Domani, venerdì 27 dicembre 2024, la Legge di Bilancio 2025 arriva in Senato per l’approvazione definitiva, dopo il via libera ottenuto il 20 dicembre alla Camera dei deputati.

L’approvazione deve avvenire necessariamente entro il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio.

Visti i tempi strettissimi, i margini di discussione a Palazzo Madama saranno molto ridotti e i senatori – costretti a rinunciare alla pausa natalizia – non potranno fare altro che approvare il testo della Manovra senza modifiche.

Un calendario serrato che dovrebbe culminare con la votazione finale sabato 28 dicembre.

Manovra 2025, approvazione blindata

La Manovra da 30 miliardi, licenziata dalla Camera dei Deputati prima dello stop natalizio, è arrivata blindata al Senato lunedì 23 dicembre per l’avvio della discussione in Commissione Bilancio.

Discussione che riprenderà domani mattina alle 11,00 poche ore prima dell’arrivo in Aula previsto per le 14,00. Probabilmente non ci sarà tempo per l’esame dei circa 800 emendamenti presentati dalle opposizioni (a differenza di quanto avvenuto alla Camera, la maggioranza si è astenuta dalla presentazione di proposte emendative) né per la votazione del mandato al relatore.

Secondo fonti interne, la maggioranza sembrerebbe intenzionata a chiudere i lavori della Commissione senza affidare il mandato al relatore.

Alle 14.00, la Manovra 2025 arriverà in Aula, dove il Governo porrà la questione di fiducia, come già accaduto a Montecitorio, facendo così ‘cadere’ gli emendamenti presentati dalle opposizioni. Poi partirà la discussione con le dichiarazioni di voto e sabato 28 dicembre ci sarà la votazione finale.

Senato esautorato? Le accuse di monocameralismo

Nessuna discussione, quindi: il Senato dovrà semplicemente approvare la Manovra così com’è, svilendo il principio del bicameralismo sancito dalla Costituzione. Negli ultimi giorni dall’opposizione si sono sollevate numerose voci di protesta con diversi esponenti che denunciano la prassi del monocameralismo che dal 2018 a oggi ha caratterizzato l’approvazione di tutte le Leggi di Bilancio.

La Costituzione italiana prevede che ogni provvedimento licenziato dal Parlamento debba essere discusso e approvato da entrambi i rami e che, tanto i deputati che i senatori debbano avere la possibilità di modificare il testo con proposte emendative.

In teoria il principio è rispettato perché con l’approvazione anche da parte del Senato prevista per sabato, la Legge di Bilancio sarà approvata da entrambe le Camere e diventerà legge. In pratica, però, la situazione è diversa dal momento che i ritardi hanno reso impossibile per i senatori la discussione e la modifica del testo che di conseguenza è stato modificato da un solo ramo del Parlamento, esautorando l’altro.

Le reazioni di maggioranza e opposizione

Una prassi che ha fatto storcere il naso a molti anche in maggioranza costretti a far buon viso a cattivo gioco in mancanza di alternative. Al contrario, l’opposizione non è rimasta in silenzio.

Il deputato di Orizzonti Liberali, Luigi Marattin, ha denunciato l’anomalia democratica, evidenziando come sia ormai una prassi consolidata.

“Ampio spazio sui media natalizi al fatto che il Senato si lamenta perché non potrà realmente esaminare la legge di bilancio. Tra due giorni non se ne parlerà più. Fino all’anno prossimo, quando andrà in onda la stessa identica situazione a rami del parlamento invertiti: la legge di bilancio 2026, infatti, rimarrà due mesi al Senato, e la Camera sarà chiamata tra Natale e capodanno a fare una trafila completamente inutile (com’è accaduto l’anno scorso).”

ha scritto il deputato sul suo profilo X.

Proteste anche dal Pd, dal Movimento 5 Stelle e da tutti gli altri partiti di opposizione che dovranno rassegnarsi a vedere i propri emendamenti cancellati senza poterli discutere.

In conclusione

In conclusione, la gestione della Legge di Bilancio 2025 ha sollevato un acceso dibattito riguardo il ruolo del Senato e il rispetto del bicameralismo. La necessità di approvare la legge in tempi stretti ha di fatto ridotto drasticamente la possibilità di discussione e modifica, limitando il dibattito a Montecitorio e svuotando di contenuto il ruolo del Senato.

Questo ha generato forti critiche, soprattutto dalle opposizioni, che denunciano un’erosione dei principi democratici e un consolidamento di prassi monocameraliste. Il rischio è che questo modello, se ripetuto, possa indebolire il funzionamento del sistema parlamentare, riducendo il confronto tra le due Camere e penalizzando la qualità del processo legislativo.