La norma anti-Renzi, proposta da Fratelli d’Italia e inserita nella Legge di Bilancio 2025, ha riacceso i riflettori su un tema tanto complesso quanto controverso, ovvero, la necessità di ‘difendere’ il Parlamento e il lavoro dei parlamentari italiani dal rischio di influenze esterne.

Che si tratti di possibili influenze straniere, come nel caso della nuova norma anti-Renzi – così chiamata in riferimento alle conferenze in Arabia Saudita del leader di Italia Viva – o che siano interne come nel caso della rappresentanza di interessi delle aziende o del finanziamento privato ai partiti, la questione dell’eventuale permeabilità del Parlamento a eventuali condizionamenti esterni è una questione su cui in molti chiedono un intervento risolutivo del legislatore.

In Italia non esiste ancora una legge sulle cosiddette lobby, ovvero, sui soggetti deputati a rappresentare gli interessi delle aziende e dei privati in Parlamento. Un vuoto normativo in cui si inseriscono faccendieri e affaristi. Discorso diverso per i finanziamenti privati alla politica che, seppur regolamentati da un’apposita legge, per molti rappresentano un rischio all’indipendenza di partiti e singoli politici.

Con la nuova norma contro le consulenze nei paesi extra Ue inserita in Manovra di Bilancio è stato fatto un passo avanti contro il rischio di influenze esterne, ma per molti anche in questo caso sarebbe stato necessario un intervento più deciso.

Vediamo quali sono i rischi di condizionamento esterno che ad oggi minacciano l’indipendenza del Parlamento in Italia.

Legge sulle lobby, a che punto siamo?

Negli ultimi cinquant’anni il Parlamento italiano ha provato più volte ad approvare una legge sulle lobby, ovvero, una legge che regolamentasse in maniera chiara la rappresentanza di interessi di aziende e associazioni. Le lobby e i lobbisti (anche detti rappresentanti di interessi) sono dei professionisti che si occupano di veicolare gli interessi di un gruppo, in questo caso specifico, con i parlamentari.

Si tratta di un’attività perfettamente legale quando svolta alla luce del sole e da soggetti accreditati. Rappresenta un meccanismo fondamentale per garantire il recepimento da parte delle istituzioni della voce delle associazioni della società civile.  Nel 2016 è stato istituito dal Governo Renzi il Registro Nazionale dei lobbisti italiani, ma non c’è nessuna legge al momento che vieti a soggetti non accreditati di svolgere tale attività.

La mancanza di una legge sulla rappresentanza di interessi costituisce un rischio per l’impermeabilità del Parlamento da influenze esterne.

Nel corso degli anni sono state presentate decine di proposte di legge, ma nessuna ha concluso l’iter parlamentare necessario per diventare legge.

Finanziamento privato, rischio per l’indipendenza della politica?

La legge italiana prevede, come in molti altri Paesi, che i partiti possano ricevere donazioni e finanziamenti da parte di aziende e privati, nel rispetto dei requisiti di trasparenza.  Le donazioni – che godono di un trattamento fiscale agevolato – non possono superare i 100 mila euro l’anno.  

Una norma che ha spesso suscitato perplessità, proprio per il possibile rischio di interferenze da parte dei finanziatori nelle scelte dei partiti e dei singoli parlamentari, tanto da spingere molti a chiederne una revisione in senso restrittivo se non addirittura la sua cancellazione.

Sulla necessità di un intervento legislativo riguardo alla questione delle lobby e dei finanziamenti privati ai partiti, è intervenuto ai microfoni di Tag24.it il leader di Avs, Angelo Bonelli.

“Penso che sia giusto che chi fa il parlamentare faccia solo il parlamentare. Il punto non è se le consulenze sono UE o extra-Ue. Quando si fa il parlamentare non si devono determinare commistioni che possano condizionare l’attività del parlamentare stesso, ecco perché penso che sia necessaria una legge sulle lobby e che sia necessario abolire il finanziamento dei privati alla politica, perché la politica deve essere libera dai condizionamenti dei privati”.

