Non proprio all’ultimo secondo, ma quasi: l’assoluzione nel processo Open Arms è stata la più dolce delle notizie per Matteo Salvini. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture ha potuto sfruttare gli ultimi giorni del 2024 per ribadire non soltanto che la sua condotta politica nel caso della nave della ONG non fosse stata illecita, ma addirittura la sentenza dei giudici palermitani ne avrebbe sancito la liceità.
Salvini così facendo sfrutta il tempo che intercorre fra la sentenza e la pubblicazione delle motivazioni, appuntandosi a livello politico una medaglia dal peso non indifferente.
Ma com’è stato il 2024 per il leader leghista? Si potrebbe dire che è stato dominato da luci e ombre: fra sconfitte elettorali (come le regionali in Emilia-Romagna o in Umbria), vittorie (in Liguria) e possibili competitor nel campo della destra (Roberto Vannacci), l’assoluzione al processo di Palermo è stato un grosso sospiro di sollievo per Salvini.
Nel frattempo, ci sarebbe anche un ministero delle Infrastrtture da mandare avanti e manca poco alla scadenza dei vari progetti finanziati grazie al PNRR. Il 2025 per Salvini quindi potrebbe esser dominato dal mandare avanti queste opere (compreso il Ponte sullo Stretto di Messina), ma anche dagli scontri con i sindacati per le troppe precettazioni degli scioperi.
Il processo Open Arms: la vittoria politica di Salvini
Inutile girarci intorno: il 2024 di Matteo Salvini non sarà tanto ricordato per il suo lavoro al ministero delle Infrastrutture o per la capacità di dare un (nuovo?) indirizzo politico alla Lega, quanto per una data ben segnata sul suo calendario.
Il 20 dicembre 2024, a Palermo, il tribunale locale ha assolto il leghista dall’accusa di sequestro di persona nel caso Open Arms, quando nell’agosto 2019 121 migranti erano rimasti bloccati sulla nave della ONG. Fu una prova di forza da parte di Salvini, che probabilmente scavalcò gli allora colleghi di governo del Movimento 5Stelle fino a quando non fu costretto a concedere un porto per far sbarcare tutti quei migranti.
L’assoluzione del 20 dicembre però non significa liceità della condotta politica. Anche se le motivazioni della sentenza palermitana saranno disponibili fra 3 mesi, in molti si sono dedicati all’esercizio delle parole in libertà fornendo punti di vista e spiegazioni spesso non basate su appigli certi.
E ciò lo ha fatto lo stesso Salvini, pronto ad affermare che i giudici gli hanno riconosciuto che ha fatto il suo dovere per “difendere i confini dell’Italia“, quando con ogni probabilità l’intento dei magistrati era di assolvere il leader leghista da un’accusa forse non suffragata da elementi certi.
Tutti questi elementi di contesto servono a dare un colore diverso al 2024 di Salvini, che ha speso le ultime due settimane di dicembre con un’aria decisamente più serena e spavalda nei confronti non soltanto della Lega ma anche del suo stesso governo. L’ex ministro degli Interni (durante il governo giallo-verde) non ha fatto mistero – infatti – di voler ricoprire nuovamente quella carica, spingendo l’attuale ministro Matteo Piantedosi o a candidarsi come governatore della Campania o come nuovo capo del DiS.
In entrambi casi, la premier Giorgia Meloni non sembrerebbe per nulla interessata ad appoggiare le aspirazioni del Capitano. La tenuta del governo, ma soprattutto la definizione delle gerarchie all’interno della coalizione (Fratelli d’Italia sopra, Lega e Forza Italia a seguire e a scannarsi per le briciole) sono gli elementi imprescindibili che Meloni tiene in mente e mostra a tutti gli altri.
Tornando a Salvini, la sua preoccupazione nelle ore precedenti della sentenza palermitana era quella di mostrare che in entrambi i casi avrebbe vinto lui e soltanto lui. In caso di assoluzione, si sarebbe detto in pompa magna che attuare una determinata attività politica non costituisce reato; in caso di condanna, probabilmente ci sarebbero state violenti e veementi accuse contro le “toghe rosse politicizzate”.
Gli attestati di stima che l’ultradestra europea e non hanno mostrato (si pensi ad Elon Musk e ai suoi tweet contro i giudici italiani che decidevano sull’immigrazione) sono una piccola medaglia che Salvini può appuntarsi al petto, ma senza che quest’affetto transnazionale possa bastare a diventare moneta sonante per un altro incarico nell’attuale esecutivo.
Congresso e autonomia, spine per Salvini
Il processo Open Arms, come accennato, era il momento che poteva assumere agli occhi degli alleati e degli avversari politici salviniani il carattere del “fermi tutti” o del “via libera” per continuare o meno i propri progetti.
Prendiamo ad esempio la Lega, intesa come partito: nel 2025 si dovrebbe celebrare il primo congresso della “Lega Salvini premier”, partito nato nel 2018 in uno studio di un notaio per affrontare le allora Politiche e per evitare di continuare ad usare quel vecchio veicolo politico gravato da ben 49 milioni di euro di debiti.
Il condizionale in tal caso è d’obbligo: per gran parte del 2024, infatti, Salvini aveva mostrato una marcata insofferenza nei confronti dell’idea di sedersi a tavolino per discutere con altri all’interno del partito dell’indirizzo politico del suddetto.
Non si prospettano sfidanti interni all’orizzonte e quindi la sua leadership dovrebbe ancora una volta restare ben salda: l’incognita Roberto Vannacci può diventare indigesta, con l’europarlamentare e Salvini pronti a giurare che la loro alleanza è ben salda e che nessuno vuole giocare un brutto scherzo all’altro.
