Era uno dei marchi italiani più importanti e rinomati. I suoi store risaltavano nei quartieri più belli delle città d’Italia e occupavano, spesso, parti di palazzi d’epoca quasi a ergersi su un piedistallo. Quella storia tutta italiana chiamata Coin purtroppo sembra legata a un passato glorioso, ormai lontano: man mano sta assumendo toni sempre più a tinte fosche. La situazione è complicata e anno dopo anno le saracinesche si abbassano in ogni parte dello Stivale. La crisi del Gruppo veneto è iniziata prima del Covid-19 ma la pandemia ha reso le cose ancora più difficili. La catena di magazzini attiva nel settore della vendita di abbigliamento, accessori per la casa, distributrice di marchi di prestigio ha accumulato un debito di 80 milioni di euro. Nel 2025 sono previste le chiusure di altri sette negozi storici:

  • Roma Lunghezza,
  • Roma Bufalotta,
  • San Donà di Piave (VE),
  • Latina,
  • Vicenza,
  • Milano City Life e
  • Sesto Fiorentino (FI)

Lo store di Grugliasco, in provincia di Torino, chiuderà i battenti a gennaio 2025.

La dismissione degli otto punti vendita mette a rischio il futuro di 92 dipendenti, 50 sul territorio di Roma, fortemente preoccupati per i possibili licenziamenti. Il 18 dicembre 2024 ha avuto luogo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy un incontro tra il Dicastero, i rappresentanti della società, la Regione Veneto, con la presenza dei sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, per discutere le possibili soluzioni che possano salvare i lavoratori e per conoscere il piando industriale di Coin.

Gruppo Coin, a rischio chiusura sette negozi nel 2025. I sindacati lanciano l’allarme

L’incontro del 18 dicembre 2024 al Mimit dà formalmente il via al tavolo permanente. Prossimo appuntamento il 4 febbraio 2025. Il confronto è avvenuto dopo il rinvio chiesto per ben due volte dalla proprietà, decisione che aveva provocato il fastidio delle sigle sindacali che non avevano nascosto il loro dissenso: “Condotta inaccettabile che dimostra disinteresse verso i lavoratori e acuisce la preoccupazione degli stessi circa le prospettive future dell’azienda”, scriveva nel comunicato Fisascat Cisl. Da tempo i sindacati sono sul piede di guerra e da tempo chiedono chiarezza da parte del Gruppo Coin: quali sono le strategie aziendali? Chi saranno gli investitori? Salvaguardare i posti di lavoro è l’obiettivo principale:

“Nel tentativo di affrontare questa situazione, Coin ha avviato a giugno 2024 la procedura di Composizione Negoziata della Crisi, con l’obiettivo di garantire la continuità aziendale attraverso negoziazioni assistite da un esperto indipendente. Tale procedura ha permesso di avviare un dialogo con i creditori e di attivare misure cautelari”,

così un comunicato di Uiltucs spiega la situazione finanziaria in cui si trova il Gruppo Coin. In totale i dipendenti sono 1331.

Il Mimit, scrive in un comunicato, “si impegna a monitorare lo stato di avanzamento delle trattative, ma che il confronto periodico tra il Gruppo e i sindacati proseguirà in sede aziendale”. E’ fissato infatti per il 23 dicembre 2024 un nuovo incontro con il Gruppo Coin in sede sindacale.

Il futuro del Gruppo Coin e il rilancio aziendale

Le intenzioni del Gruppo Coin, almeno a parole, sono delle migliori: l’impegno è quello di non prendere decisioni unilaterali e tenere aperto costantemente il dialogo con le parti sociali. Lo scopo è di individuare soluzioni che possano portare a una ripresa economica entro il 2026. Il Mimit in un comunicato scrive:

“Il gruppo ha infine confermato che sono in corso interlocuzioni attive con possibili investitori al fine di realizzare le strategie di risanamento”.

La crisi del Gruppo Coin non è l’unico dossier sul tavolo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. “Sono 34 tavoli ministeriali ad oggi attivi e 23 i dossier in via di progressiva risoluzione, per i quali è disposto un monitoraggio”, lo precisa il Mimit in una nota.

L’attivazione di un Tavolo presso il Mimit avviene nei casi di crisi delle aziende di rilevanza strategica per l’industria italiana, con pesanti ricadute occupazionali e ha l’obiettivo di salvaguardare il tessuto produttivo e sociale che sostiene il sistema economico nazionale.

si legge nel comunicato. Tra i dossier al centro dell’attenzione c’è quello de La Perla, storico marchio di biancheria intima di lusso, simbolo prestigioso del Made in Italy, che ad oggi si trova in parte in amministrazione straordinaria in parte in liquidazione. Le lavoratrici sono in cassa integrazione.