Lo scorso 15 novembre in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea è entrata in vigore la direttiva sui salari minimi che impone l’adozione per legge di una retribuzione minima oraria al di sotto del quale non è possibile scendere per il pagamento dei lavoratori.

L’Italia è tra i cinque Paesi che ancora non hanno approvato una legge nazionale sul salario minimo nonostante, negli ultimi due anni, siano state presentate diverse proposte di legge da parte dei partiti di opposizione di centrosinistra, tutte bocciate o ‘affossate’ dal Governo di centrodestra.

Questa mattina i tre principali partiti di opposizione italiani (Pd, M5s e Avs) hanno depositato alla Camera ulteriori 120mila firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per l’introduzione del salario minimo a 9 euro l’ora. Una proposta per la quale è anche in corso la campagna per un referendum popolare.

La proposta dell’opposizione: salario minimo a 9 euro

Il Partito Democratico, primo partito di opposizione, insieme a M5s e Alleanza Verdi Sinistra hanno ribadito la richiesta di un’immediata calendarizzazione in Commissione Lavoro della proposta di legge, che prevede una soglia minima di 9 euro lordi l’ora e che ha l’obiettivo di contrastare il dilagare del lavoro povero e lo sfruttamento dei lavoratori. Secondo i promotori della proposta di legge, al di sotto di tale cifra si rientra nella sfera dello sfruttamento.

Non è la prima volta che il centrosinistra presenta una proposta di legge per l’introduzione del salario minimo legale in Italia. L’ultimo tentativo fallito risale al dicembre del 2023 con la riformulazione da parte di Fratelli d’Italia della pdl presentata da Pd, M5s, Avs e Azione. La proposta è diventata una delega al Governo che da allora è bloccata in Senato.

Un altro tentativo risale a pochi giorni fa con un emendamento presentato dalle opposizioni alla Legge di Bilancio 2025 che però è stato bocciato dalla maggioranza.

La Direttiva Ue sul salario minimo non indica un importo, ma prevede che il salario minimo debba essere pari al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo.

In Italia al moment, secondo quanto denunciato da sindacati e opposizione, in molti settori si applicano contratti di lavoro con una retribuzione oraria ben inferiore al salario minimo, contravvenendo a quanto previsto dalla direttiva UE entrata in vigore lo scorso novembre.

Attualmente in discussione alle Camere non c’è nessuna proposta di legge sulla retribuzione minima.

Perché il Governo Meloni ha bocciato il salario minimo?

Perché, allora, l’Italia ancora non si è dotata di una legge sul salario minimo nonostante l’entrata in vigore della Direttiva Ue in materia? La ragione è molto semplice, secondo il Governo il legislatore europeo ha previsto la possibilità per gli stati di non adottare la direttiva sul salario minimo se si supera l’80% dei rapporti di lavoro coperti da contrattazione collettiva.

In Italia la contrattazione collettiva coprirebbe tale percentuale, ragion per cui il Governo Meloni ha deciso di non dotarsi di una legge sul salario minimo preferendo puntare sul rafforzamento dei contratti nazionali di lavoro.

È vero? In base agli ultimi dati forniti dal Cnel, in Italia esistono circa 211 contratti collettivi nazionali che coprono più del 95% dei contratti di lavoro. Il problema sollevato dalle opposizioni, però, non è quantitativo ma qualitativo poiché la copertura contrattuale non sarebbe omogenea per tutti i settori, con settori meno tutelati di altri.

E sarebbe in questi settori che si anniderebbero sacche di sfruttamento che con una legge sul salario minimo non esisterebbero.

Pro e contro, Richetti: “Salario minimo pavimento da cui si sale”

La questione è illustrata anche deputato di Azione, Matteo Richetti che chiarisce come il problema in Italia sia rappresentato dalla ‘giungla’ contrattuale che lascia ampi margini di azione a chi impone contratti inferiori a 9 euro approfittando del vuoto normativo e della confusione generata dall’esistenza di oltre 1000 contratti collettivi nazionali.

