Nel lunghissimo curriculum vitae del professor Romano Prodi, 85 anni compiuti ad agosto, unico uomo di centrosinistra capace di battere due volte alle urne Silvio Berlusconi (capitò nel 1996 e nel 2006, quando divenne premier), c’è anche una seduta spiritica.

ll 4 aprile del 1978, il Professore raccontò ai piani alti della Democrazia Cristiana che, nel corso di una riunione svoltasi due giorni prima a Zappolino, un borgo alle porte di Bologna, interrogando le anime di don Luigi Sturzo e Giorgio La Pira, era saltato fuori il nome della località dove poteva essere tenuto prigioniero Aldo Moro, il presidente della Dc rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo di quell’anno. Gradoli era il nome di quella località. E in via Gradoli, ma a Roma, in effetti, si trovò la prigione del popolo dove era stato detenuto Moro.

Sta di fatto che, a distanza di 46 anni da quell’episodio, è sicuro che Giorgia Meloni non si sia affidata a una seduta spiritica per rievocare questa volta Romano Prodi stesso. Ma l’ha fatto. Anche se il diretto interessato è ancora vivo e vegeto e, almeno a occhio nudo sembrerebbe, lontano dalle cose della politica. Perciò è sembrato tanto più misterioso il motivo per il quale la premier l’abbia rievocato.

Le parole con le quali, domenica scorsa, ha chiuso la festa di Fratelli d’Italia di Atreju, hanno destato scalpore: a un certo punto, Giorgia Meloni ha iniziato un fuoco di fila contro la sinistra, compreso contro il suo grande Vecchio: meraviglia. Moltiplicata per due oggi, due giorni dopo quell’intervento, perché i giornali vicini alla destra hanno dato ancora addosso al Professore. Misteri e sedute spiritiche a parte, perché?

Prodi, Meloni e le sedute spiritiche

In ogni caso, si è capito che è un rincorrersi di rievocazioni. Nel 1978, la seduta spiritica che fu raccontata da Prodi fece saltare fuori il nome di Gradoli. Si ritenne che fosse il paesino vicino Viterbo. Invece, col senno del (tragico) poi, si sarebbe scoperto che quel nome indicava il covo brigatista di via Gradoli, a Roma. Ancora oggi, non si sa se ridere o piangere. E se non è vero, ma ci si crede.

In ogni caso, domenica, a conclusione di Atreju, non c’è alcun dubbio che Giorgia Meloni abbia voluto riferirsi proprio a lui, Prodi: vedere il video dell’agenzia Vista per credere

E insomma: davanti agli improperi di Romano Prodi, la Giorgia nazionale ha aperto la bottiglia migliore perché, per lei, certificano che sta dalla parte giusta della storia. Standing ovetion. Altro che silenzio, concentrazione, mani che si sfiorano per trasmettersi l’energia, medium che contattano l’aldilà…

La battaglia contro Prodi a mezzo stampa

Ma perché, al di là di Atreju, il nemico numero uno della destra al potere in queste ultime ore sembra essere diventato il Professore? Si dirà che, sotto l’aspetto comunicativo, per la strategia mediatica scelta dal centrodestra fin dal suo esordio, due anni fa, a Palazzo Chigi, un Belzebù contro cui scagliarsi vale un altro. Ma intanto, fa pensare il fatto che oltre all’invettiva di Meloni di domenica, oggi, Prodi si sia beccato anche degli attacchi da parte del Giornale niente affatto di fioretto:

“Da Putin alle poltrone in Cina, le mille ombre di Mr Prodi”

ha scritto Felice Manti sul quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Il quale, in prima pagina, ha firmato un editoriale intitolato “Prodi il ventriloquo” che inizia così:

“Tutti a chiedersi perché Giorgia Meloni abbia dedicato tanto spazio a controbattere a Romano Prodi che l’ha definita una serva dell’America trumpiana. La questione, in effetti, poteva essere ignorata, visto che ormai Prodi è considerato un vecchio e un po’ patetico arnese della politica italiana. Cosa vera, ma non del tutto…”

ha scritto Sallusti. Ma in che senso “non del tutto”?

“Nel senso che lui sarà sì un vecchio arnese, ma è l’unico rimasto nella cassetta degli arnesi dei nemici della destra conservatrice”

Sallusti, per sostenere questa tesi, ha sottolineato il fatto che, giusto un mese fa, Prodi è stato insediato come titolare della cattedra che la Fondazione Agnelli ha aperto nella più prestigiosa università di Pechino. Insomma, visto che tra Meloni, gli Agnelli e la Cina non corre buon sangue, si è messo in moto il meccanismo per il quale gli amici dei miei nemici sono i miei nemici: a Sallusti è bastato fare due più due.

Il grande Vecchio nel mirino perché è in campo?

E quindi: per questo tanto astio contro il Professore? Di certo, non si può sostenere che sia il grande Vecchio dietro Elly Schlein. È vero che entrambi sono di Bologna, ma il Professore più volte si è lamentato del fatto che la segretaria del Partito Democratico non segua i suoi consigli. Anzi, a veder bene, proprio per questo, per la sua deriva sinistrorsa, Prodi ora sarebbe convinto che il centrosinistra abbia bisogno di un’altra gamba: centrista. Un po’ come era la Margherita ai suoi tempi.

Il Grande Vecchio si è convinto che il Pd, soprattutto a trazione Schlein, da solo non possa farcela a combattere elettoralmente ad armi pari col centrodestra. Di conseguenza, come un buon pater familias, starebbe muovendo le sue pedine.

In primis negli ambienti cattolici: l’altro giorno è stato segnalato in Vaticano, a una iniziativa della fondazione “Fratelli tutti”. E con il Professore, a quell’iniziativa, c’era anche Ernesto Maria Ruffini, uno dei nomi che si dà come papabili a vestire i panni del nuovo Prodi.

Ecco: evidentemente, al Circo Massimo, dove quasi in contemporanea si svolgeva Atreju, uno spiritello, invocato in un modo o nell’altro, avrà informato Giorgia Meloni…