L’arresto della giornalista Cecilia Sala, avvenuto in Iran lo scorso 19 dicembre 2024, ha assunto contorni confusi e inquietanti. Non si hanno notizie delle accuse a suo carico né dei motivi che hanno portato alla sua detenzione nel carcere di Evin, che le autorità iraniane di solito destinano ai loro oppositori politici.
Quest’ennesimo colpo alla libertà di stampa e del lavoro dei giornalisti non ha lasciato indifferente il mondo della politica italiana e il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso l’auspicio che Sala possa tornare a casa il prima possibile: “Il governo chiede discrezione e riservatezza per una trattativa che deve essere diplomatica per garantire la sua sicurezza e il suo rientro in Italia“.
Tajani ha inoltre considerata fantasiosa l’ipotesi che l’Iran abbia arrestato la giovane giornalista romana come ritorsione dopo un altro arresto, quello di un cittadino 38enne svizzero-iraniano accusato di aver fornito materiale pericoloso ai Pasdaran: il gruppo di guardie rivoluzionarie iraniane è considerato terroristico da parte degli Stati Uniti.
Tajani sull’arresto di Cecilia Sala: “Sta bene”
Il caso politico del giorno è sicuramente quello che riguarda l’arresto di Cecilia Sala, giornalista de Il Foglio e di Chora Media detenuta nel carcere iraniano di Evin dallo scorso 19 dicembre 2024. Ad oggi non sono stati rilasciati commenti ufficiali da parte delle autorità politiche o diplomatiche iraniane, lasciando molti dubbi sulle accuse che hanno portato all’incarcerazione della giovane giornalista.
Come accaduto in passato proprio con l’Iran (la mente torna al 2022 quando venne arrestata la blogger Alessia Piperno), la Farnesina e la diplomazia italiana si sono subito attivate per la liberazione di Sala. Un qualcosa che coinvolge non soltanto la famiglia della giornalista, ma anche i media più in generale: se non emergessero accuse concrete nei confronti della reporter romana, si paleserebbe un grave attacco da parte dell’Iran alla libertà d’espressione e all’autonomia giornalistica.
Attestati di sostegno sono arrivati in queste ore, non appena diffusasi la notizia (a cavallo fra Natale e Santo Stefano), da colleghi e colleghe giornalisti e da tante forze politiche e, nel caso del Movimento 5Stelle, è giunta anche una richiesta al vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani di riferire in Parlamento di cosa in concreto si stia facendo per il rilascio di Sala.
La risposta di Tajani, anche se non indirizzata direttamente ai pentastellati, può riassumersi nell’espressione di “vigile attesa”: tutte le risorse disponibili sono in questi momenti di tensione adoperati per riportare in Italia Sala, ma è necessario un surplus di attenzione e di discrezione da parte di tutti gli attori coinvolti.
È in buona salute, si trova in una cella singola. Non possiamo dire altro al momento, stiamo monitorando la situazione con molta attenzione. Vedremo quali sono i capi di imputazione. Il governo sta lavorando con la massima discrezione per cercare di riportarla in Italia. Abbiamo agito con discrezione, siamo d’accordo con la famiglia che ci ha chiesto di mantenere il riserbo sulla situazione. Ora stiamo lavorando con il ministero degli Esteri e il nostro consolato in sintonia con la presidenza del Consiglio. Sala ha parlato due volte con i genitori e ieri ha ricevuto la visita della nostra ambasciatrice in Iran.
Essendoci, come accennato, silenzio da parte iraniana, in tanti si domandano le motivazioni che hanno portato all’arresto della giornalista. Da sempre impegnata in delicati reportage dall’estero con al centro diritti umani e ruolo delle donne nella società, Sala aveva un regolare permesso per operare in Iran e per intervistare le persone del posto.
Cosa ha portato però al suo trasferimento nell’istituto carcerario di Evin, dove le autorità iraniane di solito lasciano i dissidenti politici? In queste ore è emersa l’ipotesi di una ritorsione violenta a livello diplomatico, dopo che un cittadino svizzero-iraniano è stato fermato a Malpensa con l’accusa di aver fornito supporto materiale ad un’organizzazione terroristica straniera.
Tajani considera questa ricostruzione come una fantasia giornalistica, che nulla ha a che fare con ciò che sta subendo Sala in Iran. L’Italia, secondo il leader di Forza Italia, ha soltanto collaborato con gli organi giudiziari statunitensi che avevano attenzionato il 38enne svizzero-iraniano:
Non c’è stata nessuna cosa pilotata: c’era un mandato di cattura internazionale per un cittadino svizzero-iraniano, che quando è atterrato a Malpensa è stato arrestato su richiesta di un’indagine giudiziaria americana. Ha un trattamento riservato ai detenuti non condannati e i detenuti vanno trattati con rispetto della dignità della persona. Ma il cittadino svizzero-iraniano è stato arrestato prima della giovane Cecilia Sala.
