Enrico Vanzina sarà il direttore del Festival internazionale del Cinema di Pompei. La nuova kermesse si terrà a giugno. Per il regista di Vacanze di Natale, quindi, si prospetta una nuova sfida.
Sta di fatto che Vanzina ha avuto già modo di avvisare che nelle nuove vesti non scenderà a compromessi con la politica. Nemmeno per disporre la linea editoriale: “Sarà un piccolo festival sull’identità culturale, ma non mi farò mangiare dalla politica. Chiunque ci provasse, riceverà un bel calcio nel didietro”, ha dichiarato alla Stampa. Ma perché, a Natale, ha voluto patti chiari e amicizia lunga?
La nomina di Vanzina al Festival del Cinema di Pompei
Vanzina a giugno del 2025 sarà il direttore artistico del Festival internazionale di Pompei, ma ha subito chiarito che non vuole essere in alcun modo influenzato dalla politica. Un avviso ai naviganti: la destra che vuole, attraverso le istituzioni culturali, imporre il suo modo di vedere, non fa per lui.
È da quando Giorgia Meloni al potere, del resto, dall’ottobre del 2022, che il tema dell’egemonia culturale è al centro del dibattito pubblico, specie quando si deve fare qualche nomina. Le polemiche si innescano puntualmente sul tentativo, denunciato dal centrosinistra, di imporre uomini di destra nei posti chiave delle istituzioni culturali italiane per dare spazio alla sua visione.
Così, ad ogni nomina in tv, la vicenda di Pino Insegno docet, ma anche nei vari festival, si ripete lo stesso copione. Anche quando è stato nominato Pietrangelo Buttafuoco direttore della Biennale di Venezia, ad esempio, non sono mancate le polemiche. Per la mostra sul Futurismo al Gnamm di Roma, poi, se ne sono sentite di cotte e di crude.
Ora, però, rischia di sollevare un polverone Vanzina a Pompei.
Vanzina sovranista a modo suo
Il regista di Vacanze di Natale ha detto che non vuole interferenze da parte della politica per il Festival internazionale del Cinema di Pompei che è stato chiamato a dirigere. Ma, nell’intervista che ha concesso alla Stampa, ha anche specificato che punterà sulla “identità culturale”.
Che significa? Vanzina è diventato nazionalista? Si allinea al credo meloniano della Nazione-Italia?
“No, il nazionalismo è un’altra cosa. L’identità cuturale è la necessità di convivere con le meraviglie e le criticità degli altri, con le loro differenze. Si basa sul confronto con gli altri”
In tal senso, Vanzina si è dichiarato un “liberale”
“Da liberale penso che la cultura debba diventare una federazione di culture in cui tutti hanno voce in capitolo, mantenendo la certezza di sapere da dove si viene”
Le radici di Vanzina
E Vanzina, da dove viene? Il papà, Steno Vanzina, fu il regista di Un americano a Roma, il film dove Alberto Sordi preferiva mangiare gli spaghetti anziché seguire una dieta americana
Correva il 1954, e Sordi che “distruggeva” il piatto di maccheroni e dava le pietanze americane al gatto e al sorcio di casa, visto con gli occhi di Vanzina di oggi, “raccontava bene l’identità culturale”, a differenza di tante altre commedie contemporanee.
In tal senso, Enrico Vanzina ha citato appositamente il padre: “Sono figlio del regista di Un americano a Roma”, ha ricordato sostenendo che il cinema è diventato “troppo globale”. Le piattaforme, secondo lui, hanno l’esigenza di avere un pubblico globale, e quindi di far passare opere con un linguaggio, una psicologia e degli standard globali. In tal senso, Vanzina direttore del Festival internazionale del Cinema di Pompei vorrà difendere (anche) l’italianità. Ma riuscirà a essere, tutt’al più, sovranista a modo suo, a non mettersi sullo stesso piano della destra antiglobalista?