Anche Le Figaro si è occupato della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per il sequestro disposto dalla Commissione parlamentare Antimafia il primo marzo del 2017 al Grande Oriente d’Italia.
Vennero sequestrati 39 faldoni di schede relative agli iscritti al Grande Oriente d’Italia dal 1990 nelle logge di Calabria e Sicilia. La Commissione Antimafia presieduta da Rosy Bindi ordinò alla Guardia di Finanza di perquisire e sequestrare gli elenchi nella sede del Vascello dopo che la più numerosa e storica comunione massonica si era rifiutata di consegnare gli elenchi perché avrebbe costituito una massiccia violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali degli iscritti. La perquisizione durò 14 ore; gli impiegati identificati e perquisito anche il capanno degli attrezzi per il giardino della sede. Nel ricorso alla Corte di Strasburgo era stato fatto presente la natura intimidatoria della perquisizione.
Severa sentenza della Cedu per i provvedimenti disposti nel 2017 dalla Commissione presieduta da Rosy Bindi
Nelle 40 pagine della sentenza la Corte di Strasburgo accerta che la perquisizione ed il sequestro costituivano una violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che protegge il domicilio e la riservatezza. Aggiunge che il provvedimento era sproporzionato in quanto non vi era alcuna evidenza che l’acquisizione di tanti dati cartacei e digitali fossero rilevanti ai fini dell’inchiesta della Commissione.
L’ordine di perquisizione e sequestro non era stato soggetto ad alcuna preventiva verifica giudiziale e la motivazione del provvedimento era generica non sussistendo “elementi che avrebbero potuto suffragare un ragionevole sospetto di coinvolgimento dell’associazione nei fatti oggetto di indagine”. Insomma, si può dire che c’è un giudice a Strasburgo.