasse ad avere robuste dosi di riformismo e non avesse l’ambizione di parlare a tutta la società italiana e guai se coltivassimo l’autosufficienza. Per questo servono alleati forti”

è il ragionamento del presidente del Copasir.

L’ipotesi Picierno anti-Schlein

Sta di fatto che il Pd riformista ha bisogno di una leadership forte. E per qualcuno starebbe già coltivando la sua anti-Schlein: sarebbe Pina Picierno, la vicepresidente del parlamento europeo.

Campana della provincia di Caserta, quarantatrè anni, cresciuta in una famiglia da sempre impegnata in politica, mosse i primi passi nella Margherita grazie a Ciriaco De Mita, al cui linguaggio dedicò la tesi di laurea in scienze della comunicazione. Due volte parlamentare in Italia, tre volte eletta a Bruxelles, Picierno incarna al meglio le idee dell’ala riformista proprio a iniziare dal posizionamento internazionale

La sua posizione sull’Ucraina, poi, è da sempre molto chiara. Anche perché, a suo avviso, i tentacoli del regime di Putin si allungano non solo sulla Georgia, ma anche su un altro Paese europeo: la Romania

Non è affato fantapolitica, quindi, immaginare che nel 2025, in casa Pd, potrebbe innescarsi una dialettica più forte tra le due anime del partito, quella più di sinistra incarnata dalla Schlein e quella più riformista rappresentata dalla Picierno. Con la geopolitica internazionale destinata a fare da primo discrimine.