Nonostante siano trascorsi quasi tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina, la vita a Mosca può sembrare incredibilmente ordinaria: la folla di pendolari riempie la metropolitana, i bar e i locali notturni pullulano di giovani intenti a divertirsi.

Poi, improvvisamente, qualcosa rompe l’illusione e ti ricorda che nulla è normale nella Russia di oggi. Ad esempio drone ucraino che supera le difese aeree della città. Oppure, come è accaduto martedì mattina, un evento ancora più scioccante: l’omicidio mirato di un alto generale russo, avvenuto all’uscita di un edificio residenziale.

Quando il tenente generale Igor Kirillov e il suo assistente, Ilya Polikarpov, sono stati uccisi da una bomba nascosta in uno scooter elettrico, la guerra tra Russia e Ucraina ha mostrato il suo volto più vicino e spietato, lasciando un segno profondo. Almeno per i moscoviti che si trovavano nei pressi dell’esplosione.

Finora la guerra sembrava una realtà lontana, esistente solo attraverso gli schermi della tv o dello smartphone, nonostante l’alto numero di morti e feriti nell’esercito. Ma ora anche la popolazione percepisce direttamente le conseguenze del conflitto.

La guerra arriva a Mosca

L’assassinio di un generale a Mosca appresenta un campanello d’allarme: la prova che la guerra è reale e non più confinata in Ucraina. Ma sarà sufficiente per scuotere le autorità? Probabilmente no. Non ci sono segnali di un cambio di direzione da parte del Cremlino. È molto più plausibile che Putin decida di intensificare le operazioni militari.

Gli indizi non mancano. Dopo l’assassinio di Kirillov, un noto conduttore televisivo russo ha incolpato l’Ucraina, dichiarando che “con questo attacco il presidente Zelensky ha firmato la sua condanna a morte.”

L’ex presidente Dmitry Medvedev, da parte sua, ha chiesto agli investigatori di individuare i responsabili all’interno della Russia e ha dichiarato che bisogna “annientare i loro sostenitori che si trovano a Kiev.”

Russia più fragile, si attende la risposta di Putin

L’omicidio di Kirillov ha anche sollevato dubbi sulla capacità del Cremlino di mantenere un’immagine di forza e autorità. Quanto è efficace il sistema di sicurezza se non riesce a proteggere una figura di tale rilievo all’interno delle forze armate? Quali altre criticità emergono? Dove stanno affiorando le crepe? L’attentato non solo susciterà domande a livello internazionale, ma spingerà anche il Cremlino a un serio esame di coscienza.

Dmitry Medvedev, vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, ha dichiarato che la Russia non resterà passiva di fronte all’uccisione di Kirillov. “È necessario fare tutto il possibile per eliminare coloro che hanno ordinato l’assassinio del generale, ovvero la leadership politico-militare dell’Ucraina,” ha affermato Medvedev durante un incontro dedicato agli appalti per la difesa dello Stato russo.

Finora, il presidente Vladimir Putin non ha rilasciato commenti pubblici sull’uccisione di Kirillov e del suo assistente. Tuttavia, il leader del Cremlino ha ripetuto più volte che il Paese “risponderà sempre” di fronte a minacce alla sicurezza. Se questa linea sarà confermata, c’è da aspettarsi ritorsioni.

Periodo difficile per l’asse russo-iraniano

Per Putin e il Cremlino, le ultime due settimane non sono state affatto positive. Il presidente russo ha perso un alleato strategico di lunga data, Bashar al-Assad, il controverso dittatore siriano. Ora deve lottare per mantenere il controllo del porto di Tartus, sulla costa siriana, e della base aerea di Hmeimim. La perdita di queste infrastrutture comprometterebbe anche altre basi chiave nella regione, come quelle di Bengasi in Libia e Port Sudan sul Mar Rosso.

Anche l’Iran, stretto alleato della Russia, ha subito gravi battute d’arresto. Le sue linee di rifornimento verso Hezbollah in Libano sono state interrotte, mentre la nuova leadership più moderata del movimento a Beirut ha rifiutato apertamente di intervenire per salvare Assad. Questo segna un importante cambiamento, considerando che le milizie di Hezbollah hanno sostenuto il regime siriano per anni.

A peggiorare la situazione per Teheran, Israele ha sferrato un raid aereo di grande portata alla fine di ottobre, coinvolgendo circa 100 velivoli e colpendo una vasta rete di installazioni missilistiche iraniane. I sistemi di difesa aerea russi, teoricamente avanzati, si sono rivelati inutili: non un solo aereo israeliano è stato abbattuto. Un dettaglio significativo è stato il rapido smantellamento e trasferimento del sistema di difesa S-400 dalla base di Hmeimim, prima che potesse cadere nelle mani di nemici.

Questa serie di eventi mette in evidenza quanto stia diventando vulnerabile l’asse russo-iraniano, mentre Mosca cerca disperatamente di mantenere la propria influenza nella regione, ma si trova sempre più in difficoltà.

Giovedì, Putin dovrebbe tenere la sua tradizionale conferenza stampa di fine anno, trasmessa in diretta su tutte le principali reti televisive. Sarà l’occasione per affrontare il drammatico assassinio di Kirillov? Romperà il silenzio sulla Siria e sulla perdita di Bashar al-Assad, un alleato chiave di Mosca in Medio Oriente? E soprattutto, cosa dirà ai cittadini russi sul futuro del Paese, ora che la guerra in Ucraina – ancora chiamata “operazione militare speciale” dal Cremlino – si avvia al traguardo del terzo anno?