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Ha dichiarato Bonelli anche in relazione all’introduzione in Manovra della norma sullo stop alle consulenze estere per i parlamentari.

Norma anti-Renzi, Donzelli: “In gioco salvaguardia Paese”

Per Italia Viva e Matteo Renzi la norma sulle consulenze dei parlamentari al di fuori dell’UE è una norma ad personam, ovvero, scritta per colpire politicamente il senatore di Italia Viva in passato già finito al centro del mirino per le sue conferenze in Arabia Saudita.

L’impianto finale della norma, ribattezzata anti-Renzi, prevede lo stop di tutte le consulenze retribuite con aziende e organismi esterni all’UE per membri del Governo, parlamentari e presidenti di regione. E’ possibile per i parlamentari chiedere una deroga in caso di compensi inferiori ai centomila euro annui.

Una norma a tutela dell’indipendenza del Parlamento e degli interessi nazionali come sottolineato dal deputato di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli:

“Il tema delle forze politiche che prendono finanziamenti dall’estero esiste già, oggi per i partiti è vietato prendere finanziamenti dall’estero. Un parlamentare leader di partito che prende soldi dall’estero poi risponde degli interessi nazionali o di chi gli dà quel finanziamento? Siamo in un momento molto delicato a livello internazionale e questa norma è a salvaguardia per il Paese. Non possiamo evitare di difendere la salvaguardia nazionale perché sennò guadagna un po’ meno Renzi”.

Ammesse, invece, le consulenze svolte in ambito europeo. Una norma che, di conseguenza, interviene solo in parte a scongiurare il rischio di interferenze estere sull’attività dei parlamentari e dei membri del governo. Per questa ragione, è stata criticata anche all’interno della stessa maggioranza.

Il senatore della Lega Gianmarco Centinaio avrebbe voluto una norma più severa, che includesse anche il divieto per le aziende europee.

“Non penso che sia anti-Renzi, ma sia una cosa di logica perché stiamo facendo i parlamentari. La norma mi piace perché va in una direzione giusta, ma doveva essere più completa e bisognava includere anche le aziende europee. Quando si fa il parlamentare non si può fare anche un altro lavoro. Io mi sono messo in aspettativa per fare il parlamentare e di conseguenza è giusto che lo facciano tutti”.

Ha spiegato l’esponente della maggioranza.

In sintesi

La norma anti-Renzi e l’indipendenza della politica in cinque punti:

  • Norma anti-Renzi e il Parlamento italiano: La norma proposta da Fratelli d’Italia contro le consulenze dei parlamentari, inserita nella Legge di Bilancio 2025, ha acceso il dibattito sulla necessità di proteggere il Parlamento dalle influenze esterne, come consulenze straniere o pressioni interne da parte di aziende e finanziatori.
  • Il vuoto normativo sulle lobby: In Italia non esiste ancora una legge specifica che regolamenti le lobby, nonostante le numerose proposte degli ultimi 50 anni. Questo crea un vuoto normativo che favorisce l’ingresso di faccendieri e affaristi, rischiando di compromettere l’indipendenza del Parlamento.
  • Finanziamenti privati ai partiti: Sebbene i finanziamenti privati ai partiti siano regolamentati, le donazioni continuano a suscitare preoccupazioni riguardo a potenziali interferenze nelle scelte politiche, sollevando la richiesta di modifiche legislative per limitare il rischio di condizionamenti.
  • Proposte di legge e interventi legislativi: Nonostante gli sforzi per introdurre una legge sulle lobby, nessuna proposta ha mai concluso l’iter parlamentare. La mancanza di un intervento normativo risolutivo continua a lasciare il Parlamento vulnerabile a influenze esterne.
  • La posizione di Bonelli e della Lega: Angelo Bonelli (AVS) ha sottolineato la necessità di una legge sulle lobby e di abolire i finanziamenti privati alla politica. D’altra parte, all’interno della maggioranza, il senatore Gianmarco Centinaio ha chiesto una norma più severa che estendesse il divieto anche alle aziende europee.