Le fazioni di gruppi armati hanno raggiunto un accordo per sciogliersi. Il leader de facto della Siria, Ahmed al-Sharaa, ha annunciato che l’accordo prevede la consolidazione di queste fazioni sotto il ministero della Difesa. I ribelli jihadisti dell’Hayat Tahrir al-Sham (Hts) e i suoi alleati avevano lanciato, il 27 novembre, un’offensiva e in meno di due settimane avevano conquistato la capitale Damasco segnando così la fine del regime di Bashar al-Assad. Mentre continua la formazione di una nuova leadership nel paese, l’intesa contribuirà alla ristrutturazione dell’esercito. Restano incerte le dinamiche di potere che coinvolgono altri attori.

I gruppi ribelli in Siria accettano di sciogliersi

L’Hts e le altre fazioni dell’opposizione, tra cui l’Esercito nazionale siriano sostenuto dalla Turchia, hanno lanciato un’avanzata il 27 novembre. L’offensiva dell’opposizione è arrivata dopo quattro anni dall’accordo tra Turchia e Russia che aveva segnato un periodo di relativa cessazione dei combattimenti. I jihadisti hanno conquistato le principali città siriane, tra cui Aleppo, Homs e Damasco, in soli undici giorni. L’8 dicembre i ribelli armati dell’Hts hanno catturato Damasco. L’arrivo dei jihadisti nella capitale è stato piuttosto rapido. Dopo tredici anni di guerra civile, Bashar al-Assad è fuggito dalla Siria. La ricostruzione del paese prosegue.

Il leader de facto della Siria, Ahmed al-Sharaa, precedentemente noto come Abu Mohammed al-Jolani, ha annunciato, il 24 dicembre, che le fazioni di gruppi armati hanno accettato di sciogliersi. L’accordo è stato reso pubblico dopo una riunione tra al-Sharaa e altri leader delle fazioni ribelli. Questa intesa pone le basi per un esercito siriano unificato sotto il ministero della Difesa e rappresenta un passo verso la ristrutturazione di un governo centralizzato.

I curdi non fanno parte dell’accordo

La caduta del regime di Assad non ha lasciato un pieno controllo del territorio siriano ai nuovi governanti. Poiché Assad non deteneva l’intero controllo territoriale, le forze ribelli si sono trovate ad assumere il comando di alcune aree. L’Esercito nazionale siriano, sostenuto da Ankara, si scontra con le Forze Democratiche Siriane (Sdf), guidate dai curdi, per il controllo del nord e dell’est del paese. Per l’amministrazione turca, la presenza dell’Sdf nella zona di confine rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale.

L’SDF ha perso il controllo di Manbij e Deir az-Zor nei giorni scorsi. Il 25 dicembre Liveuamap mostra una presenza dominante dell’Sdf nel nord-est della Siria. I curdi, infatti, non hanno partecipato all’incontro dei capi ribelli né fanno parte dell’accordo con la nuova leadership siriana.

Nel nord della Siria sono in corso combattimenti. L’Sdf ha lanciato un’offensiva contro l’Esercito nazionale siriano per riconquistare le zone recentemente perse. La coalizione di milizie curde è sostenuta dagli Stati Uniti. Hanno avuto un ruolo significativo nella lotta contro l’Isis. Washington, infatti, continua a sostenere le forze curde contro una possibile rivitalizzazione delle cellule dello Stato islamico. Le dinamiche di potere lasciano aperta la questione del territorio controllato dall’Sdf e delle aree di dominio. Tra queste vi sono due campi, al-Hol e Roj, che ospitano migliaia di presunti combattenti dell’Isis e i loro familiari.

La formazione di una nuova guida in Siria

Assunta la guida del regime da suo padre Hafez, Bashar al-Assad ha guidato la Siria per circa 25 anni prima di fuggire in Russia l’8 dicembre. Le forze guidate da al-Sharaa hanno insediato un governo provvisorio di tre mesi. Il governo ad interim ha nominato Murhaf Abu Qasra come ministro della Difesa. Abu Qasra è un leader di alto rango dell’Hts che ha guidato operazioni militari contro il regime di Assad. La scelta fatta all’interno della piramide di potere dell’Hayat Tahrir al-Sham ha suscitato polemiche riguardo al precoce consolidamento di potere di questo gruppo nell’amministrazione siriana.

Il leader de facto della Siria ha promesso di non prendere di mira le minoranze etniche e religiose del paese. Le preoccupazioni sono cresciute, dato che la nuova amministrazione è prevalentemente islamista sunnita, mentre la Siria è un paese multietnico e plurireligioso con comunità di curdi, drusi, sciiti e cristiani. Al-Sharaa si è anche posto l’obiettivo di evitare nuovi conflitti nel paese, mentre persistono incertezze su come sarà l’amministrazione futura. Il futuro della Siria rimane, quindi, appeso ad un delicato equilibrio di potere.