Resta innegabile però il fatto che, al netto di alcune uscite (come quella di Roberto Castelli che ha poi fondato il Partito Popolare del Nord), esiste un certo malcontento negli amministratori leghisti, principalmente nel nord-est italiano.
Da qui si passa ad un secondo punto che probabilmente il 2025 si incaricherà di acuire o di mettere a tacere: la riforma dell’autonomia differenziata, dopo la sentenza della Cassazione, è stata svuotata di gran parte dei suoi contenuti e rischia di arenarsi fra i progetti non più urgenti del governo. Da Forza Italia la sentenza era stata accolta con quell’interesse tipico di chi vede un qualcosa di importante per un alleato-avversario politico restare bloccato se non addirittura cancellato del tutto.
Mentre si discute ancora se i referendum promossi contro l’autonomia differenziata abbiano ancora un senso o meno, il Veneto guidato dal leghista Luca Zaia ha ammesso – abbastanza amaramente – che una tale confusione non gioverebbe al vero spirito della riforma e si è vista bloccare la trattativa per la devoluzione di alcuni Lep da parte del governo.
Salvini ha ben chiari due punti: da un lato la richiesta di tanti militanti e dirigenti leghisti di non abbandonare la storica tematica dell’autonomia (come ha ricordato il da poco eletto capo della Lega lombarda, Massimiliano Romeo), ma allo stesso tempo non rinunciare ad incidere a livello nazionale o europeo in termini di immigrazione, di sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia o di modifiche al Green Deal.
Il 2025 leghista: c’è spazio a destra?
Come visto, i temi sul tavolo sono parecchi e quasi ci si dimentica che Salvini ha anche un ruolo istituzionale, quello di ministro delle Infrastrutture per l’appunto. Il 2024 salviniano, in tal senso, è stato caratterizzato da uno scontro frontale e molto forte nei toni con due dei tre maggiori sindacati italiani (la CGIL e la CISL), accusati di aver usato lo strumento dello sciopero generale per colpire una fazione politica a loro invisa.
Accusa respinta al mittente, con Maurizio Landini che ovviamente tende a ribattere che l’attuale governo di centrodestra si è dimostrato sordo alle necessità dei lavoratori e delle lavoratrici italiane in molti settori sociali ed economici. I trasporti ne sono un esempio: se lo sciopero del 13 dicembre 2024 si è svolto grazie ad una decisione del Tar, quello del 29 novembre era stato precettato da Salvini, pur entrambi chiamati per mostrare che chi opera nel settore lo fa magari con contratti scaduti o sottopagati.
Una mossa che era seguita ad altre avvenute nello stesso 2024 e col medesimo tenore. Salvini utilizza, come spiegazione per le varie precettazioni, la necessità di milioni di italiani di lavorare e viaggiare in sicurezza e in comodità senza scioperi strumentali: il 2025 sarà una replica di questo scontro fra ministro e sindacati?
Conoscendo il temperamento dei soggetti in campo, la risposta può essere affermativa e Salvini – forse – dovrebbe anche sperare che non si presentino gaffe ad inficiarne la sua immagine. In tanti ricordano il famigerato “chiodo” che agli inizi di ottobre aveva portato alla cancellazione e ai ritardi di moltissimi treni: dare la colpa ad un oggetto così piccolo è sembrato un modo per sviare dalle proprie responsabilità.
Trasporti, scioperi, congresso leghista, rapporti con Donald Trump, aiuti militari e non all’Ucraina, immigrazione e la separazione delle carriere dei giudici sono tutte le carte che Salvini in questo momento si trova ad avere fra le mani.
Il successo del suo 2025 dipenderà da come le giocherà e da che tipo di rapporti vorrà instaurare con Meloni e il leader di FI Antonio Tajani: a quest’ultimo non piacerà sentir dire che la sentenza Open Arms rilancerà la riforma sulla giustizia, tema storicamente caro agli eredi di Silvio Berlusconi.
Il capo leghista è pronto a ripetere ancora una volta che questa legislatura durerà fino alla scadenza naturale e che ci sono troppe cose che lui e l’Italia devono portare a compimento (il PNRR ne è un esempio): con la speranza di tornare un giorno al Viminale, Salvini sembra pronto a diventare l’unico numero 2 dell’esecutivo di Meloni.
I tre punti salienti dell’articolo
- Assoluzione nel caso Open Arms e ripresa politica di Salvini: Matteo Salvini è stato assolto il 20 dicembre 2024 dal tribunale di Palermo nell’ambito del processo per il caso Open Arms, che lo accusava di sequestro di persona. Questo verdetto ha rappresentato una vittoria politica per Salvini, che ha sfruttato l’occasione per riaffermare la legittimità della sua condotta politica, sebbene le motivazioni della sentenza non siano ancora state pubblicate.
- Situazione interna alla Lega e leadership: nonostante le difficoltà interne alla Lega e le sfide politiche, come le sconfitte elettorali in alcune regioni e l’emergere di potenziali concorrenti, Salvini ha consolidato la sua leadership. Si prevede che il partito celebrerà il primo congresso nel 2025, ma non ci sono segnali di sfidanti significativi, e la sua posizione rimane forte, anche se la riforma dell’autonomia differenziata potrebbe rallentare.
- Sfide per il 2025: nel 2025, Salvini si troverà a fronteggiare importanti sfide politiche e istituzionali. Da un lato, dovrà gestire conflitti con i sindacati sui temi degli scioperi e dei trasporti, e dall’altro, si concentrerà sul PNRR, sui progetti infrastrutturali, sulla riforma della giustizia e sulle politiche di immigrazione, cercando di mantenere una posizione forte nel governo di Giorgia Meloni.