In appena quindici giorni, tre assoluzioni eccellenti di altrettanti politici sono destinate a spingere la riforma della giustizia. Ieri, del resto, appena a Palermo è stata letta la sentenza che scagionava Matteo Salvini dall’accusa di aver intrattenuto indebitamente a mare 147 migranti, la premier Giorgia Meloni, nella telefonata che gli ha fatto per congratularsi, si è riferita proprio al pacchetto Nordio, la riforma della giustizia che il titolare di via Arenula vuole portare in porto: “Caro Matteo, ora andiamo fino in fondo…”.

In più: oggi, un’altra telefonata è stata emblematica in tal senso, quella di Pier Silvio Berlusconi a Salvini, con quest’ultimo che gli ha promesso che il centrodestra concluderà quanto iniziato da suo padre, Silvio.

Del resto, che nel mondo della giustizia qualcosa non funzioni lo sanno bene anche alcuni esponenti dell’opposizione: Matteo Renzi, ad esempio, appena assolto con Maria Elena Boschi dal processo Open. E Stefano Esposito, ex senatore del Partito Democratico fortemente in ascesa fino a sette anni fa, quando una inchiesta lo ha costretto ad allontanarsi dalla politica.

E quindi: proprio queste tre assoluzioni arrivate nel giro di quindici giorni possono dare un colpo di acceleratore decisivo alla riforma della giustizia che l’Italia aspetta da anni.

Tre assoluzioni per la riforma della giustizia

E insomma: quando i pianeti si allineano, si direbbe: ora o mai più. Con la riforma dell’Autonomia mezza bocciata dalla Consulta, quella del premierato messa nel freezer, al Governo Meloni non rimane che la riforma della giustizia per segnare in maniera incisiva la seconda parte della legislatura. E le tre assoluzioni arrivate in rapida successione di Stefano Esposito, Matteo Renzi e Matteo Salvini possono dare un contributo decisivo per portarla finalmente in porto.

Matteo Salvini, indagato nel 2019 per il caso Open Arms è stato mandato a processo con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Ieri è stato assolto in primo grado perché il fatto non sussiste.

Matteo Renzi, sempre nel 2019, è stato indagato dalla procura di Firenze a proposito della fondazione Open in quanto sospettava che si trattasse di una articolazione del Partito Democratico costituita per violare le norme sul finanziamento ai partiti. Secondo l’accusa, attraverso la fondazione, sarebbero transitati 3 milioni e mezzo di euro. La contestazione che arrivò a Renzi, ma anche agli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti, è stata quella di finanziamento illecito. Ma il Gup, due giorni fa, ha bloccato tutto: non ci sono elementi per andare avanti con un processo.

A Stefano Esposito è andata molto peggio. Era stato accusato di corruzione, turbativa d’asta e traffico d’influenze. I pm, nel tentativo di provare la sua colpevolezza, hanno utilizzato anche intercettazioni illecite. Lui se n’è uscito da quest’incubo solamente dopo sette anni con un proscioglimento. Ma ormai con una carriera compromessa.

La risposta della politica

Proprio all’indomani dell’assoluzione di Esposito, il 4 dicembre scorso, è stato un parlamentare del Partito Democratico, Filippo Sensi, ad accusare in Aula tutti i partiti di fare poco, troppo poco per riformare un sistema giudiziario che lascia sul campo troppe vittime innocenti.

Ricordato che prima delle assoluzioni di Esposito, Renzi e Salvini sono arrivate anche quelle che hanno smontato il caso Consip, i numeri sono impietosi e, alcuni, come quelli di quante volte scattano ingiustamente le manette, li ha menzionati Enrico Costa, oggi parlamentare di Forza Italia ma in passato viceministro della Giustizia proprio col governo di centrosinistra di Matteo Renzi:

“Dal1992 a oggi quasi 100mila persone arrestate sono state poi assolte, ma solo 30mila hanno ottenuto il risarcimento. Le Corti hanno respinto oltre il 70% delle domande perché l’arrestato avrebbe concorso all’errore del magistrato, frequentando brutte compagnie o non rispondendo…”

Insomma, se ti arrestano ingiustamente, è in ogni caso sempre un pò colpa tua.

Può essere, quindi, la volta buona che la politica giunga a una riforma della giustizia?

Cosa prevede la riforma Nordio

Il ministro della giustizia Carlo Nordio, dopo l’abolizione dell’abuso di ufficio, la modifica del reato del traffico di influenze, la stretta alla pubblicazione delle intercettazioni telefoniche e la limitazione del ricorso alla carcerazione preventiva, punta alla madre di tutte le riforme nel campo della giustizia: quella della separazione delle carriere tra pm e giudici.

Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia, ha sottolineato come quest’elemento sia fondamentale per un processo giusto:

“Finalmente, mettiamo a terra un’idea del nostro Presidente Berlusconi, giusta e condivisa. Io credo che nonostante le contestazioni che ovviamente ci sono da una parte della magistratura, quella della separazione delle carriere è un punto di partenza importante perché garantisce una separazione tra chi giudica e chi fa le indagini e quindi mette nelle condizioni il cittadino di essere più sereno. Ovviamente la giustizia deve fare la sua parte, con la sua autonomia, ma sicuramente questo è un passo importante”

L’obiettivo della maggioranza è vedere la separazione delle carriere approvata alla Camera in prima lettura entro gennaio 2025. Forza Italia, poi, subito dopo, vorrebbe calendarizzare la riforma della prescrizione, delle intercettazioni e della legge Severino. Con la speranza che prima non debbano registrarsi altri martiri: solo telefonate per una riforma che servirebbe a tutti.