“Serve il salario minimo, ci sono contratti da 5 euro all’ora. Ci sono settori scoperti da contratto e a loro chi ci pensa? Poi ci sono contratti al di sotto di nove euro ed è ovvio che la proposta delle opposizioni è un pavimento da cui si sale, non è un tetto da cui si scende.”

Ha dichiarato il deputato di Azione introducendo anche un altro elemento fondamentale del dibattito sul contrasto al lavoro povero in Italia, ovvero: il rischio che il ricorso a un salario minimo imposto per legge possa livellare verso il basso gli altri contratti di lavoro.

Il dibattito sulla retribuzione minima imposta per legge in Italia ha creato una profonda divisione tra favorevoli e contrari.

I contrari, oltre al livellamento verso il basso dei contratti, temono anche tale misura possa incentivare il ricorso al lavoro nero da parte delle aziende e determinare un’eventuale ricaduta negativa sull’occupazione.

I favorevoli, invece, sostengono che il salario minimo aiuterà a contrastare il fenomeno del lavoro povero, soprattutto in settori come l’agricoltura e il lavoro domestico. Inoltre, allontanerebbe dalla soglia di povertà circa 4 milioni di lavoratori, garantendo loro una retribuzione più equa e dignitosa.

A oggi in Italia sarebbero circa 4,6 milioni i lavoratori – secondo le stime delle opposizioni – che attualmente guadagnano meno di 9 euro lordi l’ora. Il salario minimo, inoltre, porterebbe un sensibile miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori riducendo le disuguaglianze sociali.

Il salario minimo negli altri stati europei

A oggi sono 22 gli Stati UE che hanno recepito la direttiva UE sulla retribuzione minima garantita. Cinque i paesi, tra cui l’Italia, che hanno deciso di non adottarla ovvero: Danimarca, Finlandia, Svezia e Austria.

I salari minimi variano notevolmente da Stato a Stato, passando da un minimo di 477 euro della Bulgaria (salario minimo mensile lordo) ai 2571 euro del Lussemburgo. Le retribuzioni minime mensili superano i 2000 euro anche in Irlanda, Paesi Bassi e Germania. Il salario minimo è inferiore ai 1000 euro in 14 dei 22 stati membri.

Fonte Eurostat

Il salario minimo in Italia in cinque punti

Questa sintesi copre i punti principali e le dinamiche legate al dibattito sul salario minimo in Italia e in Europa.

  1. Direttiva UE sul salario minimo: Il 15 novembre 2024 è entrata in vigore la direttiva dell’Unione Europea che impone l’adozione di una retribuzione minima oraria. Tuttavia, l’Italia non ha ancora approvato una legge sul salario minimo, nonostante le numerose proposte presentate dai partiti di centrosinistra.
  2. Proposte di legge in Italia: I principali partiti di opposizione (Pd, M5s e Avs) hanno recentemente raccolto 120.000 firme a sostegno di una proposta di legge per introdurre un salario minimo di 9 euro l’ora. Le precedenti proposte sono state bocciate dal governo di centrodestra.
  3. Posizione del Governo Meloni: Il Governo Meloni ha rifiutato di introdurre il salario minimo, sostenendo che in Italia la contrattazione collettiva copre oltre l’80% dei lavoratori, quindi non sarebbe necessario un intervento legislativo. Tuttavia, le opposizioni criticano la qualità della contrattazione, che non protegge tutti i settori.
  4. Pro e contro del salario minimo: I favorevoli al salario minimo sostengono che aiuterebbe a combattere il lavoro povero e migliorerebbe le condizioni di vita dei lavoratori. I contrari temono un livellamento verso il basso dei contratti e l’incremento del lavoro nero.
  5. Situazione in altri Paesi UE: 22 Paesi dell’UE hanno già recepito la direttiva sul salario minimo, mentre 5, tra cui l’Italia, hanno scelto di non adottarla. I salari minimi variano significativamente da Paese a Paese, con il Lussemburgo che ha il valore più alto e alcuni Stati dell’Est Europa che mantengono salari molto bassi.