Quella del suicidio di Donato Denis Bergamini fu solo una messinscena. È quanto si legge nelle oltre 500 pagine delle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso ottobre, i giudici della Corte d’Assise di Cosenza hanno condannato l’ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, a 16 anni di reclusione, riconoscendola colpevole di omicidio volontario aggravato in concorso con ignoti.
Omicidio Denis Bergamini, le motivazioni della sentenza
La donna, oggi 55enne, avrebbe svolto un ruolo attivo nell’omicidio dell’ex. Se ha evitato l’ergastolo, è perché i giudici hanno ritenuto che le attenuanti generiche prevalessero sull’aggravante della premeditazione, contestatale insieme a quella del mezzo insidioso e dei motivi abietti e futili, rappresentati dalla decisione del calciatore di interrompere la loro relazione, da lei non accettata.
Si trattò, in pratica, di un “delitto passionale”, pianificato e compiuto con l’intento di “dare una lezione” al 27enne. La stessa Isabella Internò avrebbe “messo in atto ai danni di Bergamini una condotta oggi ascrivibile al reato di atti persecutori, all’epoca reato non previsto dal Codice penale”, arrivando a considerarlo come una sua proprietà, scrivono sempre i giudici.
Isabella Internò e l’omicidio commesso in concorso con ignoti
Donato Denis Bergamini fu trovato senza vita il 18 novembre del 1989. Il suo cadavere era adagiato lungo la statale 106 Ionica a Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza, paesino dove diversi anni prima si era stabilito dopo essersi trasferito da Argenta, in provincia di Ferrara, per intraprendere la carriera calcistica.
Si pensò subito a un suicidio: Isabella Internò, che era con lui al momento dei fatti, raccontò che il 27enne si era gettato sotto un camion al culmine di una discussione, sostenendo di non essere riuscita a fermarlo. I familiari, però, non le credettero.
Nel 2017, una nuova perizia diede loro ragione, riscontrando sul corpo del calciatore “segni di soffocamento” riconducibili a una sciarpa o a un sacchetto di nylon. Il nome di Isabella Internò fu quindi iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio.
Nel 2024 è arrivata la condanna. Secondo i giudici, in concorso con ignoti, Internò avrebbe “narcotizzato Bergamini” o ne avrebbe comunque “ridotto la capacità di difesa” per poi cagionarne la morte “asfissiandolo meccanicamente”. Alla fine, “ponendolo, già cadavere, sotto il camion condotto da Raffaele Pisano”, allo scopo di simularne un suicidio.
La tormentata relazione tra Bergamini e Internò
I rapporti tra i due si erano fatti tesi. Nel 1987, due anni prima della tragedia, Internò era infatti rimasta incinta. Bergamini, che pure si era detto intenzionato a crescere il figlio, si era rifiutato di accettare il matrimonio riparatore (non l’aveva cioè sposata in risposta alla gravidanza), perché la considerava “troppo gelosa”. Isabella, quindi, aveva abortito in una clinica di Londra. Uccidendolo avrebbe puntato a “salvare il suo onore” e quello della sua famiglia.
La richiesta di ulteriori indagini da parte della Corte
La Corte ha chiesto che gli atti processuali siano trasmessi alla Procura della Repubblica affinché proceda per il reato di falsa testimonianza nei confronti di alcuni familiari di Internò: la madre, la zia, alcuni cugini e il camionista Pisano, che sarebbe stato a sua volta complice. Lo riporta Rai News.
È Il Resto del Carlino, invece, a riferire della richiesta dei giudici di indagare uno dei cugini della donna per il reato di concorso in omicidio. Richiesta che deriverebbe dall’intercettazione ambientale di una conversazione che l’uomo avrebbe avuto con sua moglie nel 2019, durante la quale la stessa gli avrebbe detto, riferendosi alla sorella della vittima, Donata:
Bergamini dovrebbe farti a pezzi come hai fatto con lui, vigliacco.
Si aspettano ora sviluppi.
Una sintesi per punti della vicenda
- Motivazioni della sentenza di condanna: la Corte d’Assise di Cosenza ha condannato Isabella Internò a 16 anni di reclusione. La donna, oggi 55enne, era accusata dell’omicidio dell’ex fidanzato Donato Denis Bergamini, avvenuto nel 1989. Nelle motivazioni i giudici scrivono che agì in concorso con ignoti, spinta da motivi “passionali”, non avendo accettato la decisione del calciatore di interrompere la loro relazione dopo un aborto.
- La dinamica del delitto: secondo le ricostruzioni, Bergamini sarebbe stato narcotizzato, asfissiato con l’uso di uno “strumento soft” e successivamente posto sotto un camion per simulare un suicidio.
- Le ulteriori indagini: la Corte ha richiesto nuove indagini per accertare la falsa testimonianza di alcuni familiari di Internò e per indagare un cugino della donna, sospettato di concorso in omicidio. Ad incastrarlo ci sarebbe un’intercettazione ambientale.