La premier Meloni chiede cautela
Dai commenti di Tajani emerge come la questione sia considerata con estrema attenzione da parte di tutto il governo. L’ipotesi di una ritorsione diplomatica, seppur considerata di scarso valore dallo stesso ministro degli Esteri, in queste ore ha acquisito sempre più forza anche in coincidenza con l’area geografica in cui è avvenuto.
Reporter Senza Frontiere, insieme ad altre associazioni e ONG, denuncia da tempo che la figura del giornalista è diventato un bersaglio sensibilissimo per regimi teocratici o autocratici, non soltanto in occasione di conflitti (si pensi a quello in corso fra Russia ed Ucraina, o quello che oppone Israele ad Hamas), ma anche in circostanze in cui leggi o querele proditorie vengono agitate in stati democratici.
In tanti poi hanno considerato le richieste di liberazione di Sala legittime, certo, ma anche criticando il silenzio di quelle occasioni – purtroppo molte – in cui la libertà di stampa viene difesa soltanto quando fa più comodo.
L’idea è quella di intralciare e rendere tanto difficoltoso – a livello economico e tempistico – il lavoro giornalistico che si rinuncia in molti casi a portarlo avanti. Tornando al governo, una nota diffusa nella mattinata di oggi 28 dicembre da Palazzo Chigi indica che la premier Meloni segue con attenzione la vicenda ed è in costante contatto con la famiglia di Sala:
Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, segue con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala fin dal giorno del fermo, il 19 dicembre. E si tiene in stretto collegamento con il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il Sottosegretario Alfredo Mantovano, al fine di riportare a casa al più presto la giornalista italiana. D’accordo con i suoi genitori, tale obiettivo viene perseguito attivando tutte le possibili interlocuzioni e con la necessaria cautela, che si auspica continui a essere osservata anche dai media italiani.
Tajani: “Favorevoli alla diplomazia, ma senza resa dell’Ucraina”
Tajani dedica spazio anche ad un altro fatto che, anche se non ha guadagnato molto spazio sui media, ha sicuramente un suo peso. Un gruppo di hacker filorussi, NoName057(16), in un post su Telegram ha rivendicato di aver colpito i siti della Farnesina e quelli degli aeroporti di Linate e Malpensa.
L’Italia si ritrova al centro della guerra ibrida russa, che mescola disinformazione e falsità a colpi che mirano a bloccare e a rallentare l’attività informatica istituzionale. In questo senso le strutture italiane si ritrovano a scontare un forte ritardo rispetto agli altri stati europei, generando così forti disagi.
Cecilia Sala, ce lo auguriamo, sarà liberata presto. Al di là della vicenda giudiziaria, sulla quale non ci sarà probabilmente mai nessuna spiegazione ufficiale, il dato politico è che l'Italia oggi non vale nulla. E non vale nulla perché è divenuta l'esecutore della politica…
— Antonello Sacchetti (@anto_sacchetti) December 27, 2024
Tajani assicura che la situazione è sotto controllo, ricordando come nella stessa Farnesina sia in atto una profonda riorganizzazione per evitare altri attacchi simili:
L’attacco è in corso, ha colpito i siti di varie aziende compresa Malpensa e Linate e la Farnesina. E’ il terzo attacco da parte degli hacker russi.
Infine, un passaggio dedicato anche alle recenti dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, che dietro la volontà apparente di chiudere il conflitto con l’Ucraina (rilanciata praticamente soltanto dai media italiani) nasconde in realtà la solita convinzione di volerlo fare da una posizione di forza.
Una sorta di ricatto nei confronti degli ucraini o l’attesa dell’insediamento di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti? Tajani ricorda come la posizione italiana sia quella della diplomazia:
Noi siamo favorevoli ad una conferenza di pace, pace che però non significhi la resa dell’Ucraina, questo è il punto fondamentale. Stiamo lavorando anche con la Svizzera per cercar di dar vita ad una conferenza internazionale dove ci sia anche la Russia, la Cina, il Brasile, ci sia l’India, in modo che tutti quanti siano parte di un accordo che porti alla pace.
I tre punti salienti dell’articolo
- Arresto di Cecilia Sala: la giornalista Cecilia Sala è stata arrestata in Iran il 19 dicembre 2024, senza che siano stati resi noti i motivi o le accuse a suo carico. È detenuta nel carcere di Evin, noto per ospitare oppositori politici. La diplomazia italiana, incluso il ministro degli Esteri Antonio Tajani, sta lavorando discretamente per ottenere il suo rilascio.
- Ipotesi di ritorsione diplomatica: si è speculato su un possibile arresto di Sala come ritorsione per l’arresto di un cittadino svizzero-iraniano accusato di supporto ai Pasdaran, ma Tajani ha respinto questa ipotesi, confermando che il suo arresto è avvenuto prima di quello della giornalista.
- Supporto e attenzione politica: il governo italiano, con la premier Giorgia Meloni, sta seguendo la vicenda con attenzione. È stato chiesto di mantenere un basso profilo nella gestione diplomatica per garantire la sicurezza di Sala, evitando speculazioni mediatiche.